di Francesco De Luca
“Ti seguo sempre su Ponza-racconta” – mi gratifica nel salutarmi. E’ una signora di Le Forna che vive a Formia e lavora a Roma. “Specie quando parli del letargo invernale scosso dai temporali”. Sorride schietta e grata.
Io mi defilo e la saluto cordialmente. La ricordo piccola, quando frequentava le elementari sulla Chiesa a Le Forna.
Anche altre persone, confesso, mi dicono parole simili nell’incontrarci per caso, di solito nella strada che porta al Cimitero. Per loro una tappa obbligata. Risiedono lontano e quando vengono a Ponza dedicano parte del tempo a visitare i propri defunti. Perché? Perché ogni uomo vuole sentirsi ‘corpo di una comunità”. Eppoi la nostra socialità isolana ha un che di primitivo, di sanguigno. Più la sua appartenenza è precaria, instabile, più essa è sentita.
“Ti seguo sempre su Ponza-racconta”, e involontariamente attestano come il Sito rappresenti un approdo.
Me lo ricordano Giovanni dall’America, Giuseppina dall’Elba. Desiderosi essi di trovare nelle righe dell’articolo il riferimento a Le Forna, al vento che tempesta i cortili, al deserto desolante delle vie in inverno.
Più è occasionale il legame con Ponza e con l’identità personale più la menzione fra le righe dell’articolo si rivela loro esaltante!
Non nego che mi facciano piacere queste parole ma non mi inorgogliscono più di tanto. Conosco i miei compaesani. Di solito vogliono bene da lontano. Li ricambio con altra moneta. So cosa significhi il sentirsi vicino, conosco l’amicizia e la condivisione, e come esse annullino la solitudine.
Nessuna ‘lezione’, a nessuno. Ciascuno coltivi la sua ‘ponzesità’ come vuole.
C’è chi scrive e c’è chi legge: in fondo questa unione è l’anima giocosa del Sito!
