Ambiente e Natura

Essere Ulisse

di Bixio

 . 

Se tu questo territorio continui a considerarlo come area di sosta, come zona di breve periodo in cui restare a vivere, ebbene tu quest’isola – questo terreno, questi scogli – non puoi amarla!
Ti serve solo come punto di sfruttamento per poi scappare verso altri lidi! Né puoi  giustificarti e tirare in mezzo questioni di lavoro! Ciò è mascherato e falso!
La testimonianza delle generazioni che ci hanno preceduto con imbarchi di una vita ma poi il ritorno e il rientro nella famiglia: – ’a curteglia, ’a terra, ’a pescina, i vite, ’u vuzz!
Il corpo, la fatica erano altrove, ma la mente sempre a capotavola, ’ncopp ’a cupula, ’nda curteglia.
Modo altissimo di vivere gli affetti, l’attaccamento alla propria terra… e nient’altro!
Quelli costretti, i più disperati, partivano definitivamente p’a Merica ma con gli occhi di pianto, l’allontanamento e la mente ’n’faccia a’ parracina, fino alla morte!
Per questo in inverno restiamo in pochi, da soli a camminare per le stradine deserte, con i problemi di sempre.
Queste mura, queste pietre, la costa, il mare e le spiagge, la macchia mediterranea, traspirano una sensibilità unica, ti  attirano per raccontarti la loro storia, la nostra storia…  Bisogna amarle veramente e far sentire loro di essere amate.

Nell’Odissea la scena di Ulisse che abbraccia la sabbia della spiaggia dell’isola EÈA, la nostra isola che aspetta ancora i nostri abbracci. Nostri o di quei pochi rimasti.
Pure il sottoscritto fu costretto a lavorare per anni all’estero, ma partiva solo con una borsa per l’indispensabile: il resto era qui a casa!

 

Immagine di copertina (a cura della Redazione). Rielaborazione grafica da una foto della scultura di Giuseppe Grandi “Ulisse in atto di tendere l’arco” (1867), foto Flickr di Renagrisa

***

Nota dell’8.08.2024 (cfr. Commento  di Sandro Russo)

Mauro Bonazzi: “Il naufragio di Ulisse”, Einaudi 2023

 

1 Comment

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  1. Sandro Russo

    8 Agosto 2024 at 16:26

    Delle due anime di Ulisse, quella che lo spinge a tornare all’isola natìa e la brama di conoscenza che lo prende e alla fine lo perde, Bixio sceglie quella più consona a lui.
    E non è detto che abbia torto…

    Anche perché la nostra idea di Ulisse, eroe titanico che cerca di superare tutti i limiti umani posti da Dio, non è un’idea che deriva dall’Odisseo omerico, ma bensì dal “consiglier di frode” che Dante e Virgilio incontrano nell’ottavo cerchio – Inferno, Canto XXVI.

    Lo maggior corno de la fiamma antica
    cominciò a crollarsi mormorando
    pur come quella cui vento affatica;

    indi la cima qua e là menando,
    come fosse la lingua che parlasse,
    gittò voce di fuori, e disse: «Quando

    mi diparti’ da Circe, che sottrasse
    me più d’un anno là presso a Gaeta,
    prima che sì Enea la nomasse,

    né dolcezza di figlio, né la pieta
    del vecchio padre, né ’l debito amore
    lo qual dovea Penelopé far lieta,

    vincer potero dentro a me l’ardore
    ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto,
    e de li vizi umani e del valore;

    ma misi me per l’alto mare aperto
    sol con un legno e con quella compagna
    picciola da la qual non fui diserto.


    Quello che simboleggia Ulisse è una “conoscenza senza amore”, è sapere senza sapienza (cfr. Massimo Cacciari).
    Tra le tre pietanze di cui l’essere umano si ciba, “sapïenza, amore e virtute”, a Ulisse – e a tutto il nostro mondo occidentale – manca l’equilibrio.

    Considerate la vostra semenza:
    fatti non foste a viver come bruti,
    ma per seguir virtute e canoscenza”.

    Li miei compagni fec’io sì aguti,
    con questa orazion picciola, al cammino,
    che a pena poscia li avrei ritenuti;

    e volta nostra poppa nel mattino,
    de’ remi facemmo ali al folle volo,
    sempre acquistando dal lato mancino.

    Quanto dice Ulisse, “fatti non foste a viver come bruti” non ha nulla di sbagliato di per sé. È il principio della nostra felicità, come già Aristotele aveva individuato nella sua Etica. Ma questa frase sta all’interno di una cornice che non tiene conto di alcun argine etico e relazionale.
    “Progresso tecnologico non vuol dire di per sé progresso morale”.
    (cfr. Mauro Bonazzi: “Il naufragio di Ulisse”, Einaudi 2023 – copertina nell’articolo di base):
    Questo è il problema: Ulisse viaggia, sfida i confini, ma non ha una meta, non ha una direzione. Lui va, ma non sa dove andare.
    Dante sembra dirci questo: se noi non sappiamo nutrire il nostro mondo interiore con sapienza, amore e virtù, per quanto possa sembrare nobile l’impresa, l’esito rischierà spesso il naufragio.

    quando n’apparve una montagna, bruna
    per la distanza, e parvemi alta tanto
    quanto veduta non avea alcuna.

    Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
    ché de la nova terra un turbo nacque,
    e percosse del legno il primo canto.

    Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
    a la quarta levar la poppa in suso
    e la prora ire in giù, com’altrui piacque,

    infin che ’l mar fu sovra noi richiuso».


    [Dante Alighieri, Inferno, Canto XXVI (nel testo riportato sopra alcune strofe sono state omesse; per la versione completa: https://disf.org/educational/dante-inferno%5D

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