riceviamo in redazione da Federico Galterio e volentieri pubblichiamo
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Alla cortese attenzione della Redazione di Ponzaracconta
La presente è una breve recensione che doveva essere consegnata al Maestro Prudente nella primavera del 2012, ma impossibilitato a contattarlo direttamente, è rimasto nel mio cassetto sicuro di farglielo pervenire in ogni caso per l’autunno, quando vengo a sapere che Ernesto ahimè ci ha lasciato per sempre. Ecco che dopo un decennio ritrovo tra le mie carte la presente scrittura breve che mi sentivo di consegnare personalmente al Maestro con cui trascorrere una mattinata insieme per raccogliere informazioni e consigli preziosi ed unici sulla sua ‘vita solitaria’ nell’isola di Palmarola, dal vernacolo locale all’ossidiana, dalla storia alle tradizioni locali che avrei dovuto trasmettere in una mia Rubrica radiofonica di RadioAntennaVerde dal titolo ‘La parola a…’.
F. G.
Il maestro Ernesto
di Federico Galterio
Il Maestro Ernesto, che ho conosciuto negli anni 1982-1983, ha pensato bene di ricercare, di conservare e di tramandare ai posteri il dialetto, i modi di parlare del popolo isolano. È nel vero quando si preoccupa della ‘estinzione della ‘parlata’ isolana a causa delle sollecitazioni, delle proposte dei mass media e della comunicazione orale e scritta dei numerosissimi turisti di ogni parte del mondo che frequentano Ponza. C’è da dire che oggi nella scuola è giusto che si comunichi, che si leggano le opere letterarie, ma è pur vero che il dialetto di ogni paese ha fatto la sua storia che rientra nella storia sociale della comunità attraverso la comunicazione quotidiana, che risale ai primi 50 anni del XX secolo. Per cui personalmente ritengo che il dialetto locale non venga insegnato nelle scuole in orario curriculare, ma in orario di approfondimento per conoscere la vita vissuta dai propri avi o in orario laboratoriale perché sia una libera scelta delle famiglie. Sia nell’uno che nell’altro caso, il dialetto non si impone prepotentemente ma diventa un mezzo per conoscere le proprie origini, la storia e la vita sociale, lo studio antropologico della popolazione, i rapporti sociali, interpersonali tra Comunità vicine per motivi commerciali. Detto ciò, i vocaboli degli isolani si sono ridotti al minimo indispensabile ed usati solamente in ambito familiare. Non è facile riproporre il vocabolo e pronunciarlo correttamente, come dice Prudente, per cui si è avvalso della collaborazione di anziani che hanno avuto meno contatti con l’esterno e col pubblico turista.
Si può ben dire che è stato molto attento nella ricerca delle particolarità fonetiche, nel mantenere il giusto distacco, aggiungendo aneddoti per meglio far comprendere le occasioni in cui si pronunciavano dette parole. Se l’Autore non avesse dimostrato interesse, amore per il proprio luogo di origine, chi avrebbe lasciato ai Posteri il segno della comunicazione che è quella del dialetto? Un grazie sentito da parte mia perché ha arricchito il vocabolario locale, che appartiene alla Nazione italiana, perché ha presentato l’isola con minuzioso studio e descrizione di uno degli aspetti fondamentali, che è la comunicazione orale, che ha dato vita alle attività e scambi commerciali.







