di Francesco De Luca
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Ricevo una telefonata da un amico residente in continente. Strano… di solito per san Silverio si trasferisce a Ponza e ci resta fino alle prime piogge autunnali. E invece nella telefonata lapidaria gli è sfuggito: ce vedimme a settembre… forse.
Lui è uno scontroso incallito, io uno scontroso testardo. Il dialogo non è ricco di notizie… ma di affetto. Mi ha telefonato e velatamente mi ha fatto capire che sono uno a cui tiene; gli rispondo con la ruvidezza che nasconde i sentimenti.
Forse… ci vedremo a settembre.
Siamo entrambi ultrasettantenni… soggetti alla cedevolezza del corpo… bisognosi di rapporti. Questa ultima istanza la soddisfaceva, per lo più, la famiglia ma… oggi è dominante il pensiero che la famiglia si è ristretta, e ciascuno dei membri ha diritto alla propria realizzazione per cui dedicarsi agli altri non è tollerato. Avanti a tutti e a tutto c’è il sé, e, dietro, ogni altra cosa.
Questo pensiero racchiude una concezione della vita rivoluzionaria. A mio vedere, sbandierata ma fallace.
Lo spiego.
La vita è compartecipazione. Non si genera ‘il nuovo’ se non attraverso la ‘compartecipazione’, di amore, di capitali, di idee, di lavoro. Nella ‘vita’ psicologica come in quella biologica.
Anche la morte è compartecipazione. Mi trattengo dal citare esempi che rievocano sentimenti spezzati ma, sebbene di un certo sentire, anche la morte si regge su partecipazioni sentimentali frante. Si spezza la natura ‘fisica’ dei legami, non quella ‘ideale’. La quale (la natura ideale dei legami) supera ogni impedimento fisico e si impone. Lo attesta il fatto che siamo a luglio e già parlo di settembre… sono davanti ad un foglio di carta e mi raffiguro l’amico impossibilitato a muoversi.
Ne parlo per ricordarmelo e ricordarlo ai lettori. Eppure… l’immagine condivisa è quella di uomini, tutti, refrattari ad ogni condivisione con gli altri, racchiusi nel guscio, inscalfibile, della considerazione di sé e della propria realizzazione. Come ho scritto sopra.
E’ una immagine fallace… Il modello culturale dominante, accennato prima, insegue l’egoismo mercantilistico ed edonistico ma c’è un freno naturale che inficia questo dominio e riporta alla ribalta la partecipazione, la solidarietà, l’inclusione, la condivisione.
Forse la riflessione potrebbe trovare accoglienza anche in sede politica.
Non voglio tediare con considerazioni private e propongo un diversivo: sto nel cortile e c’è un sole accecante e accaldante. Ho un oleandro cresciuto come un albero dalla cui ombra anche il sole è vinto. Milioni di effimeri fiorellini rosa impediscono all’astro sovrano di darmi fastidio. Perché? Perché insieme si può domare anche la forza bruta.
A settembre ci vedremo… sicuramente!
Immagine di copertina. foto di Rossano Di Loreto (ndr)