di Giuseppe Mazzella di Rurillo
Checche se ne dica il” rinascimento napoletano” c’è stato ed è iniziato nel 1993 con l’elezione a sindaco di Napoli di Antonio Bassolino. Il primo sindaco eletto direttamente dal popolo con la leggina di riforma della riforma degli enti locali sulla quale si fondavano molte speranze di rinnovamento e di moralizzazione della vita pubblica dopo il ciclone di tangentopoli che aveva spazzato via tutti i partiti di governo della prima repubblica con tutta la sua classe dirigente nazionale e locale.
Non si smetterà mai di discutere sugli anni 90 di “tangentopoli” e sulla distruzione della “partitocrazia”. Certamente molti Giusti pagarono per i peccatori.
Ma per Napoli, la città – capitale del Mezzogiorno – il 1993 con la svolta di Bassolino al Comune segnò l’inizio di un Rinascimento, una voglia collettiva di ripresa economica e sociale della città e del Mezzogiorno che aveva perso non solo l’intervento straordinario nel Mezzogiorno ma anche il Banco di Napoli, la più antica istituzione bancaria nata nel 1539.
Napoli era in ginocchio. Un inferno quotidiano di manifestazioni di disoccupati, lavoratori, imprenditori. Una città senza turismo e senza futuro per la quale nessuno – io per primo che ci lavoravo da venti anni circa e prima ancora frequentato l’università – avrebbe scommesso una lira per la ripresa socioeconomica.
Il sindaco Bassolino e la sua giunta seppero esprimere e trasmettere una voglia di ripresa collettiva.
Nel 1995 questa svolta si avverti alla provincia di Napoli, la seconda grande istituzione della regione, con l’elezione diretta del presidente, prof. Amato Lamberti, sociologo, già assessore di Bassolino eletto come indipendente nei Verdi ed a capo del centro-sinistra. Bassolino e Lamberti agivano insieme per il rilancio modernizzando gli apparati dei due grandi enti locali con una svolta di competenze e di onestà pubblica.
Con il comune e la provincia il sistema socioeconomico partecipò al rilancio. Imprenditori del commercio e dell’industria capirono che avevamo toccato il fondo. Ci dovevamo dare una mossa collettiva per rilanciare Napoli ed il Mezzogiorno.
Ho vissuto quegli anni all’ufficio stampa della provincia. Sono stato sette anni responsabile dell’ufficio stampa di Amato Lamberti. Ho avuto un rapporto cordiale con lui mai confidenziale. Ho partecipato a decine, forse centinaia, di iniziative per il rilancio dell’area metropolitana e della programmazione economica. Fra tutte ricordo le iniziative per la “programmazione negoziata” con i “patti territoriali” dal 1997 al 2000. I convegni al Banco di Napoli nella maestosa sala delle assemblee in via Toledo. Gli incontri con i comuni ed anche l’iniziativa del patto territoriale dell’isola d’Ischia di cui mi feci promotore col presidente Lamberti ed il capo dell’ufficio studi del Banco di Napoli, dottor Francesco Saverio Coppola.
Mai avuto in vita mia tanta considerazione e stima da uomini di cultura e impegno civile per le osservazioni che proponevo alla classe dirigente. Anche qui sul piano locale di Ischia arrivammo a costituire una “società di sviluppo” con 22 milioni di lire affinché si potesse arrivare con il comune di Casamicciola, che era fin d’allora l’area industriale in crisi, ad una società di trasformazione urbana con capitale pubblico e privato. Riuscii ad avere l’impegno del Banco di Napoli e del Monte dei Paschi di Siena di partecipazione al capitale di rischio, cioè non prestiti ma danaro da versare nel capitale sociale da aumentare almeno a 100 milioni di lire per investimenti produttivi soprattutto nel Pio Monte della Misericordia ed altre 11 attività termali dimesse da espropriare ai sensi dell’art. 120 del testo unico degli enti locali.
Conservo ancora tutta la documentazione del convegno del 20 dicembre 1997 al Capricho de Calise, anche fotografica, dei partecipanti ed anche la mia relazione di base. Fra non molto la consegnerò alla Biblioteca Antoniana per costituire un “fondo per Casamicciola 1997-2025”.
Ringrazio ancora i partecipanti a quella iniziativa fra i quali i commercianti Enzo Ferrara, Geppino d’Orta, Mario Morgera, il geom. Carlo Arcamone e l’ex sindaco Parisio Iacono e soprattutto l’imprenditore Antonio Pinto, mio amico antico, un imprenditore sociale, che versò 5 milioni di lire e senza il quale non si sarebbe arrivato al capitale minimo per una srl che era allora di 20 milioni di lire.
Il percorso appassionato ed appassito della società “Therme di Casamicciola” dal 1997 al 2001 può essere ricostruito dal ricercatore storico presso la stampa locale del tempo soprattutto da quanto scritto sul settimanale economico “il Denaro” diretto da Alfonso Ruffo.
L’occasione perduta per Casamicciola
Ero assolutamente sicuro nel 1997 – 28 anni fa – che avremmo potuto partecipare anche noi a Casamicciola ma come parte dell’isola d’Ischia non per campanilismo o sciovinismo al “rinascimento napoletano”.
C’ era una volontà di “rinascita” a Napoli. Lo avvertivo ogni giorno dal mio ufficio stampa della provincia. Le iniziative, le interlocuzioni, i lavori pubblici, erano segnali forti che Napoli non voleva morire. Anzi. Riscopriva il turismo, I monumenti, le tradizioni, il colore. Bisognava farlo anche qui da noi ad Ischia perché si apriva una nuova era dove la Capitale assumeva dopo la decadenza il ruolo principale che le assegnava la Storia.
Alla regione c’era per la prima volta un governo di destra guidato all’avv. Rastrelli ex Msi-Dn. Ma era un galantuomo e avvertiva il cambiamento e fu di estrema correttezza istituzionale con Bassolino e Lamberti.
Il marketing territoriale e la finanza di territorio
Mi arrivò in ufficio un invito per un convegno sul “marketing territoriale”. Chi era costui? Nonostante 15 esami di economia e commercio il termine mi era sconosciuto. Nessuno mi obbligava ad una “giornata formativa” a Fuorigrotta alla mostra d’oltremare. Ci andai. Capii che per marketing territoriale si intendeva un territorio aperto ad investitori e imprenditori. Alla provincia di Napoli lo stavamo facendo. Un tecnico nominato da Lamberti assessore allo sviluppo economico aveva messo a punto un portale sulla “terra del mito”: attrarre investitori per l’Area Metropolitana di Napoli. In più i patti territoriali volevano favorire le “public company” cioè le società per azioni a capitale diffuso. Superare le ditte individuali. Utilizzare il risparmio locale per investire nel luogo in cui si vive. Scoprii i termini marketing territoriale e finanza di territorio e volli farmi Promotore di attuarli nella mia isola d’Ischia. Nulla di più. Nulla di meno.
Conclusioni
Nulla si è realizzato. Non è rimasto nulla di quella stagione civile. Anzi. La situazione qui ad Ischia è peggiorata.
Ma Napoli vive. La Capitale punta allo scudetto nel calcio. Saremo i primi.
