America

Stati Uniti d’America, Trump e le armi di distrazione di massa

segnalato dalla redazione

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Il commento
La grande distrazione di massa
di Alexander Stille – Da la Repubblica dell’11 giugno 2025

Dovremmo essere genuinamente allarmati da quello che sta accadendo a Los Angeles: Trump che invia la Guardia nazionale e ora i Marines – i Marines! – a Los Angeles per sedare manifestazioni in gran parte pacifiche. È trattare la California come una nazione nemica da invadere militarmente. Come ha scritto su X Stephen Miller, il consigliere di Trump alla Casa Bianca: Los Angeles è «territorio occupato», aggiungendo che una «lotta per salvare la civiltà» stava avvenendo nella più grande città della California.

Perché Trump sta facendo questo? Molto di quello che fa – le cose drammatiche che dominano gli schermi televisivi e i social media – sono forme di giochi circensi romani destinati a distrarre il pubblico. L’azione vera è il “Grande progetto di legge molto brutto” che taglierebbe Medicare e Medicaid, toglierebbe i buoni alimentari ai lavoratori poveri, ridurrebbe le borse di studio Pell rendendo più difficile ai figli delle persone povere e della classe operaia frequentare l’università.
Tra 10 e 16 milioni persone perderebbero l’assicurazione secondo varie stime. «Tutti devono morire prima o poi», ha detto Joni Ernst, senatrice repubblicana dell’Iowa davanti a un pubblico arrabbiato per i tagli alla sanità.

Molti progetti del piano Biden per rinnovare l’infrastruttura del Paese e facilitare la transizione energetica sono basati in Stati repubblicani e sono diventati popolari. (Biden, a differenza di Trump, non ha governato contro la metà del Paese che non gli ha votato). Tutto per pagare un taglio fiscale da 4 trilioni di dollari che – anche con questi tagli draconiani – aumenterebbe il debito nazionale di circa 2,4 trilioni di dollari stimati. In altre parole, il partito che ha fatto campagna elettorale – e ha vinto – come partito della classe operaia sta tagliando programmi importanti che servono alla classe operaia e ai poveri, per dare un massiccio taglio fiscale a persone molto ricche che non ne hanno bisogno. E lascerà a tutti noi il conto che arriverà dopo che Trump lascerà l’incarico.

Il progetto di legge è tutt’altro che popolare, motivo per cui i Repubblicani l’hanno fatto passare forzatamente alla Camera nel cuore della notte prima che molti dei loro stessi membri potessero leggerlo, e l’invasione di Los Angeles serve a distogliere l’attenzione da un progetto di legge che persino Elon Musk ha denunciato come un «abominio totale».


Questo scenario si adatta perfettamente a una strategia illustrata in un libro recente dei politologi Jacob Hacker e Paul Pierson – un libro buono e serio con un titolo un po’ sciocco, Let Them Eat Tweets – in un capitolo chiamato “Il dilemma dei conservatori”. L’idea è che in situazioni di estrema disuguaglianza (come negli Stati Uniti ora) i partiti conservatori hanno una scelta difficile: rompere con la tradizione conservatrice e affrontare la disuguaglianza o fomentare divisioni nella società attraverso conflitti religiosi, etnici o sociali.
Questo è chiaramente al cuore dell’intera agenda politica di Trump: un classico regalo repubblicano ai ricchi travestito e mascherato come rivoluzione sociale: xenofobia, deportazioni, la guerra alle “università woke” e all’antisemitismo, mostrare persone in gabbia in El Salvador, l’“invasione” di L.A.
È tutto teatro politico per distrarre dalla natura profondamente oligarchica di questo regime che è tutt’altro che buono per i lavoratori. Ed è anche un passo in avanti verso un regime autoritario in cui una serie di “emergenze” inesistenti – “l’invasione” di stranieri, l’emergenza energetica, l’emergenza commerciale (per giustificare la guerra dei dazi), l’emergenza di Los Angeles – sono tutte inventate per giustificare l’uso di poteri straordinari per aggirare il permesso del Congresso, che avrebbe molta difficoltà ad ottenere.

La denuncia
Il poster di Fairey sulla brutalità della polizia

L’artista Shepard Fairey, che nel 2008 firmò il ritratto-simbolo di Obama intitolato “Hope”, ha pubblicato su Instagram l’immagine di un ragazzo pestato dagli agenti.
Un disegno in bianco e nero, tratto da una foto, dove l’unico colore è il rivolo di sangue rossissimo all’altezza dell’occhio del giovane. «Il capro espiatorio dei migranti è fascismo al 101 per cento. Chiunque abbia una coscienza deve opporsi», si legge nel post.
L’artista: Shepard Fairey, in arte Obey, è nato nel 1970 a Charleston

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Emilio Iodice ha inviato ieri all’attenzione della Redazione – in occasione della premiazione a Taormina dell’attore Michael Douglas – un articolo sul mondo dello spettacolo, una testimonianza dell’attore sull’America sotto Trump.

Forse un giorno qualcosa cambierà, ed il mondo sarà davvero pieno di colori

Michael Douglas a Taormina: “Mi scuso e mi vergogno del mio Paese”
L’attore riceverà stasera al Teatro Antico, il Premio alla carriera
di Thomas Cardinali – 11 giugno 2025 – Da www.agi.it/

Michael Douglas al Taormina Film Festival

AGI – “Mi rendo conto che molta della responsabilità del caos nel mondo viene dal mio Paese. Mi vergogno del mio Paese e mi scuso. Mi scuso e mi vergogno davanti ai miei amici, mi scuso con i vicini del Canada e Messico, ma anche con i Paesi dell’Unione Europea e della Nato”. Così Michael Douglas ospite al Taormina Film Festival, in occasione di una masterclass con il pubblico, risponde incalzato a domande sulle guerre nel mondo e sul ruolo degli Stati Uniti nei conflitti internazionali dicendo la sua sulla politica estera di Donald Trump.

“Sono nato nel 1944, alla fine della Seconda guerra mondiale, ma questo è il periodo peggiore che io ricordi nella mia vita”, ha detto l’attore due volte premio Oscar. Douglas ha espresso preoccupazione per l’aumento generalizzato delle spese per la difesa: “Non sono felice nel vedere i bilanci militari salire ovunque, soprattutto nel mio Paese, che insiste nel chiedere agli altri di aumentare i propri”. Poi ha aggiunto: “Mi è difficile capire, con tutta l’intelligenza e l‘intelligenza artificiale che abbiamo oggi, come possiamo avere ancora cosi’ tante guerre e conflitti. È ridicolo”. Michael Douglas riceverà stasera al Teatro Antico, il Premio alla carriera.

“Trump ha trasformato l’immigrazione nella benzina del suo motore politico. Prima ancora di essere eletto, diceva che tutti gli immigrati erano assassini e stupratori”, ha spiegato ancora Michael Douglas.

“Una volta tornato presidente – ha aggiunto – ha sfruttato il potere esecutivo sostenendo che gli Stati Uniti erano minacciati, cosi’ da non dover passare dal Congresso. È cosi’ che ha governato sfruttando questo potere”. Ancora, l’attore rincara la dose: “Ha fatto della California un bersaglio strategico: è uno Stato blu, democratico, con una vasta presenza di immigrati, molti dei quali lavorano da decenni, soprattutto nella Silicon Valley, che produce il 60% del cibo americano. Spesso anche in passato erano lavoratori stagionali che venivano dal Messico. Entro il 2030 lo spagnolo sarà la lingua più parlata nello Stato. È tragico che Trump abbia usato tutto questo come strumento politico, alimentando paura e divisione senza alcuna ragione”, ha concluso.

“Pensavo che non avrei più lavorato”
“Pensavo che non avrei mai più lavorato. Ero vivo, ma svuotato. Il cinema mi ha salvato”. Michael Douglas, ha emozionato il pubblico con un racconto personale e sincero, che ha attraversato momenti bui e slanci di rinascita.

L’attore ha ricordato il periodo immediatamente successivo alla sua malattia, quando ricevette la proposta di interpretare Liberace in Behind the Candelabra, diretto da Steven Soderbergh: “Ero felicissimo, poi Steven venne da me e disse che dovevamo aspettare un anno, perché aveva un altro film da girare. Anche Matt Damon aveva impegni. Ero distrutto: pensavo che il progetto sarebbe sfumato. Ma poi ho capito che volevano darmi tempo per rimettermi in forze. Ero troppo magro, non avevo energia. E invece di farmi sentire un problema, si assunsero loro la responsabilità. È stata una delle cose più generose che abbia mai vissuto”.
Il film fu un successo e rappresentò per Douglas una vera rinascita: “Girarlo fu meraviglioso. Ho sempre ammirato il coraggio di Matt Damon: per un protagonista come lui, interpretare quel ruolo non era scontato. Ma lo ha fatto con dignità e profondità. Per me è stata l’occasione per tornare alla vita, non solo alla recitazione”.

Tornando all’inizio della sua carriera ha svelato uno dei punti di svolta “Non avevo mai pensato di fare il produttore”, ha raccontato ripercorrendo la svolta della sua carriera con Qualcuno volò sul nido del cuculo, film che vinse cinque Oscar. “Mio padre non riusciva a farlo produrre. Io l’avevo letto, e mi dissi: ‘Lascia che ci provi io.’ E ha cambiato totalmente la mia vita”.
Douglas ha poi ricordato con affetto e ironia anche l’epoca di Basic Instinct: “Stavamo faticando a trovare l’attrice giusta, poi Paul Verhoeven mi mostrò l’audizione di Sharon Stone e fu uno shock. Lui è olandese, molto calvinista, e spaventava le attrici parlando subito di nudità. Ma Sharon fu fantastica. Ce l’abbiamo fatta. Ne sono orgoglioso”.

Ma oggi Hollywood è molto diversa. “Un tempo un politico era un servitore pubblico, non uno da spettacolo. Lo stesso vale per il cinema: è sempre più difficile diventare star. Non vogliono più promuoverle, perché costano troppo. Preferiscono puntare sull’intelligenza artificiale, sulla CGI e sugli effetti visivi. E nemmeno i guadagni retroattivi – i cosiddetti ‘back-end’ – esistono più, perché con lo streaming non conviene”.
Douglas ha poi riflettuto sul mestiere dell’attore oggi, soprattutto per le nuove generazioni: “I miei figli vogliono fare questo lavoro, ma il mondo è cambiato. Non ci sono più uffici casting. Ora ti chiedono un self-tape fatto con l’iPhone, lo mandi e raramente ricevi risposta. Non c’è contatto umano. È un lavoro solitario. E la disoccupazione nel nostro sindacato è al 90%. È durissimo”.

Anche il lavoro nei film in computer grafica lo ha messo alla prova quando ha accettato di entrare nell’universo Marvel: “Volevo provare, ma è più difficile di quanto sembri. Ti dicono: ‘Il razzo arriva da qui, il meteorite passa sopra di te’… e tu devi recitare come se fosse tutto reale, ma non c’è nulla. Ho imparato ad avere enorme rispetto per chi lavora così. E alla fine penso di aver fatto un buon lavoro”
Interrogato proprio sul tema dell’intelligenza artificiale e dei diritti degli attori, l’attore si è mostrato profondamente pessimista: “Ho visto cosa è successo con i social media, ed è difficile credere che ora metteranno davvero dei limiti all’IA. È sconvolgente. È un altro mondo. Ho partecipato a una conferenza con esperti tech, e ci hanno detto: ‘Nei prossimi cinque anni non riconoscerete più questo pianeta.’ Il potere dell’intelligenza artificiale e dei robot esploderà. Sta per succedere”.

Infine, un appello affettuoso a difendere l’esperienza collettiva della sala: “Spero che il cinema non diventi come l’opera o il balletto, riservato a pochi. Il cinema è stato il primo posto dove i ragazzi andavano da soli, dove si incontravano, dove si sognava. Con lo streaming si sta sempre a casa. Ma il cinema è un’altra cosa”.

https://www.agi.it/spettacolo/video/2025-06-10/douglas-a-taormina-mi-scuso-e-mi-vergogno-del-mio-paese-31803710/

Immagine di copertina, da https://www.sollevazione.it/

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