di Gianni Sarro
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L’Italia scelse la libertà, lasciandosi alle spalle la dittatura e l’occupazione nazista. Il cinema italiano
Per capire la grande importanza che per noi italiani riveste il 25 aprile del 1945, bisogna necessariamente tornare indietro di diciotto mesi, precisamente all’8 settembre del 1943: il Regno d’Italia collassa. Sono le 19.43 quando la radio trasmette lo scarno comunicato del maresciallo Badoglio che annuncia la firma dell’armistizio tra Italia e Anglo-Americani. Nella Penisola esplode l’entusiasmo (più o meno lo stesso che tre anni prima, il 10 giugno del 1940 aveva accolto le roboanti parole con le quali Mussolini annunciava l’entrata nel secondo conflitto mondiale), il pensiero di tutti è che la guerra è finita. Invece no. La mattina dopo, il 9 settembre. la fuga del Re e dei vertici dell’esercito verso il sud Italia, già liberato dagli Alleati, spezza il Paese in due: i Tedeschi che avevano intuito il passo indietro italiano, in men che non si dica con le armate attestate in Alto Adige e con quelle che si stanno ritirando dalla Sicilia occupano mezza Italia, da Roma in su. L’Italia aveva sfiorato il collasso istituzionale già all’indomani della disfatta di Caporetto, nell’ottobre del 1917, che tuttavia fu evitato per un pelo. Viceversa dopo l’8 settembre la frittata è fatta: il Regno d’Italia evapora, sparisce, il Paese è spezzato in due e la rovina nazionale consumata. L’8 settembre è a tal punto una data shock nella Storia italiana, che non serve nemmeno specificare l’anno affinché si chiaro di cosa stiamo parlando.
Lo stesso possiamo dire per il 25 aprile, ancor oggi l’anniversario più divisivo, con una testarda componente del Paese che rifiuta di riconoscere in quella giornata una festa di liberazione (dovuta in parte alla tenacia della Resistenza, ma soprattutto alla preponderante e schiacciante forza militare degli Alleati) preferendo ignorarla. Chi non ha ignorato quei drammatici e sanguinosissimi mesi è stato il cinema italiano che ha raccontato con forza e profondità quel periodo tragico affidando alla narrazione filmica il compito di tenere viva la memoria della Resistenza e del sacrificio collettivo. Tra le opere più significative che attraversano questo periodo, cinque film spiccano per potenza espressiva e valore storico: Giorni di gloria, Mussolini, ultimo atto, Tutti a casa, Le quattro giornate di Napoli e L’uomo che verrà.
Giorni di gloria (1945) – Luchino Visconti, Giuseppe De Santis, Marcello Pagliero
Realizzato immediatamente dopo la fine della guerra, è un documentario potente e crudo che documenta le atrocità del nazifascismo in Italia, tra cui l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Visconti e gli altri registi montano immagini reali, testimonianze e processi contro i criminali di guerra, offrendo un documento diretto, privo di filtri. Un’opera fondamentale per comprendere la realtà storica su cui si fonda il 25 aprile. Il valore artistico è accresciuto dalla presenza dietro la macchina da presa oltre che dal regista de Il gattopardo, anche da Giuseppe De Santis, uno degli interpreti più puri del neorealismo, di cui Giorni di gloria rappresenta una variante, di cui segnalo due altri capolavori che hanno come sfondo la Seconda guerra mondiale: Non c’è pace tra gli ulivi (1950) con due giovanissimi Lucia Bosè e Raf Vallone e Italiani brava gente (1965) ambientato durante la sciagurata invasione dell’Unione Sovietica.
Mussolini – Ultimo atto (1974) – Carlo Lizzani
Lizzani racconta gli ultimi giorni di Benito Mussolini, dalla fuga verso la Svizzera alla cattura e alla fucilazione a Dongo. Il film è una ricostruzione rigorosa e drammatica degli eventi che posero fine al Ventennio fascista. Rod Steiger, nei panni del Duce, offre un’interpretazione intensa, restituendo un ritratto umano e decadente del dittatore.
Attenzione, però: Lizzani non intende in alcun modo attenuare le responsabilità storiche di Mussolini, che ha trasformato l’Italia in una dittatura empia e nefasta. Al contrario, mette in scena l’uomo dietro il potere, con tutto il peso delle colpe che porta con sé.
Non a caso, all’epoca, il film non fu accolto con entusiasmo a sinistra, come dimostrano le recensioni critiche di Kezich e Morandini.
Un film che segna simbolicamente la fine di un’epoca di oppressione.
Tutti a casa (1960) – Luigi Comencini / sul sito, leggi qui
Attraverso il registro della commedia amara, Comencini segue il disorientamento di un ufficiale italiano (interpretato magistralmente da Alberto Sordi) dopo l’8 settembre 1943. Il protagonista passa da un cieco senso del dovere alla consapevolezza politica, fino a unirsi ai partigiani. Un film che riflette sul crollo delle certezze e sulla scelta, dolorosa ma necessaria, di stare dalla parte della libertà. Una delle interpretazioni più belle di Albertone che, come in La grande guerra, miscela alla perfezione comicità e drammaticità, in una contaminatio efficace, che possiamo riassumere nella fulminante battuta: «I tedeschi si sono alleati con gli americani», che certo fa ridere, ma delinea anche impietosamente (e drammaticamente) il caos regnante nella catena di comando dell’esercito italiano e in generale in tutta la Nazione. ‘I tedeschi si sono alleati con gli americani’, battuta fulminante e non troppo lontana dalla verità, visto che entrambi sparavano addosso ai poveri soldati italiani.
Le quattro giornate di Napoli (1962) – Nanni Loy / sul sito, leggi qui
Un racconto corale e commovente della rivolta spontanea del popolo napoletano contro l’occupazione nazista nel settembre 1943. Uomini, donne e ragazzi comuni diventano protagonisti della liberazione della città. Loy firma un’opera straordinaria, dove la Resistenza non è solo un fatto militare ma un gesto di dignità collettiva. Una memoria civile potente che parla direttamente al cuore. Volonté sublime. Indimenticabile la scena in cui un gruppo di donne aggredisce ed impedisce ai Tedeschi di deportare gli uomini.
Nessuno degli attori del film ha i “credit” ufficiali, poiché, come riporta un altro cartello, a tutto schermo, posto all’inizio del film dopo i titoli di testa: «Il Produttore ringrazia gli attori che, in omaggio al “Popolo Napoletano” – vero interprete delle “Quattro Giornate” – hanno aderito a partecipare in anonimo al film».
L’uomo che verrà (2009) – Giorgio Diritti / sul sito, leggi qui
Ambientato nei giorni precedenti e successivi all’eccidio di Marzabotto, raccontato attraverso lo sguardo puro di una bambina, il film di Diritti è un capolavoro di silenzi, dolore e umanità. L’opera non ha bisogno di retorica: la violenza della guerra è raccontata nel quotidiano stravolto, nella perdita dell’innocenza, nell’eco della Storia che entra nella vita semplice dei contadini. Un film recente, ma già classico, che riafferma l’urgenza della memoria.
Il cinema come atto di Resistenza
Questi film, pur con stili e registri diversi, contribuiscono a costruire un immaginario collettivo sulla Liberazione. Raccontano non solo la Storia con la S maiuscola, ma le storie di chi ha vissuto sulla propria pelle il trauma della guerra e la speranza della libertà. Guardarli, soprattutto intorno al 25 aprile, non è solo un gesto culturale: è un atto di memoria e, in fondo, anche di Resistenza.

La Redazione
25 Aprile 2025 at 19:57
A proposito di uno dei film citati da Gianni Sarro tra quelli più importanti sulla Liberazione, “Le quattro Giornate di Napoli”, di Nanni Loy, forse non tutti sanno che:
“La Festa della Liberazione ci ricorda la fine della dittatura nazi-fascista avvenuta nel 1945. La ricorrenza del 25 Aprile è importantissima affinché atrocità come quelle avvenute durante la seconda guerra mondiale non si ripetano mai più nella storia dell’umanità. Tutta l’Italia fu liberata dall’oppressione dei tiranni, ma Napoli ha una menzione particolare in questa vicenda per due motivi: il prima è che iniziò la liberazione dal fascismo con un anno e mezzo di anticipo, il secondo che fu una città strategica per le forze alleate che sbarcarono da noi nel settembre 1943.
Napoli si era ribellata agli invasori già nel 1943. Sono celebri, infatti, le quattro giornate di Napoli in cui dal 27 al 30 settembre un’insurrezione popolare riuscì a liberare la città di Napoli dall’occupazione delle forze armate tedesche. Ciò consentì alle forze americane, che arrivarono a Napoli il primo ottobre del 1943, di trovare una città già libera dai nemici e di poter quindi organizzare con più calma la strategia per liberare il resto dell’Italia.
Da: http://www.lavocedinapoli.it