di Biagio Vitiello
Rileggendo la “Monografia per le isole del Gruppo Ponziano” (1855), di Giuseppe Tricoli, ho avuto conferma che i ruderi antichi di Punta Incenso, precisamente sulla falesia di cala Felci, non sono i resti di un antico monastero, ma una delle fortificazioni fatte dagli Inglesi, quando occuparono Ponza il 26 febbraio del 1813 (con Carlo Napier, comandante della squadra navale inglese).
Il Tricoli narra che Lord Bentik, comandante della flotta inglese nel Mediterraneo, a seguito della cacciata dei Francesi dalla nostra isola, si trattenne a Ponza per diversi mesi per erigere delle fortificazioni munite di cannoni nelle seguenti località: alla Torre; dietro al mio Belvedere (il lato che guarda i faraglioni della Madonna); sopra gli Scotti; al “Felice” – refuso sul testo originale: non può essere altro che “alle Felci” -; sullo scoglio della Ravia e al campo Inglese.
ritaglio- immagine dalla “Monografia” – pag. 282
I ruderi di Punta Incenso. Il “finestrone” è visibile nella immagine di copertina, al bordo superiore della foto, circa alla metà della stessa. Qui sotto, particolari da diverse angolazioni
Mi ricordo che mio padre e mio nonno chiamavano il pianoro che guarda i faraglioni della Madonna ’a batteria, esso è ubicato dietro il Belvedere lato di Levante. Mio padre mi spiegò che gli inglesi vi portarono con l’aiuto dei buoi, due grossi cannoni spianando le mura a secco, iniziando dal tratto di strada dove è il faro, poi segarono un grande gelso che era al centro del pianoro (che per fortuna è ancora esistente). Altra cosa interessante che mi ha raccontato mio padre è che durante lo sbarco di Anzio, i servizi di Intelligence inglesi sapevano dei luoghi che lord Bentik aveva fortificato e ne presero visione.
Riprendendo la storia del periodo borbonico, dopo la sconfitta di Napoleone, seguì la restaurazione in Europa, e il re Ferdinando ritornò a Napoli dalla Sicilia (dove era fuggito, con al seguito anche molti ponzesi).
Il 2 luglio 1815 arrivò a Ponza una compagnia dell’esercito napoletano per sostituire la guarnigione inglese, che “a mala voglia” lasciò la nostra isola.
Qualcuno si domanderà come sia diventato proprietario di gran parte del terreno appartenuto al commendatore Gaetano D’Ambrosio, di cui il Tricoli aveva tanta considerazione, e una parte della sua casa (quella di fronte l’ingresso dell’albergo Torre dei Borboni): il mio bisnonno Filippo Vitiello (che era di Le Forna) acquistò l’intera proprietà dal Governatore che poi è stata ereditata dai suoi figli. Attualmente detengo il 99% di quello che aveva ereditato mio nonno Biagio Vitiello.
Al Belvedere (intorno casa) c’è da oltre 30 anni un Giardino Botanico (serbatoio genetico), dove vi sono tutte le piante della flora mediterranea sparse nelle isole Ponziane, in più i vitigni e alberi da frutta importati da Ischia con la prima colonizzazione del 1734.
Altra cosa che voglio specificare, è che il tunnel (la grotta del commendatore D’Ambrosio) retrostante al mio ex studio medico di via Madonna, che buca la collina da nord a sud, non è il resto di una cisterna romana, ma poteva essere un percorso per accedere alla villa romana adiacente, come suppose il geologo Lombardi in un suo libro.
Ai tempi dei Borbone e durante la costruzione della Torre, il tunnel e alcune grotte vicine, venivano usate come dormitorio per i galeotti, ma poi a seguito di eventi metereologici avversi ci fu un crollo all’estremo nord del tunnel. Ricordo che negli anni sessanta, quando mio padre ingrandì la casa, nel fare le fondamenta trovammo inferriate per finestre di quel tempo, che conservo tuttora.
Inferriate di epoca borbonica [come si facevano una volta, senza saldature (ovviamente), con un tondino di ferro infilato nell’altro dotato di occhielli] – Cliccare per ingrandire
Nel lato sud del suddetto tunnel si dovevano fare dei lavori per contrastare il dissesto idrogeologico in atto (lavori finanziati nel 2006 dal governo Prodi, che riguardavano i dissesti di tutta Italia), ma arrivati i soldi, le Amministrazioni dell’isola, Porzio prima e Vigorelli dopo, tentarono di spenderli per altre finalità; purtroppo ho dovuto oppormi a questa decisione, e non se n’è fatto più nulla.
Cancelletto di epoca borbonica
Questo è il luogo chiamato ’a batteria, come si può constatare, dove non potevano arrivare le cannonate dalla Torre e dalla batteria Leopoldo (nel cimitero), arrivavano quelle dal Belvedere e dagli Scotti