proposto da Sandro Russo
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Mi è stato segnalato dalla Francia – è uscito su Le Monde il 15 giugno scorso – questo notevole articolo di Antonio Scurati che conosciamo come formidabile romanziere particolarmente versato in temi sociali e storici (vedi nota con bibliografia parziale a fondo pagina).
Antonio Scurati
Ecrivain italien
Dans une tribune au « Monde », le romancier italien Antonio Scurati décrit Silvio Berlusconi comme le prophète d’une nouvelle ère cathodique, où le langage publicitaire écrase toute logique politique.
Publié le 15 juin 2023
Une histoire italienne (« Una storia italiana »). C’est ainsi que s’intitulait le livret envoyé par Silvio Berlusconi à des millions de foyers à la veille des élections de 2001. Il n’avait pas tort. Son histoire est indubitablement une histoire italienne, mais pas seulement. Le formidable parcours personnel, professionnel et politique de Silvio Berlusconi, si on l’observe avec lucidité et détachement, préfigure l’avenir des démocraties occidentales en ces nouveaux siècle et millénaire.
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Mais, après tout, peut-être n’y a-t-il eu aucun réveil. Trente années d’irréalité berlusconienne ont constitué un long apprentissage de l’assujettissement d’un peuple réduit à l’état de masse. A présent, cette masse est prête à céder de nouveaux pans de ses prérogatives démocratiques aux promesses consolatrices de nouveaux hommes et femmes « forts », héritiers du règne populiste de Silvio Berlusconi.
Italia
Una storia italiana
Antonio Scurati, Le Monde, Francia – 16 giugno 2023
Una storia italiana. Così s’intitolava un libretto inviato da Silvio Berlusconi in milioni di case alla vigilia delle elezioni del 2001. Non aveva torto. La sua è stata indubbiamente una storia molto italiana. Ma non soltanto. La formidabile parabola esistenziale, imprenditoriale e politica di Silvio Berlusconi, se osservata a mente lucida e a ciglio asciutto, prefigura il destino storico delle democrazie occidentali in questo nuovo secolo e millennio.
Non c’è dubbio che Berlusconi sia stato l’italiano più influente del secondo novecento (Mussolini lo era stato del primo). Cioè l’uomo che più di ogni altro ha influito su costumi, valori, rappresentazioni collettive di un popolo. Lasciamo, perciò, ad altri la ricostruzione dei fatti e interroghiamoci sulle narrazioni. Cominciamo dagli anni ottanta, un decennio durato trent’anni, i trent’anni che segnano l’era di Silvio Berlusconi.
Gli anni ottanta di Berlusconi cominciano nell’oscurità dei settanta, in quell’inquietante, sinistro margine d’ombra che ancora oggi persiste sull’origine della sua fortuna economica di imprenditore edile. Poi, però, il nuovo decennio porta la luce. È una luce azzurrognola, artificiale, domestica. Nelle case degli italiani brilla una luminescenza recante la promessa di una nuova vita, vita leggera, abbiente, spensierata, vita gaudente. È la luce di un tubo catodico e viene a dire che la quaresima è finita. L’avvento delle televisioni commerciali a diffusione nazionale inaugurate proprio nel 1980 – non a caso un torneo calcistico – decreta anche simbolicamente la fine dei plumbei anni settanta.
Basta politica, basta ideologie, basta progetti rivoluzionari finiti nel sangue di troppi morti ammazzati. Ora è il tempo del disimpegno, del riflusso, di un eterno presente, di un avvenire che non promette niente e che, per questo, manterrà la promessa. Alla quaresima commercial-televisiva propalata nel mondo redento dalle reti Fininvest non segue, infatti, la pasqua ma un nuovo carnevale. Un periodo di scatenamento pulsionale assoluto, di sfrenatezza edonistico-consumistica alimentata dalla fantasmagoria delle merci. Il comunismo aveva promesso il necessario per tutti, la soddisfazione dei bisogni, il berlusconismo assicura il lusso per tutti, la moltiplicazione esponenziale dei desideri soddisfatti.
In breve sarai ricco
Dove prenderemo il denaro per farlo? Nessun problema: si genererà da sé. È il delirio del multilevel marketing. L’idea è semplice: se tu diventi al tempo stesso acquirente e venditore di un prodotto, e poi convinci dieci amici a farlo, e questi ne convincono altri dieci, e così via, in breve sarai ricco. Lo saremo tutti. La moltiplicazione è algebrica, i consumi sono espandibili all’infinito, la vita è una cosa meravigliosa. Si tratta solo di crederci, di aver fiducia, di essere ottimisti. Ottimismo uguale consumismo. Questa la formula del successo, questa la pietra filosofale della crescita infinita, questo il mantra della democrazia di massa.
Sì, perché questa volta la cuccagna dovrà essere davvero per tutti. Il berlusconismo nasce in polemica contro ogni elitismo, della vecchia classe politica, dei vecchi potentati economici, della vecchia élite intellettuale. Silvio Berlusconi si annuncia come uomo del popolo per il popolo, a patto che il popolo rinunci a se stesso. La sua rivoluzione soft eleva la pubblicità commerciale a linguaggio universale, sostituisce il cittadino con il cliente, le sue televisioni inventano un nuovo tipo di comunicazione che, deposto ogni intento pedagogico, trionfa grazie alla convivialità, alla prossimità, alla orizzontalità, al flusso in cui si è costantemente immersi senza bagnarsi mai.
I conduttori dei talk berlusconiani non smettono di ripeterci che sono “uno di noi”, stanno sul nostro stesso piano, parlano come mangiano e mangiano i prodotti che pubblicizzano. Non hanno nulla da insegnarci, ci ripetono senza sosta che non dobbiamo studiare, crescere, evolvere, andiamo bene così come siamo, possiamo finalmente diventare noi stessi. Loro sono lì solo per darci un po’ di svago, divertimento, per intrattenerci. La tv ora è sempre accesa, trasmette 24 ore su 24 ed è gratis, non ha colore, non ha odore, come il denaro. Intrattenerci in attesa di cosa? Di niente, di niente. Per carità non complichiamoci la vita. Sono gli anni ottanta, è sabato sera e stiamo andando a una festa. È sempre sabato sera e stiamo sempre andando a una festa.
Risvegliatici dal sogno, ci siamo scoperti cinici e al tempo stesso fessi, sprovveduti e al tempo stesso scettici
La discesa nel campo politico degli anni ’90 estende questa narrazione a ogni ambito della vita individuale e sociale, rende totalizzante questo sogno miracolistico. Lo slogan elettorale lo dichiara esplicitamente annunciando “Un nuovo miracolo italiano”. Sì, perché una cosa è certa: la visione berlusconiana per poter funzionare, per riuscire a sedurre, deve essere sfrenata, globale, cannibale. La riduzione del mondo a immagine del mondo, della vita al consumo di sé e della realtà a merce non ammette limiti. Tutto deve poter essere comprato: i calciatori, i voti, i parlamentari, i magistrati, i finanzieri, gli avversari, le donne, soprattutto le donne.
Trent’anni di conflitto aperto tra Berlusconi e la magistratura stanno a dimostrarlo. L’immoralismo sfacciato è poi l’altra faccia dell’illegalismo sistematico. Nessuna istanza morale deve intervenire a intralciare questo tetro edonismo, questo disperato ottimismo. E tantomeno la realtà deve poter competere con il sogno. Soltanto la morte, forse, un giorno. Ma per quella c’è tempo.
Si è pagato un prezzo molto alto per questo sogno. Nei trent’anni di dominio della fantasmagoria berlusconiana il debito pubblico è esploso, il pianeta si è terribilmente surriscaldato, l’Europa è tornata a essere un campo di battaglia. Lungo la strada, abbiamo perso la possibilità di educare i nostri figli (sostituiti prima dalla tv e poi da internet), di istruire i nostri allievi (la conoscenza, dopo tutto, a che serve?), di lottare collettivamente per un domani migliore (la narrazione berlusconiana ammette solo arricchimenti individuali). Abbiamo perso il rispetto della classe politica (semplici gregari dell’Unto del Signore), delle istituzioni democratiche (intralci sul suo cammino trionfale), delle donne (degradate a merce) e, dunque, di noi stessi. Risvegliatici dal sogno, ci siamo scoperti cinici e al tempo stesso fessi, sprovveduti e al tempo stesso scettici: non si crede davvero più a niente ma ci si beve tutto.
Forse, però, non c’è stato alcun risveglio. Trent’anni di irrealtà berlusconiana hanno rappresentato un lungo apprendistato allo stato di minorità di un popolo ridotto a massa. Adesso quelle masse sono pronte a cedere ulteriori quote delle proprie prerogative democratiche alle promesse consolatorie di nuovi uomini e donne “forti”, eredi dello scettro populista che fu di Silvio Berlusconi.
Su Antonio Scurati (da Wikipedia)
Antonio Scurati (Napoli, 1969) è uno scrittore e giornalista italiano.
Docente di letterature comparate e di scrittura creativa all’Università IULM, studioso dei mass media ed editorialista del Corriere della Sera, ha vinto i principali premi letterari italiani. Del 2018 è M. Il figlio del secolo, primo romanzo di una prevista quadrilogia dedicata a Benito Mussolini e al fascismo: in vetta alle classifiche per due anni consecutivi, vincitore del Premio Strega 2019, tradotto in quaranta paesi.
Nel settembre 2020 esce M. L’uomo della provvidenza, seconda parte della serie, che segue la parabola del dittatore dal 1925 al 1932;
Nel settembre 2022 esce il terzo volume della serie, che segue gli anni fatali dal 1938 al 1940, che porteranno all’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale.
Il IV volume è in preparazione.
Sul sito abbiamo riferito della riduzione teatrale di M. Il figlio del secolo, per la regia di Massimo Popolizio:
– leggi qui, di Sandro Russo;
– leggi qui, di Patrizia Maccotta;
– leggi qui, di Tano Pirrone.
Immagine di copertina. Da Internazionale: Silvio Berlusconi al Quirinale, Roma, maggio 2018. (Matteo Minnella, A3/Contrasto)