Antropologia

Gli antropologi ne sanno una più del diavolo. Con video

proposto da Sandro Russo

Grande ammirazione ho sempre avuto per gli antropologi e gli archeologi – anche prima della serie di film di Indiana Jones; per le loro conoscenze e il metodo che adottano, induttivo-deduttivo, per comporre un significato da piccoli indizi e segni dispersi.

Due locandine: una (non tanto) a caso, del 1989: quattro miti in un film: Sean Connery, Harrison Ford e Steven Spielberg regista, su un soggetto di George Lucas; e quella dell’ultimo film di Indiana Jones (2023, regia James Mangold). In tutto cinque film e una serie tv

Negli anni ho frequentato di più – per interesse e per amicizie -, gli antropologi culturali.
L’antropologia è una scienza complessa, con varie branche.
Riprendo, sintetizzato da Wikipedia: “Esistono diversi ambiti dell’antropologia: l’antropologia sociale studia i modelli di comportamento, mentre l’antropologia culturale studia il significato culturale, comprese le norme e i valori. Oggi è comunemente usato il termine di “antropologia socioculturale”. L’antropologia linguistica studia come il linguaggio influenzi la vita sociale. L’antropologia biologica o fisica studia lo sviluppo biologico degli esseri umani” (ripreso, sintetizzato, da Wikipedia); quest’ultimo sconfina nella sociobiologia.

Sono partito da lontano… – non so se era necessario, ma meglio abbondare – per dire di un argomento che stiamo seguendo con interesse, prima su la Repubblica e poi anche sulle pagine del sito, verosimilmente attualizzato e rimaneggiato ad hoc. Il viaggio attraverso i luoghi della Dieta Mediterranea condotto, in più puntate, da Marino Niola: leggi qui e qui.

Cercando sul web per saperne di più, ho trovato cose interessanti.

La cosiddetta “Dieta Mediterranea”, ispirata ai modelli alimentari diffusi in alcuni Paesi del bacino mediterraneo (sostanzialmente Spagna, Grecia e Italia, e negli anni ’60) è stata riconosciuta dall’UNESCO come bene protetto e inserito nella lista dei patrimoni orali e immateriali dell’umanità nel 2010.
Il regime alimentare si fonda su alimenti il cui consumo è abituale in Paesi del bacino mediterraneo, e in proporzione privilegia cereali, frutta, verdura, semi, olio di oliva, rispetto ad un più raro uso di carni rosse e grassi animali (grassi saturi), mentre presenta un consumo moderato di pesce, carne bianca (pollame), legumi, uova, latticini, vino rosso e dolci.
Essa è associata a una riduzione della mortalità per tutte le cause negli studi osservazionali controllati (è uscita una Comprehensive Review in proposito è uscita su Circulation del 2019 – ndr).

Pionieri e divulgatori della Dieta mediterranea
La dieta mediterranea è un moderno modello alimentare studiato, per la prima volta in maniera sistematica, dall’epidemiologo e fisiologo statunitense Ancel Keys (1904-2004) in alcuni paesi del bacino mediterraneo negli anni cinquanta, in una situazione di severa difficoltà economica e di limitazione delle risorse a causa della Seconda guerra mondiale. Queste condizioni, associate ad un basso livello di tecnologia, favorivano uno stile di vita fisicamente attivo e frugale, con una predominanza di prodotti vegetali e scarsità di prodotti di origine animale nella dieta.

Elizabeth David (1913 – 1992), scrittrice inglese di gastronomia, negli anni trenta viaggiò col marito su un piccolo yacht in Italia, visse a Marsiglia, in Corsica, in Grecia, in Sicilia, fuggì dal fascismo in Egitto, al Cairo. Dopo la guerra tornò in Inghilterra; avvilita dal cibo inglese e dai razionamenti del dopoguerra, scrisse degli articoli sui cibi consumati sulle coste del Mediterraneo, che raccolse in A Book of Mediterranean Food pubblicato nel 1950. Il libro colpì l’immaginazione dei lettori inglesi; molti degli ingredienti citati non erano presenti nei mercati, neanche a Londra: basilico, melanzane, aglio, fichi, olio d’oliva, zafferano, vini italiani. La scrittrice contribuì alla conoscenza di piatti come paella, moussakà, ratatouille, pasta con salsa di pomodori freschi e al cambiamento dei gusti alimentari in Inghilterra. Si occupò di gastronomia, prevalendo l’interesse per il gusto e la cultura alimentare mediterranea rispetto agli effetti sulla salute. Nel 1954 pubblicò il libro Italian Food con Renato Guttuso.

Gli articoli che stanno uscendo su La Repubblica provengono da un lavoro originale svolto da Elisabetta Moro e Marino Niola, raccolto in un libro del 2017 (edizioni Il Mulino): Andare per i luoghi della dieta Mediterranea,

Marino Niola è nato a Napoli nel 1943 (uno splendido ottantenne!).  Elisabetta Moro è sua moglie, anche lei docente di Antropologia a Napoli. Niola è professore di Antropologia dei simboliAntropologia delle arti e della performanceMiti e riti della gastronomia contemporanea presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. Coordina il Laboratorio di Antropologia Sociale e il master in Comunicazione multimediale dell’enogastronomia. Dirige inoltre il Centro di Ricerche Sociali sulla Dieta Mediterranea ‘MedEatResearch’.

Convivialità, stagionalità, sostenibilità.
Sono i segreti della dieta mediterranea. Uno stile di vita che ha conquistato il mondo. Scoperta negli anni Cinquanta tra Napoli e il Cilento da due scienziati americani. Fondata sugli alimenti-simbolo della triade mediterranea – cereali, olio e vino – questa dieta che non è una dieta combina felicemente eredità del mondo classico e tradizioni locali. Scopriamola nei suoi luoghi sacri: dalla Campania, con Amalfi e le acciughe di Cetara, o con Pozzuoli, regno dei frutti di mare, alla Puglia, con le orecchiette di grano arso di Tricase e con la pasta di mandorle di Lecce, dalla Lucania, con il suo pane antico, alla Sicilia, con i tonni di Favignana, le panelle di Palermo e gli arancini di Catania – oltre che in quegli autentici empori di tipicità che sono Napoli, Genova, Venezia (dalla sinossi del libro a cura della casa editrice).

“Non ci sediamo a tavola per mangiare e bere… ma per mangiare e bere “insieme” (Plutarco)
…Ecco, in quell'”insieme” c’è la chiave di tutto!

.

YouTube player

.

Immagine in alto, nell’articolo, sotto il titolo: Alberto Sordi e Lea Massari. Da Una vita difficile (Dino Risi, 1961)

Sordi in: Un americano a Roma. Film di Steno (1954)

Nota
Una bella rassegna della serie “La storia raccontata dai film”, curata da Gianni Sarro è nelle tre puntate de “La fame nel cinema italiano”, che si possono cercare nell’indice per Autore, come da screenshot: (NdA):

 

Clicca per commentare

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top