di Sandro Russo
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Letture e immagini bibliche hanno costituito il punto di partenza di queste considerazioni; insieme ad alcune attività manuali e agricole che mi trovo a svolgere in campagna.
«Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? 31 Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.»
[Da Matteo 6, 25–33]
«Gesù si mise di nuovo a insegnare presso il mare. Una gran folla si radunò intorno a lui. Perciò egli, montato su una barca, vi sedette stando in mare, mentre tutta la folla era a terra sulla riva. Egli insegnava loro molte cose in parabole, e diceva loro nel suo insegnamento: «Ascoltate! Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; e gli uccelli vennero e lo mangiarono. Un’altra cadde in un suolo roccioso dove non aveva molta terra; e subito spuntò, perché non aveva terreno profondo; ma quando il sole si levò, fu bruciata; e, non avendo radice, inaridì. Un’altra cadde fra le spine; le spine crebbero e la soffocarono, ed essa non fece frutto. Altre parti caddero nella buona terra; portarono frutto, che venne su e crebbe, e giunsero a dare il trenta, il sessanta e il cento per uno». Poi disse: «Chi ha orecchi per udire oda»
Io, Giovanni, vidi: ecco una nube bianca, e sulla nube stava seduto uno simile a un Figlio d’uomo: aveva sul capo una corona d’oro e in mano una falce affilata. Un altro angelo uscì dal tempio, gridando a gran voce a colui che era seduto sulla nube: «Getta la tua falce e mieti; è giunta l’ora di mietere, perché la messe della terra è matura». Allora colui che era seduto sulla nube lanciò la sua falce sulla terra e la terra fu mietuta. Allora un altro angelo uscì dal tempio che è nel cielo, tenendo anch’egli una falce affilata. Un altro angelo, che ha potere sul fuoco, venne dall’altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce affilata: «Getta la tua falce affilata e vendemmia i grappoli della vigna della terra, perché le sue uve sono mature». L’angelo lanciò la sua falce sulla terra, vendemmiò la vigna della terra e rovesciò l’uva nel grande tino dell’ira di Dio.
[Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo – Ap. 14,14-19]
Penso qualche volta ai grandi libri della tradizione cristiana, durante il lavoro della terra… è un bel modo di far vagare i pensieri. La Bibbia usa molte immagini e analogie tratte dal mondo agricolo e dal lavoro dei campi, data la civiltà rurale e pastorale del tempo. Molto belle e incisive nel loro genere. Mi piace raccoglierle e rileggerle, ogni tanto.
La falce è l’attrezzo simbolicamente associato alla morte, chiamata la grande falciatrice e spesso rappresentata nell’iconografia sacra come uno scheletro con la falce.
Di qui tanta letteratura, cinema (leggi qui) e grafica “gotica” (anche gruppi musicali, tra le nuove tendenze musicali di cui ci ha parlato recentemente Alessandro Alfieri – leggi qui )
Ma devo dire che il mio immaginario sulla morte non si è tanto formato sulle descrizioni bibliche dell’Apocalisse quanto sulle atmosfere di cupa gioiosità alla Tim Burton (un film per tutti: La sposa cadavere) e su altri film, con un approccio del tutto irriverente (leggi qui).
Ma divago, allontanandomi dalle attività contadine da cui ero partito… La falce!
La falce non fa differenza tra le erbe buone e quelle cattive, taglia tutto indiscriminatamente, lungo il suo percorso…
Forse per le fascinazioni letterarie e cinefile, pur facendone un uso limitato, ho comprato una falce, appena mi sono trasferito in campagna (e sono quasi cinquant’anni! …una vita!), di quelle di forma antica, che ricordavo dalla mia infanzia a contatto col mondo contadino (neanche Ponza, dove passavo tutta l’estate, ma Cassino, la casa dei miei, fuori città).
Da questo incauto acquisto e dal posto dove sistemare la falce, invero ingombrante “che dove la metti metti, impiccia”, sono derivati diversi aneddoti… Nel magazzino degli attrezzi deva fastidio; per un periodo l’ho tenuta dentro casa, con gran disappunto della signora delle pulizie, fino a che non ha trovato un posto nascosto, dietro a un frigorifero di servizio.
Tutto sommato la falce non l’ho usata molto, soppiantata dal più pratico tagliaerba a filo o a lama (decespugliatore), che però non amo molto, rumoroso e diseguale nel taglio (anche più pericoloso da usare); mentre per i lavori più grossi conviene impiegare il trattore con l’accessorio trinciatrice-tagliaerba ad alzo zero.
Ma in alcune stagioni, come nel giugno piovoso di quest’anno, le erbe prendono il sopravvento ed è necessario tenerle a bada, in qualche modo.
Oltre al tagliaerba decespugliatore, sono mostrati, dei miei attrezzi, la falce e due diversi falcetti a mano (nome dialettale ponzese: ’u serracchie (‘u falcetiell’?); nel dialetto cassinate: gliù serricchie)
Mezzi di diserbo progressivamente più drastici: tosaerba a scoppio e accessori del trattore: fresa e trincia-sarmenti
Il lavoro col decespugliatore è stato appena completato: “là dove c’era l’erba ora c’èee… un cammino praticabile!”
Qui il taglio si è fermato al limite dei topinambur (Helianthum tuberosum), le margheritone gialle, alte anche più di un metro, che hanno dei tuberi bitorzoluti, commestibili, dal vago sapore di carciofo
Qui il taglio ha rispettato la fioritura di un’altra erba commestibile, Chrysanthemum segetum , le cui foglie primaverili, di un verde glauco, danno un grato sapore alle insalate di campo.
Nella stessa zona dove ho raggruppato le erbe spontanee commestibili, anche Tordilium apulum (Ombrellino pugliese), per la stagione già in seme e non visibile. Nella foto foglie e fiori in primavera. Le foglioline consumate fresche sono molto saporite e danno un carattere particolare alle insalate
Anche qui mi sono fermato, col tagliaerba, per rispettare la fioritura e quindi lo spandimento spontaneo dei semi di Campanula rapunculus (i piccoli fiori celesti sullo stesso stelo); pianta notevole per la radice commestibile
Qui, dove si vedono i papaveri fioriti, si è fermato il lavoro del decespugliatore a filo (…e comincerà quello del trattore), ai bordi e tra i filari del campo di kiwi. Ogni infestazione di erbe si tratta in un modo diverso
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Dallo scritto, abbastanza libero (non monotematico) e per associazioni successive (un pensiero tira l’altro), dovrebbe emergere un rapporto con la natura – quando è il risultato di una scelta e non è subìto per bisogno – più equilibrato; di conoscenza e rispetto, senza le posizioni estreme di chi non tollera il fango sotto le scarpe quando piove o di chi, altrettanto disorientato – della campagna vede solo prati a perdita d’occhio, fiori e uccellini.
Poi ci sono le predilezioni personali. Io preferisco concentrarmi su aspetti minimali, piccole piante, piccoli fiori. Nelle stesse pratiche di controllo delle erbe infestanti, indispensabile al pari di altre attività basilari della vita in campagna, preferisco il controllo manuale e a vista. Non ho qui mai parlato del diserbo chimico e dei pesticidi (che conosco e aborro da tossicologo e da ecologo, non da odiatore della modernità) e tra le pratiche più moderne scelgo quando è possibile, la falce, il falcetto, ’u mal’-e-peggie, ’a zappetèlla.
Mi tornano alla mente l’approccio al problema e l’immagine dell’ortolana ponzese di altri tempi: curva, accavallando un filare di fave ancora giovani, a sceppenia’ all’èr’va a destra e sinistra: quello è stato il mio imprinting.
Cristina Vanarelli
27 Luglio 2023 at 22:21
Bella la descrizione del falcetto. Io amo il falcetto! Posseggo tre tagliaerba, uno a filo elettrico, uno a benzina e uno a batteria. Ma il falcetto è sempre il preferito. Ne ho comprato uno un paio di settimane fa da un ferramenta ai Castelli Romani. Il tizio non mi conosceva, altrimenti si sarebbe risparmiato le raccomandazioni: – Ma lo sa usare? Deve stare attenta, è molto affilato ed è molto appuntito, è pericoloso!
Mi veniva tanto da ridere.
Quando all’inizio della mia avventura negli anni’70, sul terreno di Rocca Priora su cui sorge la mia casa, tagliavo l’erba solo con il falcetto con stupore di chi veniva per la prima volta, poiché il risultato era un vero tappeto erboso. L’erba era “nuova”, tenera e fitta. Era facile renderla para e bassa. Inoltre il terreno è molto scosceso, e con molti dislivelli, il falcetto è l’unico arnese per arrivare tra le piante, alcune delle quali a me care e intoccabili! Noi “collezionisti di piante” troviamo sempre un posto qua e là per infilarci le nostre amate!
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Un caro saluto a tutta la redazione!
Cristina Vanarelli