segnalato da Sandro Russo da la Repubblica di ieri
Come altre volte abbiamo fatto, segnalo articoli di rilievo dalla stampa nazionale, stavolta sul diritto al dissenso e sul diritto-dovere del voto, su cui già ci siamo espressi (leggi qui).
L’egemonia culturale secondo la destra
di Concita De Gregorio – Da la Repubblica del 12 maggio 2025
“Ho sentito rivolgere attacchi da posizioni di potere a Geppi Cucciari e Elio Germano”
Sto per parlare di Geppi Cucciari, Elio Germano, Massini e Montanari, di altri meno noti artisti e pensatori — una moltitudine — esclusi a priori dalla scena perché molesti, disuguali dunque privati di denari e di tribuna, non ammessi o cancellati con un tratto burocrate di penna dalla possibilità di dire.
Ma prima ho alcune domande semplici da rivolgere a chi, oggi al governo, detiene il potere culturale. Cioè a chi decide le sorti dell’educazione e della scuola, delle accademie e delle arti, del cinema del teatro delle scienze, della televisione pubblica. A chi ha in mano il futuro della conoscenza dunque il futuro, in sintesi, essendo il sapere la più democratica forma di potere.
Sono domande preliminari a qualsiasi discussione perché definiscono un terreno comune, quello della democrazia. Fuori da questo terreno saremmo difatti fuori dalle regole della società che condividiamo.
Vorrei sapere dai ministri della Cultura, dell’Istruzione e nientemeno che del Merito, dai presidenti di commissioni parlamentari e di fondazioni, di biennali ed enti lirici se pensano che la molteplicità di posizioni e di pensiero sia lecita e benvenuta. Se credono che il dissenso sia fertile, non solo tollerabile: auspicabile. Che opinione hanno della satira, se la ritengono ammissibile. Degli attori, degli artisti, degli intellettuali: se credono che debbano iscriversi a un club, segnatamente al loro, o se possano esercitare il libero pensiero. Più in generale, se ritengono che andare a votare sia sempre un’ottima idea, diversamente dall’opinione del presidente del Senato seconda carica dello Stato. Che sia un diritto e persino un dovere. Che se sei contrario alla domanda sottoposta a votazione — qualsiasi domanda: volete voi eliminare l’ora legale, il carcere a vita, il gelato allo yogurt — vai e voti no, non voglio. Perché invece non andare, invitare a non farlo, significa esortare i cittadini a non prendere parte alla vita pubblica.
Ecco. Mi spiace per questa noiosa premessa ma fuori da questo perimetro condiviso (si vota, sempre.
Esiste il dissenso, è libero. Si educano i nuovi cittadini alla molteplicità di visioni, nelle scuole, e si dà voce al pensiero multiforme inserendolo in programma e in palinsesto, in stagione) siamo fuori casa. La casa comune, quella che attraverso queste regole — nate dalla Resistenza dalle lotte del movimento operaio e studentesco, dalle battaglie delle donne — ha permesso con diritto alla destra, oggi, di governare.
Non sarebbe stato così altrimenti. Non sarebbero al governo. Fuori da queste regole saremmo in un nuovo fascismo, sia detto per semplicità di comprensione. Ecco, questo no. Questo non lo possiamo permettere in onore a noi stessi e alle nostre madri, ai padri.
Ho sentito in queste ultime ore rivolgere attacchi personali e violenti, da posizioni di potere, a Geppi Cucciari e Elio Germano, per esempio. Cucciari perché al Quirinale ha canzonato il lessico del ministro Giuli, Germano perché ha contestato le sue scelte. Cucciari perché ha esortato i ragazzi ad esercitare il loro diritto di voto (non ha detto cosa votare: ha detto andate a votare, altrimenti qualcun altro deciderà per voi) e Germano perché ricevendo il premio come miglior attore del cinema italiano nei panni di Berlinguer, ai David, ha parlato della classe operaia, degli ultimi, del popolo palestinese. Anche il nuovo papa, con diverse parole e coi gesti simbolici che gli sono propri, del resto. Ma col papa il ministro Giuli non se la prende, almeno per ora, con Germano e Cucciari sì. A sinistra sono rimasti solo i comici, ha detto. Germano “ciancia in solitudine”. Non mi pare proprio. Mi pare che ci sia una porzione importante di paese, per quanto non maggioritaria, che si riconosce in quelle parole: Lei dovrebbe essere ministro di tutti. Poi ho sentito epigoni minori di governo attaccare Tomaso Montanari, storico dell’arte, e Stefano Massini, drammaturgo. Montanari via dal Museo Ginori. “Dimostri di saper fare qualcosa”, ha detto Giovanni Donzelli responsabile organizzazione di Fratelli d’Italia, parlando di Montanari: sostituito alla guida del Museo col sindaco di Rio nell’Elba. Donzelli che chiede a Montanari di dimostrare cosa sa fare è un pezzo di satira che lascio a Cucciari. A Massini, direttore del teatro la Pergola di Firenze, siccome non gli piace hanno pensato di declassare il teatro. Siamo di nuovo al tema dell’egemonia culturale.
La destra ha un complesso di inferiorità che crede di risolvere, di risarcire additando la sinistra come vittima di uno speculare e opposto complesso: la superiorità. Ma non è una questione di postura.
Parlano i fatti. L’egemonia culturale si realizza convincendo, non per censura e per decreto. È l’adesione delle moltitudini a una proposta che convince e genera consenso. La Rai, per esempio. Ha la destra un progetto di informazione e spettacolo in grado di generare egemonia? Al momento non sembra, anzi: la nuova programmazione è un’ecatombe. I numeri non sono amici del governo, diciamo. Ma certo: i numeri non sono tutto. C’è una proposta di pensiero alternativa? Mah. Il sistema cinema, il sistema teatro, il sistema scuola sono allo sbando. Definanziati, scientemente. L’ultima delle priorità, anzi: il primo nemico. Persino Pupi Avati, che brutta sorpresa per Borgonzoni Mollicone e Durigon, glielo ha detto in faccia. State asfissiando le piccole produzioni, uccidendo in culla l’arte e la cultura. Borgonzoni, Mollicone, Durigon. È questa la classe dirigente culturale, si vede che di meglio non era sottomano.
Ad Harvard, sotto attacco di Trump come tutte le libere università americane che non rispondono ai suoi ordini, una professoressa ha corretto in rosso gli errori di grammatica della segretaria all’Istruzione del governo che, in una lettera, minaccia di sospendere i fondi federali. Fa ridere, fa piangere. Ci sono persone anche colte, nella destra italiana di governo. Rare, ci sono. Persone che hanno studiato su testi di autori criptici e raffinatissimi, hanno frequentato le biblioteche vaticane per addentrarsi nella fascinazione impervia delle filosofie comparate, che parlano l’arabo e non disdegnano il sanscrito. Anche loro a tredici anni hanno senz’altro letto Il Signore degli Anelli ma poi, a differenza dei colleghi di compagine, hanno proseguito nello sforzo. Potreste, diversamente orientati colleghi di fatiche, concorrere alla comune causa della democrazia e del sapere? Perché altrimenti toccherà di nuovo alla sinistra da sola, e non sarebbe bella questa nuova esibizione di supremazia culturale.
Fatevi voi suprematisti, siate egemoni. Se non gramscianamente, tolkianamente. Come volete, ma fatelo. Non abbiate paura delle critiche, scendete nell’arena e convincete, con la parola e non con la censura. Non si vede l’ora di vedervi liberi, aperti, accoglienti. Vi si aspetta con laica indefessa resistente convinzione.
[Concita De Gregorio – Da la Repubblica del 12 maggio 2025]
Immagine di copertina. Da www.lafionda.org
