Usi e Costumi

Ora, mezz’ora

di Francesco De Luca

 

“Ancora staie lloco? Eeeh… e mò fenisce…”
“Ma cosa brontoli? Le devo sbucciare io le fave… e allora? Vado col passo mio…”



Chi rimbrotta è la mamma, Giuseppina. Chi le risponde piccata è Nina, la figlia diciottenne, incaricata, prima di cogliere le fave ind’u chiano, e poi di nettarle della buccia.

Il pomeriggio è calmo e caldo. In Italia piove da far danni ai ponti, alle case e ai campi, ma qui sull’isola è primavera inoltrata. Anzi avanzata. Per le ginestre già in fiore, quando di solito esplodono di giallo a giugno.

Il sabato santo è dedicato al forno. Pastiere, pizze rustiche, casatielli… è un continuo. Giuseppina potrebbe avvalersi dell’aiuto della figlia ma, si sa, con le adolescenti è difficile trovare sintonia. E infatti madre e figlia stanno sempre su sponde opposte.
– ‘U casatiello? Lo fai con troppo poco zucchero… – borbotta la figlia.
– Lo faccio come comanda la ricetta di casa – è la risposta immediata della madre.
– A pastiera? Ci devi mettere la sugna…
– Ma se non si trova? – risponde la madre – cosa posso farci?

E’ un balletto di frasi spigolose, da una parte e dall’altra. E allora Giuseppina ha dirottato la figlia verso le fave. Va a fare quattro fave fresche! Poi puliscile,,, così lunedì faccio ‘fave e cappucce’!
Va bene – annuisce la figlia, e col cestino è andata nella catena.

Ognuna col proprio da fare, ognuna senza sentire mugugni intorno.
Ma la tregua dura poco.

‘Na vota… quando ero bambina io – insiste la madre – nella settimana santa s’era come in prigione. Tutte proibizioni e nessun permesso. La ‘passione’ si doveva sentire anche nella pratica quotidiana. Si ubbidiva senza possibilità di replica. Se mi avesse visto mia madre come fai tu, mi avrebbe ‘ntussecato di rimproveri. Vai come una lumaca. E’ n’ ora ca staie lloco…

La figlia rassegnata canticchia:

Ora, mezz’ora
minute
e quarto d’ora.

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