Viaggi

Un’isola di lava e di smeraldo

di Patrizia Maccotta

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Appunti e soprattutto fotografie da un recente viaggio di Patrizia Maccotta in Islanda (…è appena tornata!). Ci ricorda che l’Islanda, per quanto fredda e lontana, è anch’essa un’isola!

Sono quasi sicura che le isole si parlino: si inviano messaggi di profumi e salsedine portati dai venti. E così Ponza – molto  vicina ma che non conosco – comunica tramite le onde del Mediterraneo con l’Islanda circondata dal blu profondo dell’Atlantico, molto lontana ma che sono andata a cercare.

Era un viaggio non previsto, ma che ho subito accettato quando mi è stato proposto da un’amica che si prende, in un certo modo, cura di me. Mi sembrava che la lontananza e l’asprezza dell’isola corrispondessero al mio stato d’animo attuale: un primo grande viaggio senza la presenza del mio compagno, partito per l’altrove ormai sette mesi fa.
Anche il tumulto della natura – il contrasto tra i ghiacciai ed i vulcani – era in sintonia con me: mi riconoscevo nella lunga e straordinaria spaccatura provocata dall’incontro della placca tettonica americana con la placca europea a Almannagjà (foto qui sotto).

Quale sorpresa trovare, all’arrivo, il bianco luminoso della sua piccola capitale, Reykjavik, rallegrato dai mille colori dei suoi tetti e dalle mura delle sue piccole case costruite con… la latta! Sono stata subito circondata dalla luce!


Il sole, che ci ha accompagnati sempre – o quasi – dal 7 al 10 luglio, splendeva anche a mezzanotte.
La luce più bella che dorava il cielo, rendeva fosforescenti le pendici delle montagne e collocava le rare case sperdute nelle campagne come dentro dei quadri di Edward Hopper, si osservava verso sera, alle 22.

Reykjavik ore 23,55 – Foto del 14 luglio 2023

Vellir, costa Sud, h 22,30

La capitale è un misto di architetture moderne – il suo lungomare regala il centro culturale e la sala di concerti Harpa, che richiama i prismi della neve e del ghiaccio, e il suo centro una chiesa, la Hallgrimskirkja consacrata nel 1986, che riproduce le colonne di basalto di alcune scogliere – e di piccole case minimaliste circondate da giardini in miniatura.

La Chiesa di Hallgrimskirkjà

Colonne di basalto a Reynisfjara

La via principale, l’unica realmente animata, è corta. Ha un nome impronunciabile: Laekjargata! È lì che si recano i giovani la sera ed i turisti in ogni momento.

Ma lasciate le strette dimensioni di Reykjavik che con i suoi 130.000 abitanti, 233.000 nell’area metropolitana, contiene i due terzi della popolazione islandese ed ha poche rappresentanze diplomatiche – comunque ospita una rappresentanza della Groenlandia! (nella foto) -, ci accoglie e ci frastorna l’immensità dei paesaggi dell’isola.

Il cielo sembra più esteso che altrove. E quanti colori! Tutta la gamma dei marroni, dei grigi, rosa e giallo della riolite intramezzati dal nero della lava e dell’ossidiana, con tutte le sfumature del verde.
Ma quello che da subito ha attirato il mio sguardo è stato il viola pallido e il lilla misti al viola scuro dei lupini dell’Artico.

E’ il fiore che, in questo mese di luglio, definisce meglio l’isola. Importato dal nord degli Stati Uniti  si è acclimatato così bene che ha invaso – ma ‘invaso’ è un termine improprio perché è bellissimo – il paese. Bisogna osservare che, d’altronde, non ha trovato per resistergli né alberi né vegetazione. Sotto il vento si muove, raso terra, solo l’erba corta mentre restano immobili i licheni. Si mescolano al viola lilla dei lupini, sullo sfondo verde, solo il giallo dei ranuncoli, il rosa intenso dei gerani selvatici (foto qui sotto) e  il rosa più pallido del timo islandese.

Poi, brillanti, i fiocchi rotondi del cotone dell’Alaska.

Certamente è molto forte l’impatto delle montagne frastagliate, dei vulcani (abbiamo lambito il Katla e l’Hekla e lo giorno stesso della nostra partenza ci sono state varie eruzioni a fessura, annunciate da alcune scosse di terremoto,  percepite spesso durante la nostra permanenza), dei vapori che escono dalla terra o si lanciano come missili verso il cielo in grandi geysir e dall’acqua che scende ovunque in rivoli o maestose cascate.

Geyser a Geysir

Le cascate di Gullfoss

La spiaggia di Reynisfjara a Vik

Promontorio di Dyrholaey

Accompagnano i colori della terra i colori del mare e dei ghiacciai: una paletta di blu scuri e chiari, di bianco e di turchese. Le spiagge sono dei lunghi nastri neri, tutte di residui lavici (foto della spiaggia di Reynisfjara a Vik, promontorio di Dyrholaey e laguna glaciale Jökulsàrlòn).

Laguna glaciale a Jökulsàrlòn

Non poteva mancare nel nostro viaggio l’incontro “invisibile” con le creature magiche che popolano l’isola e che accompagnano gli islandesi nella loro vita sognata… ma anche reale: ci sono circa 7000 persone che sono pagane e molte che vogliono credere all’esistenza di questi esseri soprannaturali!
Questa terra è stata scelta come scenario della serie televisiva fantastica Il Trono di spade del 2011. Ma anche  per alcuni  film più realisti come 101 Reykjavik, diretto da Baltasar Kormakur nel 2000, Rams – storia di due fratelli e otto pecore –  che è stato premiato nel 2015 nella categoria di Un Certain Regard al Festival di Cannes e il più recente La Donna Elettrica, nel 2018, film “ecologista” diretto da Benedikt Erlingsson.

Sulla terra queste creature sono gli Elfi, chiamati Huldofolk, esseri nascosti, che sono parenti degli umani visti che discendono da Adamo e Eva!
Ma ci sono pure i Troll, che hanno figure brutte, ma quasi umane; si trovano insieme agli Gnomi nei campi di lava. E che dire della strega Gryla, essa pure una Troll, che è una versione cattiva della nostra Befana? Viene al solstizio d’inverno per terrorizzare i bambini quando le giornate sono cortissime e buie.

Tuttavia, l’essere che mi attrae di più è una creatura del mare.

Selka, la sirena dalla coda di foca

Del mare che immagino in tempesta, quando i monti sono coperti di neve e l’acqua è molto, molto fredda: è Selka, la sirena dalla coda di foca che seduce i giovani uomini come Lighea sedusse il giovane Rosario La Ciuria nel più bel racconto del mondo scritto da uno scrittore che viveva in un’altra isola, profumata dal Sud, Tomasi di Lampedusa!

Come le sirene le isole sono luoghi con una natura doppia…

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Appendice del 22 luglio h. 11,30 (cfr. Commento di Sandro Russo)

Bello e interessante il reportage di viaggio di Patrizia Maccotta dall’Islanda.
Anche stimolante, e siccome ha aperto lei le ostilità sui film, sono andato a vedere se non fosse stato per caso ambientato in Islanda un film che mi ha fatto tornare il mente; per l’ambientazione “nordica” e la storia (tanto) strana, anche per me che sono un cultore delle storie di SF (Science Fiction) e Fantasy).
Ma no, il film – Border, creature di confine (Gräns), film del 2018 diretto e co-sceneggiato da Ali Abbasi, tratto dal racconto Confine di John Ajvide Lindqvist – è una co-produzione Svezia-Danimarca. Ma ci sono dentro le atmosfere, le creaure” e i paesaggi  di cui parla Patrizia.

La locandina e il trailer del film da YouTube:

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YouTube player

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Appendice del 23 luglio 2023 (cfr. commento di Sandro Russo)


La copertina del libro di Olga Tokarczuk, premio Nobel per la letteratura del 2018; ed. Bompiani 2019

2 Comments

2 Comments

  1. Sandro Russo

    22 Luglio 2023 at 11:42

    Bello e interessante il reportage di viaggio di Patrizia Maccotta dall’Islanda.
    Anche stimolante, e siccome ha tirato fuori lei l’argomento dei film, sono andato a vedere se non fosse stato per caso ambientato in Islanda un film che mi ha fatto tornare il mente; per l’ambientazione “nordica” e la storia (tanto) strana, anche per me che sono un cultore delle storie di SF (Science Fiction) e Fantasy.
    Ma no, il film – Border, creature di confine (Gräns), del 2018 diretto e co-sceneggiato da Ali Abbasi, tratto dal racconto Confine di John Ajvide Lindqvist – è una co-produzione Svezia-Danimarca. Ma ci sono dentro le atmosfere, le creature” e i paesaggi di cui parla Patrizia.
    Visto che ne ho parlato – magari vi è venuta qualche curiosità -, ne presento, nell’articolo di base, la locandina e il trailer.

  2. Sandro Russo

    23 Luglio 2023 at 21:34

    Negli scambi whatsapp in occasione della pubblicazione del suo reportage dall’Islanda, Patrizia Maccotta mi ha raccomandato di leggere l’ultimo Robinson, il bel supplemento di Repubblica di ieri, sabato. Dedicato ai viaggi, al viaggiare.
    Ho ripreso qualche frase dall’articolo di apertura di Gabriele Romagnoli che leggo sempre con piacere.
    Si intitola Le vie dei trolley, con un chiaro richiamo a Le vie dei canti, di Chatwin (ne abbiamo scritto da poco, ricordate?).
    Riporto il sommario e qualche frase, qua e là…

    Chi ha detto che abbiamo visto già tutto? La Patagonia con Chatwin, New York con “ Sex and The City”, Parigi con Emily… I luoghi, come i bagagli, sono unici per chi li attraversa e racconta

    Al primo che riesuma la differenza tra turista e viaggiatore va la medaglia d’oro della banalità. A chi, citando Richard Bach, fa notare che nessun luogo è lontano va quella d’argento. Per il bronzo aspettiamo lo sprint finale tra tutte le considerazioni che cominciano con: «Una volta…».

    Il turista visita, lo scrittore rivisita. Il viaggiatore ricerca, lo scrittore fa capire, utilizzando tutto quel che trova nel suo bagaglio: ciò che svuota al ritorno, ma anche quegli strumenti di comprensione che mette sempre a qualunque andata.

    Olga Tokarczuk ne I vagabondi, quando riassume il contenuto dei suoi diari di viaggio, mette insieme: entusiasmi per un tramonto, sere in hotel troppo riscaldati, bambini di un villaggio, cani malati, sogni fatti in aereo, suore buddiste in abito grigio, marinai che ballano sul molo deserto. E il sorriso delle hostess che mantiene una specie di promessa: «Forse rinasceremo e questa volta lo faremo nel luogo e al momento giusto».
    Ma dev’essere la promessa del marinaio che balla. Non rinasceremo e non ci saranno luoghi e momenti giusti, soltanto quelli che attraversiamo in questa vita. La loro unicità è esattamente la ragione per cui vale la pena, ancora, di raggiungerli e raccontarli.

    Nota
    Del libro citato, di Olga Tokarczuk, premio Nobel per la letteratura 2018 è riportata la copertina nell’articolo di base

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