segnalato dalla Redazione
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Pubblichiamo spesso articoli su Stefano Mancuso e sulla sua affascinante visione del mondo delle piante. Una schermata (parziale) dei titoli in fondo a questo articolo.
Stefano Mancuso insegna Arboricoltura all’università di Firenze, dove dirige il Laboratorio di Neurobiologia generale
Le mangiatrici di luce che fanno andare avanti il mondo
di Aurelio Magistà – Da la Repubblica dell’8 aprile 2025
Stefano Mancuso giovedì sarà al Lighting Forum del Salone del mobile. Dove parlerà delle piante: dispensatrici di energia e di lezioni utili per l’illuminazione e per i nostri governi.
“Noi crediamo nella competizione per le risorse, ma gli alberi ci mostrano che solidarietà e cooperazione sono strumenti migliori per garantire il nostro futuro”.
«Le piante sono mangiatrici di luce. E per questo sono il motore della vita sulla Terra. Tutta l’energia che conosciamo, con cui riscaldiamo le nostre case, facciamo andare le nostre macchine e alimentiamo il nostro corpo viene dalle piante».
Stefano Mancuso, neuroscienziato che il 10 aprile terrà una masterclass al Salone del mobile di Milano, nell’ambito dell’Euroluce International Lighting Forum, ce ne anticipa i punti chiave. «Il mio intervento si intitola “Nutrirsi di luce” perché tutta l’energia che fa andare avanti il mondo viene dalla luce, ma l’intermediario sono le piante. Che trasformano l’energia luminosa del sole in energia chimica e ce la trasmettono in varie maniere: dal cibo di cui ci nutriamo ai combustibili fossili come petrolio gas e carbone».
Piante indispensabili, ma un po’ dimenticate…
«Esatto. È plant blindness, la cecità alle piante. Benché fondamentali per la nostra vita, non le vediamo, restano al di sotto della nostra soglia di attenzione. Il fenomeno risale probabilmente alla preistoria. Il nostro cervello è straordinario, anche nel gestire i propri limiti. Viene colpito da 5 miliardi di bit di informazione al secondo ma ne sa elaborare al massimo tra i 1000 e 2000 bit.
Quindi filtra le informazioni in base alla loro rilevanza. L’uomo della preistoria era circondato di foreste, ma le foreste non erano pericolose. Il pericolo erano i predatori. Quindi il suo, il nostro cervello, ha imparato a ignorare la vegetazione per concentrarsi sui nemici. Oggi quello che era un vantaggio evolutivo perché ci garantiva la sopravvivenza, è diventato uno svantaggio che sta mettendo a rischio la vita sul pianeta».
Perché continuiamo a ignorare le piante?
«Appunto. Le piante sono meravigliose: non solo forniscono energia al mondo, ma nel farlo assorbono anidride carbonica e producono ossigeno. Sappiamo che l’anidride carbonica è la prima causa del riscaldamento globale.
Pertanto abbiamo uno strumento straordinario per combatterla.
Che stiamo distruggendo. 12 mila anni fa, all’inizio della civiltà umana, c’erano 6000 miliardi di piante. Oggi ce ne sono rimasti 3000 miliardi. Dei 3000 miliardi che abbiamo distrutto, 2000 sono scomparsi nell’ultimo secolo.
Contemporaneamente, lo sviluppo tecnologico, che ha aumentato a dismisura la produzione di CO2, ci ha condotto ai problemi di oggi. Nel 2021 Elon Musk aveva promesso 100 milioni di dollari a chi avesse inventato un sistema per catturare la CO2. Ma questo sistema esiste già dobbiamo solo piantare alberi.
Ogni euro investito in nuovi alberi abbatte CO2 duemila volte di più di qualsiasi tecnologia umana».
Le piante possono dare indicazioni pratiche al mondo dell’illuminazione?
«Certo, soprattutto su come organizzarla: in maniera diffusa e decentralizzata. Abbiamo strutturato anche l’illuminazione secondo il nostro modello animale: centralizzata, quindi più inefficiente e più fragile perché meno resistente alle perturbazioni di sistema».
Al forum sulla luce parlerà anche della lezione etica che ci danno le piante.
«Quando andiamo in un bosco entriamo in un super-organismo: le piante sono connesse fra di loro, si parlano attraverso un complesso sistema di comunicazione, nel suolo e in superficie. Condividono informazioni, acqua, nutrimento, una cosa che ricorda un po’ le utopie comunitarie umane come il cristianesimo delle origini o il comunismo. Ma perché lo fanno?
Non certo perché sono buone, ma perché la cooperazione è la scelta più efficiente per garantire la sopravvivenza della specie, che è il primo obiettivo di tutti gli organismi viventi. Spesso si esalta la competizione pensando che sia la chiave per garantirsi le risorse, soprattutto se scarse.
La natura ci insegna il contrario: minori sono le risorse, soprattutto se l’instabilità è elevata, e maggiore è l’utilità di cooperare per sopravvivere».
E oggi, mentre ci contendiamo materie prime e perfino l’acqua, l’instabilità sembra divenuto il tratto distintivo della modernità.
«Esatto. Quindi, oggi che le risorse scarseggiano e gli scenari, da quello ambientale a quello sociale, da quello economico a quello politico, sono segnati da continui e repentini cambiamenti, le piante offrono questa grande lezione ai nostri governanti: solidarietà e cooperazione sono gli strumenti migliori per garantire un futuro all’umanità».
[Aurelio Magistà – Da la Repubblica dell’8 aprile 2025]
Note
Alcuni articoli centrati su Stefano Mancuso o in cui lo scienziato è citato, pubblicati sul sito:
In particolare leggi qui: La sensibilità delle piante, un florilegio, di Sandro Russo, con la menzione del Parco urbano di Prato, “Il bosco delle neofite”, curato appunto da Mancuso, dell’agosto 2024;
qui: Epicrisi 348. Gli alberi e la partecipazione civile, del novembre 2021;
e qui: Le Piante e il tempo(2). I giganti della Terra, con la sintesi del fondamentale racconto Hunati, di Edmond Hamilton che sicuramente Mancuso conosce.
