Racconti

La scarpetta nel piatto e la scarpetta di Cenerentola

proposto da Sandro Russo

Pubblichiamo una noticina erudita, antropologico-culinaria, da una serie curata da Marino Niola, che altre volte abbiamo ospitato su questo sito. Insieme una associazione d’idee, semiseria, diciamo pure una ‘barzelletta’, che mi è tornata alla memoria leggendo.

Un antropologo in cucina: perché si dice fare la scarpetta
di Marino Niola (*) – da la Repubblica on-line del 1° giugno 2025

È un’espressione diffusissima dall’origine misteriosa. Cosa c’entra la scarpa? Tra le spiegazioni più diffuse c’è quella che sostiene che l’espressione “fare la scarpetta” deriverebbe dall’analogia tra la scarpa e il pezzetto di pane che, come la punta della scarpa, si trascina sull’asfalto, striscia nel piatto, raccogliendo quello che trova davanti. In realtà la punta non si trascina, ma lasciamo perdere.  Altri ipotizzano che alla base ci sia la forma concava di entrambi, per cui il pane sarebbe come una piccola scarpa, una scarpetta appunto.

Altri invece sostengono che derivi dal termine dialettale siciliano, “scarsetta”, che si riferisce a una condizione di penuria e di scarsità di cibo, per cui si tira su tutto quel che resta nel piatto. Allora perché non ipotizzare una derivazione dal verbo scarpare (part. passato scarpata), che vuol dire ridurre a pendio una superficie, inclinarla. Visto che spesso, il più delle volte si inclina il piatto per raccoglier meglio il sugo la scarpetta sarebbe una corruzione di scarpata. In ogni caso quel che conta nella scarpetta non è la parola ma la cosa. E più che di verità è questione di bontà.

(*) – Marino Niola, professore di Antropologia all’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa.

***

Quando si parla di ‘scarpetta’, non si può evitare di pensare a Cenerentola… Ora immaginiamo una Cenerentola romanesca, piuttosto ‘proletaria’.
Certo non se la passava bene a casa della matrigna, dove le sorellastre sì che mangiavano bene, mentre a lei toccavano gli avanzi. Di conseguenza, aveva sempre fame. Per il resto tutto da copione… Era una bella figliola e aveva anche lei, come nella favola, una madrina buona che l’aiutava nei momenti difficili.
Ora aveva ricevuto anche lei l’invito per il gran ballo al castello del principe e con l’aiuto della madrina si era organizzata per parteciparvi in grande spolvero.
Qui fa la sua bella figura; il principe non ha occhi che per lei, diciamo che appena la vede se ne innamora. La nostra, per quanto intimidita dall’ambiente nobiliare, è attratta soprattutto dalla tavola… E quando l’aveva visto mai, tutto quel ben di Dio! Insomma lei aveva fame, la tavolata era sontuosa e lei fa molto onore alle portate che si susseguono.
Balla pure, col principe… e tutto il resto, ma soprattutto pensa a magna’!
A tra ballare, e mangiare e e ballare, ecco che si fa mezzanotte!
Don… Don… Appena sente i primi rintocchi, la bellissima star della serata che sappiamo essere Cenerentola, si agita e fugge via per la scalinata, prima che il sortilegio si interrompa e lei torni nei poveri panni che aveva. Si agita tanto, correndo, che perde pure una scarpa.
Mentre trafelata cerca di raggiungere il tempo la carrozza trainata dai cavalli, che sappiamo essere in realtà una zucca tirata dai topolini, sente qualcuno che le grida dietro: – Principessa, la scarpetta… la scarpetta! 
Lei si gira… (pare brutto non rispondere): – No, no, grazie! Ho magnato come ‘na porca!

Nota sulla fiaba ((da Wikipedia)

Cenerentola è una fiaba popolare originatasi probabilmente dalla storia di Rodopi citata da fonti greche come fiaba dell’antico Egitto e che rappresenta la versione più antica conosciuta.
Narrata in centinaia di versioni in gran parte del mondo, è parte dell’eredità culturale di numerosi popoli. In Occidente la prima versione nota è quella di Giambattista Basile, La gatta Cenerentola, scritta in napoletano e ambientata nel Regno di Napoli, tratta dal Cunto de li cunti. Le successive versioni di Charles Perrault (ne I racconti di Mamma Oca, 1697) e dei fratelli Grimm (ne Le fiabe del focolare, 1812) furono quelle che contribuirono maggiormente alla sua popolarità. Tra le versioni tipiche moderne si deve indicare anche quella narrata nel celebre omonimo film d’animazione di Walt Disney del 1950 nonché nel remake in live action del 2015, sempre della Disney.
Sul sito di recente abbiamo scritto de La Gatta Cenerentola, opera più nota del musicista etno-musicologo Roberto De Simone.

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