proposto da Sandro Russo
.
Certi cantanti-autori hanno un’impronta talmente personale che da poche note di uno qualunque dei loro brani puoi dire subito: È lui! o È lei!
È giusto il caso di Gianna Nannini, già presente e citata nel sito, ma non con le due canzoni che presentiamo oggi, giustamente famose.
Un tributo sia “ammirato” che “dovuto”.
Ma la motivazione più precisa che mi spinge a proporla qui è stato l’incrocio tra Gianna Nannini, già cantante-autrice affermata, di successo, con uno dei maestri riconosciuti del cinema italiano e mondiale, Michelangelo Antonioni (1912 – 2007).
L’innesco per me è partito da Antonioni, infatti. Durante una delle recenti lezioni al Corso di Cinema, durante l’analisi di uno dei suoi film (Zabriskie Point, del 1970, per la cronaca) è venuta fuori questa informazione che mi ha sorpreso non poco. Che il grande regista ha fatto anche un videoclip con la Nannini. Niente di strano, Fellini faceva gli spot pubblicitari per la Barilla, per dire.
Alla curiosità – il videoclip l’ho visto per intero a lezione – è seguita documentazione: andiamo a leggere, a vedere e a sentire. Anche così nasce una “Canzone per la domenica”.
Leggo da Wikipedia nell’ampia scheda su Gianna Nannini:
“Nel 1984 esce Puzzle, il suo sesto disco, ed è il successo. Realizza il video di Fotoromanza (per la regia di Michelangelo Antonioni), per poi partire con un tour europeo di grande successo. (…)
Fotoromanza, aiutato dal video, si piazza al primo posto della classifica per due mesi, mentre Puzzle resiste per sei mesi fra i primi dieci album più venduti della hit-parade italiana.
Fotoromanza di Antonioni non si riesce a vedere su Youtube per motivi di Copyright.
Ne propongo un’altra versione, almeno per ricordare la canzone:
.
.
.
Sul video confezionato da Antonioni per Gianna Nannini ho trovato un’ottima recensione di Alberto Beltrame – l’avevo rinominato tra i file che conservo, con un altro nome: “Come non si fa un videoclip” -, che riporto integralmente e in link:
https://www.videoclip-italia.com/2019/10/27/gianna-nannini-fotoromanza-michelangelo-antonioni/
Fotoromanzi – Il classico senza classicismo. Di Alberto Beltrame
Gianna Nannini – Fotoromanza (Michelangelo Antonioni), 1984
E non si può che iniziare così. Con qualcosa di misterioso, scomparso, paradossalmente perduto. Perché di questo videoclip, visto e rivisto negli scorsi anni, sembra scomparsa ogni traccia nel web. Non si può più vedere per motivi di copyright, si trovano solo sparsi fotogrammi: foto, istanti d’immagini, visioni impresse su qualità video abusata e datata. Così diverso d’allora, nel momento in cui il nuovo diventava più affascinante del vecchio, quando il video cercava di prendere il posto della pellicola, la televisione che poneva l’ulteriore passo in avanti rispetto al cinema.
Correva l’anno 1984. Michelangelo Antonioni non fa più cinema, tra malattia ed esperimenti non del tutto riusciti. Non ne farà più, solo una telenovela qualche anno dopo con gli esterni girati da Wenders: la fine di un’epoca. Antonioni, perduto, aveva scoperto la magia ludica del video, prima applicandola nel suo cinema snaturato di estetica e poi provando ad entrare in qualcosa di diverso: Antonioni scopre il videoclip. Come artista perduto, si ritrova senza volerlo in qualcosa di nuovo per non morire. Giovanni Verga che scrive per il cinema ma non si firma per vergogna, D’Annunzio che con un paio di nomi e didascalie viene scambiato per autore di cinema. Al Michelangelo basta meno, solamente accostare poche parole a poche immagini, qualche visione sbiadita e sonorità destinate a diventare cult.
Gianna Nannini è una giovante cantante, alternativa e spregiudicata. Un po’ amazzone, un po’ punk, alla ricerca dell’America. Identificata come donna, Antonioni decide di collaborare con lei. Prima però deve gettare le basi per tutto quello che un videoclip non deve essere: pura raffigurazione in immagini del testo della canzone. “Ti telefono o no” con un telefono e numeri che escono fuori, “una finta sul ring” con sovrapposizione di pugili, e poi, ovviamente, la “camera a gas”. Il regista cinematografico esordisce e termina la sua carriera nel videoclip così, radicale senza forse esserne troppo consapevole. Impone una nuova grammatica, la grammatica del “faccio quello che non si deve fare”, senza stile, senza classe, senza “antonionismi” palesi: probabilmente il suo più grande capolavoro.
La pura essenza degli anni ’80. L’eccesso e l’eccessivo, il manierismo dell’immagine, la poesia video del ralenti.
Il risultato del bizzarro incontro tra Nannini e Antonioni è Storia, è la non storia di quello che avrebbe potuto essere se si fossero incontrati entrambi nel loro periodo più importante e non, come accadde, una giovane promessa della canzone italiana e un regista che ormai aveva già dato quello che doveva dare al cinema. Questo videoclip rappresenta l’imbarazzo della celebrazione e allo stesso tempo la celebrazione dell’imbarazzo.
Quello che sembra essere un saggio video-artistico di contestazione agli stilemi del linguaggio audiovisivo, non possiamo dimenticare che sia di fatto un video per promuovere un nuovo singolo. Completamente fuori dagli schemi, anche e soprattutto a vederlo ora a distanza di tanti anni, è sicuramente l’archetipo dei tanti video degli utenti privati di YouTube, di coloro che vogliono rappresentare le canzoni amate attraverso ritagli d’immagini. Antonioni, regista stiloso, borghese e intellettuale è diventato il paradigma di ogni apprendista “fotomaker di youtube”, la professionalità estrema e cervellotica a contatto con il dilettantismo. La visionarietà di Antonioni raggiunge qui il suo apice.
Videoclip d’Italia nel sognante mondo degli anni ’80. Questo modesto prodotto “d’autore” di certo ha avuto molto successo, anche grazie a una canzone diventata tra le più conosciute del nostro Paese e quella firma inaspettata e così insolita. Se Fellini scelse la pubblicità e Rossellini i documentari e gli sceneggiati televisivi, Antonioni probabilmente fu tra tutti loro il più avanguardista. Il videoclip d’autore con il tempo diventerà una costante, e diversi e celebrati videomaker faranno il gran passo e finiranno per essere registi di cinema tra i più celebrati.
Per Antonioni fu il canto del cigno, un cigno ormai sgraziato e sporco ma che aveva capito in quale direzione bisognava andare. La visionarietà di un visionario senile, tra video e un sogno perduto chiamato cinema.
Per completare questo mio personale omaggio a Gianna Nannini e all’arte dei videoclip propongo, a seguire, in altro pezzo notevole: I Maschi, del 1987 (anche conosciuto come Mirò).
.
.
***
Appendice del 14 giugno (cfr. Commento della Redazione)
La copertina del Venerdì di Repubblica del 14 giugno 2024. Gianna Nannini
La Redazione
14 Giugno 2024 at 08:16
Ci informa Tano Pirrone, sapendoci distratti e con poco tempo per seguire le ‘uscite ‘ sui giornali, che il Venerdì di Repubblica oggi in edicola ha la copertina e il servizio centrale dedicati appunto a Gianna Nannini, il personaggio della scorsa “Canzone per la domenica”
Copertina del Venerdì annessa all’articolo di base