di Francesco De Luca
Federico Galterio venne a Ponza come insegnante di Italiano, nelle Scuole Medie.
Nei pochi anni che vi ha dimorato ha dimostrato subito di conoscere bene il dettato della sua professione: quello di insegnare agli alunni gli strumenti della comunicazione: letteraria, sociale, sentimentale. Per riuscirvi appieno cercò di impossessarsi dello strumento comunicativo più naturale presso gli studenti: il dialetto. La lingua che sa di madre, di latte, di mare. La lingua che non si apprende perché essa la introietti con l’abbraccio della mamma, col calore della casa, col sorriso degli amici.
Mi si dirà: perché anche lui è un cultore del dialetto. Del suo. E, per osmosi, amante di tutti i dialetti.
Ancora oggi, che è fuori dalla scuola perché pensionato, cura un suo programma sui social, in cui esalta il dialetto della sua terra e quelli dell’intero Basso Lazio.
Ho ricordo della sua dimora a Ponza e degli incontri con Ernesto Prudente. Intorno al quale ruotavamo tutti noi ai quali piaceva intrattenerci sui fatti dei Ponzesi.
Ce lo ha portato alla memoria, e di questo lo ringrazio (leggi qui)
Abbiamo bisogno, oggi di più, di sentirci affratellati.
Divisi diamo al tempo l’agio di metter in moto l’oblìo. Al contrario, il tempo lo dobbiamo torcere a nostro favore, coltivando il ricordo.
NdR: nell’immagine di copertina “L’amicizia”, olio su tela di Pablo Picasso
