Economia

Programmi di transizione

riceviamo in Redazione da Guido Del Gizzo e pubblichiamo

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Gentile Redazione,
Nel lontano 1938, alla vigilia del secondo conflitto mondiale, Trotskij, l’ex organizzatore dell’Armata Rossa e  teorico della critica allo stalinismo, in contrasto con la sinistra riformista dell’epoca ( siamo ai “fronti popolari”), scriveva il Programma di Transizione, fissando una serie di obiettivi non dichiaratamente rivoluzionari, ma potentemente sovversivi per l’epoca.
Ricordarne alcuni, oggi, ha un aspetto quasi paradossale: la scala mobile dei salari, la socializzazione delle scoperte scientifiche, un organismo bancario centrale che garantisse accesso al credito a tutti.

Mi viene in mente il programma di transizione ogni volta che consulto gli articoli della nostra Costituzione, che ricordiamo, venne scritta con il contributo di tutte le componenti del CLN – Comitato di Liberazione Nazionale, dalle Brigate Garibaldi alla Osoppo: rispetto “allo stato di cose presente”, anche la nostra Carta, oggi, presenta, per molti, contenuti insopportabilmente sovversivi.

Mi è capitato quest’oggi, riflettendo sulla legittimità di non aver un salario minimo garantito nel nostro ordinamento, sul ruolo delle opposizioni, sull’atteggiamento dell’esecutivo ed ho trovato conferma dei miei dubbi: la costituzione non garantisce solo la centralità del lavoro (art. 1), ma anche “…una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro, in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (art. 36). Nel successivo art. 37, pone anche l’obbligo della parità retributiva tra i due sessi (all’epoca erano considerati solo quelli).

La verità è che ci siamo assuefatti, da molto tempo, alla convivenza con rapporti economici di schiavitù e di malaffare, a carico della parte più debole della popolazione, immigrati, donne e giovani in primis, e tutto si oppone a qualsiasi rigurgito di civiltà, sia pure tardivo e strumentale.

Ci stiamo assuefacendo, in realtà, a qualsiasi forma di sopruso e di stupidità nell’amministrazione della Cosa Pubblica: dai fatti macroscopici delle ultime settimane, il pianeta Santanchè o il finto intervento “a caldo” della seconda carica dello stato, alle vicende quotidiane della nostra vita, come quelle raccontate da Monica Conversano, nelle sue riflessioni sul silenzio che accompagna il degrado (leggi qui).
Peraltro, riflessioni simili ci sono state suggerite, in passato, circa la mancata realizzazione, finora, del porto a Cala dell’Acqua: e proprio di questo ricominceremo a parlare, credo, tra poco tempo.

Intanto, “Renewable Energy”, una delle testate scientifiche internazionali più importanti del settore, ha pubblicato, all’inizio di questo mese, un articolo su Ponza: “Challenges of renewable energy communities on small Mediterranean islands: a case of study on Ponza island”.
Letteralmente: Le sfide delle comunità di energia rinnovabile – comunità energetiche, nel nostro gergo burocratico – nelle piccole isole del Mediterraneo: il caso di studio dell’isola di Ponza.
Lo studio è stato presentato alla rivista dall’equipe del prof. Corsini, attualmente uno dei principali referenti scientifici internazionali sul tema.
Rimandiamo, di seguito, alla traduzione della sintesi dell’articolo, da parte della redazione, e alla lettura, per i volenterosi in inglese, dell’articolo stesso.

Le conclusioni, invece, ci portano a riconoscere l’inadeguatezza dell’attuale modello di produzione energetica sull’isola e spiegano, almeno in parte, l’ostinazione con cui almeno parte dell’amministrazione comunale, notoriamente collegata alla SEP (Società Elettrica Ponzese), si oppone alla realizzazione del porto e, contemporaneamente, a qualsiasi ipotesi di innovazione e progresso sul tema: malgrado questo rientri, invece, negli obiettivi fissati, a suo tempo, dal bando di gara per la realizzazione e gestione della centrale elettrica a servizio dell’isola.

Ancora una volta viene, in soccorso delle nostre perplessità, quel branco di sovversivi che, un tempo, soggiornava sull’isola e poi ha scritto la Carta: l’art. 9, che promuove lo sviluppo della ricerca scientifica e tecnica e tutela l’ambiente nell’interesse delle future generazioni e, ahinoi per la SEP, l’art. 41, che segnala come  l’iniziativa economica privata sia libera, ma non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale.

La realtà, è vero, evolve sempre più rapidamente, ma almeno per una volta, questa evoluzione l’avevamo prevista e, se possibile, anticipata: il Comune aveva firmato, proprio con il prof. Corsini, una convenzione per lo studio delle ipotesi di sviluppo dell’area mineraria, nel 2020; Marina di Cala dell’Acqua srl, invece, ha recepito l’ipotesi tecnologica di recupero di energia dal moto ondoso, nel progetto di realizzazione della diga foranea.

L’attuale amministrazione ha bloccato il porto, ha elaborato le tariffe di parcheggio ma, in compenso, non si sa nulla di un serio progetto di raccolta differenziata dei rifiuti, ha approvato un bilancio con il parere negativo del revisore dei conti, ma ha partorito un piano di riequilibrio finanziario, nel quale prevede di incassare circa 5 milioni (diconsi cinque-milioni) dalle concessioni demaniali, mentre lo Stato, a livello nazionale, riesce a incassarne poco più di 100…

Purtroppo, come ha scritto Monica Conversano:
“Silenzio, delle autorità, della popolazione, dei media, etc. Silenzio e mormorii coperti dalle care cicale”

Cordialmente
Guido Del Gizzo

 

 

1 Comment

1 Comments

  1. Guido Del Gizzo

    24 Luglio 2023 at 13:23

    L’articolo pubblicato su Renewable Energy non affronta solo gli aspetti tecnici ben descritti nel progetto allegato, la cui lettura lasciamo ai volenterosi o, semplicemente, curiosi di questo argomento.
    L’obiettivo dell’equipe del prof. Corsini è anche quello di definire i parametri di sostenibilità economica dell’operazione.
    Com’è noto, l’energia prodotta da un impianto a fonti rinnovabili, sull’isola, non può essere inserita in rete – la convenzione con la SEP non lo consente – e deve quindi essere consumata all’interno di una “comunità energetica” che possa approfittarne.
    Lo studio dimostra come sia poco vantaggioso destinare la produzione di energia a consumi domestici diffusi, o al fabbisogno della zona portuale: viceversa, diventa vantaggiosa, tanto in termini economici che, evidentemente, ambientali, nel caso in cui debba soddisfare un consumo di tipo industriale continuo come, tipicamente, un dissalatore.
    L’interesse dello studio consiste quindi nella definizione di un modello integrato di produzione di energia combinato alla produzione di acqua potabile: modello che potrebbe essere replicato molte volte nel contesto mediterraneo.
    Ma, soprattutto, la caratteristica dell’impianto descritto è che ogni singolo settore della diga foranea può essere attrezzato con una diversa tecnologia di recupero di energia dal moto ondoso, così da poter disporre di un “laboratorio” operante in condizioni reali, che permetta, sull’isola di Ponza, di sperimentare, confrontare e certificare soluzioni impiantistiche diverse, seguire il progresso tecnologico nel settore, diventando un punto di eccellenza e di riferimento a livello scientifico internazionale, grazie alla partecipazione delle più importanti istituzioni scientifiche del nostro Paese.
    Attualmente, non esistono strutture simili né in Italia né altrove, nel Mediterraneo.
    In un mondo normalmente razionale, le amministrazioni si contenderebbero un’opportunità del genere.
    A Ponza, invece, no..!

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