uno scambio di opinioni per interposti siti, tra Guido Del Gizzo e Luigi M. Dies, propiziato da Sandro Russo
I turiboli di Ponzaracconta e Luigi Maria Dies
di Guido Del Gizzo
Ho letto su Ponzaracconta un intervento interessante su Cala Feola, a firma Luigi Maria Dies – leggi qui -, sul quale interverrei volentieri sulle stesse pagine del sito: purtroppo, questa possibilità mi è preclusa.
La redazione, in questo periodo pasquale, sembra sentire in modo particolare il suo ruolo di turibolo per la giunta Ambrosino e quindi cercherò di contattare il mio interlocutore virtuale con altri mezzi, a cominciare dal sito di Progetto Ponza 2034.
Non conosco Luigi Maria Dies e non sono un ambientalista.
Il rispetto dell’ambiente è dovere di ogni persona civile e, per quel che mi riguarda, faccio quello che posso.
Da quando le mie figlie, in età scolare, sono state coinvolte nelle varie iniziative del tipo “Puliamo il mondo” di Legambiente, ho cercato di educarle spiegando loro che i rifiuti devono finire negli appositi contenitori e non altrove, e che bisogna insultare, con tutta la veemenza consentita, gli amministratori che non salvaguardano il territorio, tanto dalla sporcizia che dagli incivili.
Perché la tutela dell’ambiente è, innanzitutto, una responsabilità amministrativa e una pianificazione di governo.
Ho sempre pensato che, difronte all’enormità del problema dell’inquinamento, le iniziative educativo/volontaristiche, tanto dei singoli quanto delle associazioni ambientaliste, abbiano in realtà solo due scopi: al netto della buona fede delle persone coinvolte, servono a coprire l’incapacità degli amministratori, che così possono raccontare che “si stanno dando da fare” e a giustificare la necessità dell’esistenza politica delle associazioni stesse.
E, infatti, il sindaco di Ponza, qualche giorno fa (10 aprile) esortava “le associazioni a organizzare giornate di raccolta rifiuti, coinvolgendo anche i più giovani…” Proprio lui che ci ha messo tre anni a concludere un bando di gara per la raccolta dei rifiuti sull’isola.
Cala Feola ombelico del mondo del degrado ambientale ed ecologico? Certo che no, e comunque, a Ponza, bisognerebbe occuparsi prima di Giancos.
Non sono minimamente sfiorato dal pensiero che i Ponzesi, o i meridionali, siano degli sporcaccioni di tipo speciale: quando abbiamo comprato la nostra azienda agricola, nel 2003, nella civilissima Maremma Toscana, la prima cosa che abbiamo dovuto fare è stata quella di bonificare i 400mq, per 3mt di profondità, della discarica abusiva di rifiuti domestici, creata negli anni precedenti, per occultare gli affitti in nero estivi.
Cala Feola è davvero poca cosa, sono d’accordo.
Ma, per dirla con Luigi Dies, ciò che “fa sicuramente male gratuito a Ponza e a quei tanti ponzesi che oggi sono in affanno e già molto demoralizzati dalle non certo rosee prospettive lavorative sui litorali dell’isola”. Il fatto è che, a Ponza, gli sporcaccioni, li avete eletti al governo dell’isola, attualmente.
Purtroppo, Ponzaracconta non può permettersi di dire le cose con chiarezza, anzi, ci sono cose che non può proprio permettersi di dire: tutto ciò che può sembrare una critica all’attuale amministrazione, e di questo dobbiamo essere tutti dispiaciuti.
Ma parliamo di inquinamento, protratto nei decenni, di mancata bonifica, di abusi edilizi… i nomi dei soggetti coinvolti li trovate sulla stampa e negli atti degli uomini del NIPAF.
(Omissis)
Rappresentano Ponza? Purtroppo sì, almeno fino alla prossima tornata elettorale…
E sono anche molto protetti, perché in quindici anni di gestione opaca si stabiliscono i rapporti che servono a “evitare gli ostacoli”, come la Corte dei Conti, per dirne una.
È di questo che dovrebbero preoccuparsi le persone perbene di Ponza, come immagino sia Luigi Maria Dies, che saluto e cui auguro una Serena Pasqua.
G. Del Gizzo (articolo del 21 aprile 2025)
Luigi Maria Dies scrive…
Tutte le verità si possono demolire o almeno aggredire e sfilacciare. È un gioco perverso che non è quello del fare, con i rischi e le conseguenze che implica e a cui ci obbliga. Abbiamo ancora tempo, contandoci gli anni, di sfinirci in questo gorgo letterario perverso? Ci provo ancora una volta a modo mio.
Chissà se “turibolare” e “tribolare” non abbiano tra loro una qualche affinità? Sorvoliamo
Non so quale rito si può preferire dovendo usare un oggetto che ha una connotazione simbolica ben precisa. Il turibolo è un oggetto sacro che, in quanto purificatore, ha insito in se il concetto di purezza. Nessuno userebbe mai il mocio per lavarsi la faccia la mattina.
Eppure, in forza di una evoluzione che ha portato l’essere umano a ritenersi superiore a Dio, siamo riusciti ad usare anche questo concetto in modo distorto. “Incensare” qualcuno oggi vuole soltanto significare: “prenderlo per il culo”.
Ormai le tecniche sono raffinate. Anche in questo ambito si esprime la genialità umana, si differenzia la ritualità e si sbizzarrisce la fantasia. Il rito dei gesti differenti negli Ortodossi, Cristiani, Anglicani, ma anche del differente elemento purificatore quale era l’incenso, mentre Greci, Egizi, Romani, usavano lo zolfo, ci illumina sul possibile retro-pensiero che può aleggiare nella mente di un “purificatore”. C’è chi usa il mellifluo incenso che intorpidisce e ammalia, e che quindi vuole indurre con blandizie e malie al ripensamento e soprattutto all’adesione alla propria teoria e chi lo zolfo, caustico, che brucia acido, graffia e gratta via l’orgoglio di chi deve ricredersi. Di chi deve essere purificato, del “purificando”.
Detto questo non mi sembra che nel periodo pasquale ci si ponga il problema né di incensare né di prendere per il culo nessuno. Ponza racconta è un osservatorio, una piccola, fin troppo piccola, finestra aperta sulle troppo grandi problematiche di un isola ‘sfasciata’ come si apprezza soprattutto da lontano.
Perché i ponzesi che tutti accusano di non essere stati capaci di farla decollare dovrebbero essere capaci di distruggerla?
Ponza non la stanno rovinando i ponzesi.
Intorno a questi concetti si lotta con penna, carta e calamaio. Un campo di battaglia dove non ci sono veri guerrieri. Combattono i verbi e i sostantivi. A volte anche soltanto le virgole, gli accenti e i punti esclamativi!
Non è che io mi sia stancato di esprimere le mie idee e punti di vista… Ho ben chiare le mie visioni che però percepisco come limiti, punti da raggiungere camminando mentre li inquadro con lo zoom e li allontano ruotando la lente mentre avanzo. E in tutto questo scopro che la mente mi si arricchisce di particolari che mi fanno capire sempre più cose. Come dire, il mondo mi si apre mentre cammino.
Da qui capisco quanto ci possa essere che non vedo e che non vedrò mai. Non sarò mai un supereroe. Né voglio esserlo, come era tutt’altro che un supereroe il vero Luigi Maria Dies di cento anni fa. Ma chi lo sarà mai un supereroe?
Ho concluso ormai da tempo tutte le mie elucubrazioni – o pippe mentali – con un concetto che non metto più in discussione. Non esistono e, seppure esistessero, i supereroi non sarebbero mai i migliori.
I più grandi sono quelli che tutti i giorni annaspano e brancolano, inciampano nei loro stessi piedi, cadono, si rialzano, ripartono, correggono la traiettoria mentre avanzano. Tutto questo che una volta risolveva, ora non basta. La lotta è nella fase dove vedi la disfatta avanzare al galoppo. Siamo caduti tra le macerie di un terremoto dove ti sembra di vedere soccorritori che scavano a mani nude. Vestiti da angeli. Sono quasi sempre sciacalli. Arraffano perché sanno che non c’è più nulla da salvare. Quelli che lo fanno con umiltà e senso civico di giustizia si riconoscono a naso, a pelle, ad intuito che, se non hai, forse sei tu quello sbagliato. Mentre Superman in palestra allena i muscoli cercando di aggiungere un altro centimetro al diametro dei bicipiti, che comunque non soddisferà la propria ambizione, sul campo di gara ci si confronta, si vince e si perde, mettendoci lo spirito, il proprio, quello di cui uno è animato, e la faccia.
Le lunghe liste di fallimento e di falliti sono spesso soltanto un prontuario di soggettività di chi interpreta. Da bordo campo la stessa partita può avere più volti.
A volte si può essere anche presi dalla smania di scendere in campo con il piglio di: – Ora ti faccio vedere io! – Ma da qui a cantare il peana della vittoria senza rischiare anche tu di vederti assegnare contro un rigore che non c’è, ce ne vuole. Non siamo tutti uguali, non abbiamo tutti lo stesso intuito risolutore, con le difficoltà e le azioni ostili che subiamo possiamo addirittura peggiorare invece di migliorare. Eppure alcuni, nei contesti più difficili riescono a dare il meglio. E ritorno a parlare di me. Oggi, l’unica persona che giudico sono io, mi guardo dentro e spero e lascio che gli altre facciano la stessa cosa.
Una semplice riflessione sui rifiuti. Credo che questi non siano cose venute da altri pianeti. Gli elementi componenti sono elementi della nostra stessa madre terra. Questi, come tutte le cose, quando non ci piacciono più, sono rifiuti. Un bel ragazzo, una bella ragazza, li corteggi, arrivati a novanta anni, nessuno li vuole in discarica a casa sua. Vedrete che come accettiamo i rifugiati, gli anziani, presto per legge la spazzatura ce la dovremo tenere a casa custodita in cantina. Ci saranno cambiamenti che non immaginiamo… Non c’è più nulla che sia facile affrontare, non c’è nulla di più facile del gioco perverso di demolire, a volte supportato da concetti concreti, ma molto spesso, gratuito.
Lasciamo che chi ancora è animato dalla volontà di fare, faccia quel poco, troppo poco, che gli è ancora consentito fare. Se pensi che la tua candela è più luminosa, non usarla per spegnere la candela che fa meno luce, affiancala.
Luigi M. Dies – 7 giugno 2025
