Editoriale

Epicrisi 528. Tra Santità e Demonio

di Enzo Di Giovanni

Habemus papam!
No, non è il richiamo al pezzo ironico scritto sul sito da Silverio Lamonica su Trump indecorosamente travestito da papa, ma al fatto che dopo poche fumate, per l’esattezza al quarto scrutinio, abbiamo conosciuto il successore di Francesco I.

Robert Francis Prevost, il primo papa statunitense, eletto al soglio pontificio col nome di Leone XIV.

Eppure, per quanto divergenti possono sembrare le due figure, Trump e Prevost, unite a prima vista solo dal fatto di avere la stessa cittadinanza, anche se nel caso del vero Papa la cittadinanza degli Stati Uniti è condivisa col Perù, in cui ha vissuto a lungo, non è certo casuale l’accostamento.

Robert Prevost, da vescovo di Chiclayo in Perù, a cavallo sulle montagne di Incahuasi (immagine da la Repubblica)

Viviamo infatti un periodo storico in cui la figura del pontefice sta assumendo una connotazione politica sempre maggiore, al di là della Fede.

Non è certo un caso che il pontificato di Francesco I sia stato in prima linea, sia nei simboli che nei contenuti, nei processi socio-politici contemporanei, e di conseguenza così avversato dai padroni del potere mondiale, come abbiamo riportato e sintetizzato in Sul papa defunto: la festa dei coccodrilli.

Da questo punto di vista, il fatto che l’elezione di papa Leone XIV, primo papa appartenente all’ordine di S. Agostino, sia avvenuta così velocemente potrebbe essere un buon segnale.

Di Prevost non sappiamo ancora molto, ma il fatto che sia fortemente vicino all’altra America espressa da Bergoglio, ed alcune divergenze di cui si ha testimonianza, avute con Vance, il vicepresidente degli USA, a proposito del senso e della mission della Chiesa, lasciano ben sperare.
Il segno cioè di una Chiesa non lacerata da fronde e divisioni interne significative, e presumibilmente in linea con la rotta tracciata da Francesco I, il papa ”comunista” vicino ai migranti, ai poveri tutti, alle emergenze ambientali, che non si vergogna di parlare di pace in un mondo in cui il potere e la speculazione sono tutto.

Vergogna che invece non appartiene, verrebbe da dire quasi per definizione, alle cariche istituzionali di mezzo mondo, che utilizzano strumentalmente una presunta etica religiosa (il trito ma sempre spendibile Dio, Patria e Famiglia), salvo poi avversare ogni pensiero realmente etico, in nome di una umanità perduta, come manifestato incessantemente da Francesco durante il suo pontificato.

L’unico capo di governo che è sfuggito a questa retorica da bassa lega – ma questo invece non è certo un buon segnale – è stato Netanyahu, il premier israeliano, che non solo ha disertato il funerale di Francesco, ma ne ha a più riprese stigmatizzato negativamente l’opera.
Motivo?
La più grave delle colpe: è stato l’unico leader internazionale ad aver parlato di genocidio a proposito di Gaza.
Palestina, genocidio, Gaza.

Sono termini tabù, al punto che persino gli algoritmi dei social, praticamente l’unico strumento di discussione dei nostri tempi, oscurano chi li utilizza.
Su FB si può bestemmiare, inserire filmati porno, ma NON utilizzare certe parole, finalizzate ad un certo pensiero critico.
Ne sappiamo qualcosa anche noi, al punto da aver generato una discussione interna alla Redazione del sito nel valutare l’inserimento di L’ultimo giorno di Gaza. Il 9 maggio 2025.

L’appello per Gaza. La decisione di pubblicarlo, ovviamente non riguarda una forma di censura, ma testimonia la difficoltà di rapportarsi con i nervi scoperti dell’Europa.
La mia personale visione è che al di là di appelli da un lato e censura del mainstream dall’altro, vi è da tempo un ampio fronte spontaneo di opinione che monta, perché non si possono più nascondere le atrocità del regime di Netanyahu.
La questione palestinese non nasce certo il 7 ottobre.
Ne abbiamo riportato una testimonianza con una poesia d’altri tempi di Pietro Ingrao.
È la storia di una popolazione a cui è negato il diritto di esistere, alla propria autodeterminazione, come già successo agli armeni, ai curdi, ad altre decine di comunità, con l’aggravante dei futili motivi legati ad un corollario biblico non attuale ed inattuabile.
Hamas e l’attuale governo israeliano con le sue politiche colonialiste sono funzionali l’uno all’altro avendo in comune la negazione di una possibile convivenza ed accettazione dell’altro, al punto da utilizzare come cavia persino i propri popoli che dovrebbero rappresentare e tutelare.
Tacciare di “antisemitismo” chiunque manifesti il proprio dissenso verso la tragedia in atto non è solo il colpo di coda della cattiva coscienza europea per i crimini del nazifascismo, ma è il tentativo di imporre la vittoria del terribile modello di sviluppo ben rappresentato dal video dei resort costruiti sui cadaveri di Gaza di cui fa sfoggio l’ineffabile Trump. Di cui mi viene da pensare che non sia un soggetto che non comprende le battute che circolano sulla sua persona, come suggerisce Michele Serra nel primo pezzo riportato in questa epicrisi, ma, se possibile ancora peggio: sono i suoi elettori che le prendono sul serio, e le apprezzano, fornendogli credibilità politica.
Imperdibile la documentazione sul sito: “Trump-Gaza, quando l’incredibile appare come reale”.
Eccezionalmente questa settimana, di ispirazione mistica anche la canzone per la domenica, del grande Leonard Cohen.

Passiamo ai fatti di Ponza.

Con i primi caldi, come spesso accade, si presenta la prima emergenza ambientale con l’incendio sopra Frontone, di cui parliamo pure in Incendio sull’isola ed Incendio a Ponza.

Il primo pensiero va al lavoro eccezionale dei volontari del servizio antincendio che come al solito si sono prodigati nel circoscrivere l’incendio, coadiuvati dalle forze dell’ordine.
Il secondo al fatto che, pur avendo compreso quanto sia importante ai fini dello sviluppo economico legato al turismo la salvaguardi ambientale, siamo ben lontani dal riuscire a strutturarla. Inoltre agli appuntamenti importanti, in tal senso, mi sembra che non siamo proprio presenti: Green Med Expo & Symposium a Napoli il 28-29-30 maggio. Saremmo contenti di essere smentiti.
Piuttosto, qualche pezzo ce lo stiamo perdendo per strada: A Ponza si è spento il faro della Madonna.


Dalla stampa invece apprendiamo di una iniziativa del Comune di Ponza che chiede il sostegno della popolazione nel recupero ed abbellimento del territorio isolano, Ponza si fa bella per l’estate, ma anche del fatto che Ponza continua a non avere una biblioteca.

L’impressione è che i due fatti possano legarsi: vanno benissimo le iniziative per la riscoperta e la valorizzazione partecipata dell’ambiente isolano, ma senza sviluppo culturale le azioni rischiano di essere slegate e di conseguenza incapaci di produrre il cambiamento di cui avremmo bisogno.

Continuiamo infatti ad avere un bisogno disperato di identità, di preservarla e costruirla, ed in tal senso trovo interessanti e stimolanti Le tante declinazioni delle cose che finiscono, e Lo Stracquo di Ponza e l’arte di Dimitri.

Perché la cultura, attraverso le storie che produce ed è in grado di raccontare, è il sale di una comunità.

 

 

1 Comment

1 Comments

  1. Teresa Denurra

    11 Maggio 2025 at 16:04

    Ho appena letto e apprezzato molto l’epicrisi odierna. Riporto le parole che sopra ogni cosa mi hanno colpito:
    “Viviamo un periodo storico in cui la figura del pontefice sta assumendo una connotazione politica sempre maggiore, al di là della Fede.”

    Ho apprezzato anche l’intervento sul problematico e indegno silenzio intorno ai prossimi referendum; nel mio piccolo partecipo ai volantinaggi e ai banchetti dove si fa azione di informazione e sensibilizzazione sul tema. Sarà difficilissimo, in questo clima, portare le persone a votare; manca ormai la consapevolezza che esprimersi è un diritto-dovere e un esercizio di democrazia conquistato con fatica, lacrime e sangue.
    Sto scivolando nella retorica, ma è così

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top