Chist’ nun so’ scoglie che fann’ padelle!
(detto isolano) –
Ripenso ancora a quel bellissimo film girato a Ventotene, “Sul mare” (2010)… (1)
Nella penombra della casa, interrompeva di tanto in tanto il silenzio, il rumore dei piatti che la madre poggiava sul tavolo. A capotavola il padre posava lo sguardo sul giovane figlio al di là del tavolo. Nessuna parola, nessun commento, solo gli occhi di una madre preoccupata, mentre il tipico rumore delle posate indicava l’unico momento di riunione della famiglia a fine giornata.
Alla fine mentre accennava ad alzarsi dalla sedia il padre rivolto al figliolo silenzioso, cupo, bruciato dal sole e dalla salsedine: – “Chist’ nun so’ scoglie che fann’ padelle! Arap all’uocchie! – In pratica un avvertimento sentimentale: “Apri gli occhi, sono anime aride, non fertili per le alghe o padelle; ti faranno soffrire”.
Il buon padre pescatore e avanti di esperienza di vita da generazioni, sentiva e prevedeva la sofferenza del figlio Salvatore. Il ragazzo con la sua barca lavorava portando i turisti in giro lungo le coste di Ventotene e Stefano, tutto era successo molto in fretta. Bellissima lei e la compagna distese al sole sulla prua dell’imbarcazione, erano di Milano ma ciò non impedì il nascere di una storia travolgente di sentimenti e passione: in pochi giorni si era accesa, era avvampata e si era consumata… Ma non per il ragazzo. Non per Salvatore. Dopo la struggente partenza era rimasto muto, girando a vuoto per le stradine dell’isola con pensieri che lo tormentavano nelle calde notti di fine estate.
Alla fine, quando la mancanza gli divenne insopportabile, una sera, una notte piombò nella cabina telefonica del porto e fece la telefonata!
– Pronto, so’ Sarvatore!
Nel buio di una stanza da letto un braccio , una mano femminile scavalcando chi le dormiva vicino prese la cornetta sul comodino. Dopo un silenzio interminabile:
– Salvatore… Salvatore chi?
Una scena incredibile ma vera, vissuta da chissà quanti della nostra generazione, ripetuta sempre uguale, con piccole varianti.
Quanta sofferenza e delusione, al momento; ma che grande insegnamento, che disincanto, quando il dolore maggiore di era attenuato!
Per la ragazza, un ricordi anche bellissimo, ma ‘a termine’; concluso quando la nave ritira la passerella. Per il giovane isolano purtroppo no.
Certo, la scena conclusiva nella stanza al buio, la mano alla cornetta e la voce femminile assonnata: – “Salvatore chi? – torna e ritorna alla mente e mi riporta sempre alla tormentata gioventù passata sulle coste dell’isola.
Capisco ora che sono situazioni che bisogna mettere in preventivo, senza avere paura di soffrire, poi.
Note (a cura della Redazione)
(1) – Sul Mare.Un film di Alessandro D’Alatri. Con Dario Castiglio, Marina Codecasa. Nunzia Schiano, Vincenzo Merolla, Raffaele Vassallo. Commedia. durata 100 min. Italia 2010.
La pellicola è tratta dal romanzo In bilico sul mare di Anna Pavignano e ha vinto il premio speciale al festival Alabarda d’oro “Città di Trieste”, Festival del Cinema, Teatro e Letteratura.
Qui sotto qualche immagine dal film di D’Alatri, la locandina e il trailer:
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Alessandro D’Alatri (Roma, 1955-1923) – Rai News.it – Screenshot – Lutto

Luigi M. Dies
21 Giugno 2025 at 12:27
La saggezza, che fatica!
È vero, tutti vorrebbero che i figli fossero saggi e dotati di vaccino immunizzante da bruciature catastrofiche.
Ma il paradosso è che senza bruciature non ci può essere saggezza.
Il padre non deve traghettare un figlio a peso morto sulla sponda sicura (secondo lui). Deve indicare e consigliare al meglio. Può bastare un semplice: “Chist’ so’ scoglie che nun fann’ patell”. E lasciarlo andare. Il percorso esalterà l’intelligenza e l’intelligenza gli farà scegliere un percorso sempre migliore.
Ma quanto saranno speciali i ricordi di quelle scorribande tra quegli scogli. Uno spicchio anzi, una grande fetta di vita dove mentre tu nuoti tra una morsa, una chiazza, un “cantone”, una spelonca o un anfratto, senza che te ne accorgi, ti entra dentro l’universo.
Questa lettura è del 1987.
Artemide (*)
Ti regalo il profumo dei millenni.
Conservato in ampolle di roccia,
Il mistero e la magia di riti Pagani,
L’abbraccio di fuoco del tramonto
Alle isole in abito di fiamma.
Il gioco antico e nuovo delle notti
Dove cadono sospiri e desideri.
E tempeste di schegge d’argento
Che danzano su un mare di luna.
La follia che più non ti aspetti,
Che ritorna e ancora sa inventare,
Con il genio dei giorni ribelli,
Nuove, splendide, estreme pazzie.
E ti stringe di nuovo la vita
Con lacci d’asfalto spietati.
Resiste forse un segno sottile,
Forse vola a un semaforo rosso.
A me resta un sogno.
Cacciatrice divina nei miti,
Fugace tra stelle cadenti,
Maestra dell’arte più sottile.
Uno strale mi spezza il respiro.
Si confonde l’orizzonte con lo spazio.
È un attimo, dall’estasi all’abisso.
(*) – Artemide. Divinità Greca. Per i Romani Diana.