Ambiente e Natura

A spasso con una naturalista

di Francesco De Luca

L’ho capito adesso, a fatto compiuto: con una naturalista non si va ‘a spasso’, nel senso di rilassarsi spensierati. No, questo è impossibile perché… ci si ferma…” è il canto di una sterpazzola o di una sterpazzolina?” Prende il binocolo… guarda: “vedi…vedi… c’è un pellegrino (falco) che volteggia… è un piccolo…”. Io mi fermo, direziono l’orecchio, socchiudo gli occhi per aguzzare la vista ma…non sento e non vedo niente. Annuisco e mi adopero per partecipare a quanto accade intorno ma… sono più dispiaciuto che colpito. Perché? Perché non vedo altro che lentisco, mortella, fillirea e… l’aria è quella estiva, anche se non oppressa dal caldo.

Stiamo ascendendo il sentiero che porta a Piana Incenso. Lodato sia Gennaro Di Fazio che ha realizzato l’opera, in qualità di presidente della Comunità Arcipelago, di rendere il sentiero agibile, dalla strada asfaltata al piano, con transetti e panchine. “Quante critiche per quell’opera…” – confessa.

La mia guida si ferma. “Vedi questa foglia deforme? Questa è una  galla, ed è una reazione della foglia del lentisco alla violenza di un insetto che vi ha deposto le uova. La foglia reagisce creandovi intorno una gabbia naturale. Che protegge le uova (cosa che alla pianta non interessa) e nel contempo imbriglia il fastidio che le ha provocato incapsulando il tutto in una sacca”. E intanto apre la sacca e mi mostra gli ovetti, dentro, piccoli e bianchi.

Saliamo, e Calacaparra prende i contorni: a sinistra monte Aprea, a destra l’altra collina e nel mezzo la sagoma di Palmarola.

Odore intenso di erba novella, con qualche accenno di ginestra. Poche e svettanti nei fiori gialli. “Fermo… fermo…”.
“Che c’è?”
A terra si levano nitide, anche se non floride, le orchidee spontanee. Le ultime piogge hanno dato loro un po’ di longevità ma il caldo incipiente le sta facendo appassire.

Ci fermiamo di nuovo, prende il binocolo e punta. “C’è un averla capirossa”.
“Beh  –  rispondo  – è nu crasteco, un semplice crasteco, usuale per Ponza”.
“Sì  –  ribatte –  ma non di questi tempi. L’averla è di passo. Se si potesse accertare che qui nidifica pure… sarebbe una notizia ghiotta”.

Dai pini si leva una tortora selvatica, dagli stagni vicini le rane gracidano, dalla casa di Pallone (il fornese che dimora lassù) si diffondono le note di Cotugno: Un italiano vero.

Ci inoltriamo in sentieri abbozzati, lontani da quello principale. Bossoli di cartucce a terra. Faccio cattivi pensieri sui miei compaesani, ma non esterno… tanto non c’è nessuno. Nessuno? Non sia mai detto! La guida assume la posa di ascolto. “Un canapino…? No… non può essere! Sarebbe una figata galattica!”

Che fa? Accende il telefonino e da lì manda un richiamo. Un attimo… un frullo ci balena davanti, un canto risponde a fianco. “Lo vedi? Lo vedi… che ci sono!”

Io lo ammetto volentieri, seguo tutto con compiacenza. L’età è quella che è, e il camminare non è agevole e… meno male che non dà segnali di insofferenza l’apparato urinario!

“Vedi qui  –  si china  – questo è un vaso che la vespa ha creato a difesa delle uova”. Mi mostra una capsuletta racchiusa ad arte fra i ramoscelli.

Possa essere benedetto Gennaro Di Fazio che ci ha lasciato questa possibilità di godere delle bellezze naturalistiche di Ponza sulla chiana ‘u ncienzo. Che io, nella mia smania di capire i toponimi dei luoghi di Ponza, avevo decriptato come Piana del censo, attribuendo la denominazione alla colonizzazione borbonica (1773). Piana del censo, ovvero lì dove trovava termine la completata censuazione del territorio ponzese. E invece no… manco per niente. Già nelle cartine nautiche del 1500  (Pontio, l’isola di Pilato – Vincenzo Bonifacio) è presente la dicitura: Piana d’incenso. Con riferimento diretto all’incenso. Quale attinenza poteva mai esserci fra l’incenso e quel luogo? Forse, la presenza dei monaci benedettini potrebbe suggerire un legame. I monaci. Quelli che nel 1200 praticamente popolavano le isole di Zannone, Palmarola e Ponza? Quelli li? Sì, quelli. Essi avevano edificato su Piana d’incenso una postazione, attraverso la quale comunicavano, tramite fuochi, con i fratelli dislocati a Zannone.

 “Andiamo a vedere i ruderi?”  –  mi sollecita la guida. Ammetto di essere stanco. “Ci andremo la prossima volta”.

Che sia stata una camminata interessante lo ammetto. Arrischio: anche spassosa.

3 Comments

3 Comments

  1. Gennaro Di Fazio

    1 Giugno 2023 at 22:58

    Grazie Franco per le tue lodi

    Gennaro

  2. Biagio Vitiello

    2 Giugno 2023 at 10:04

    Solo qualche piccola osservazione in merito all’articolo di Francesco De Luca.
    Conosco benissimo e da tanto tempo la “terra dei miei avi”: Punta Incenso, dove sopra cala Felci c’è un “serbatoio genetico” secondo il Piano Regolare Comunale (il più completo rispetto agli altri due). In esso vi sono due piante piuttosto rare: Osmunda regalis (una felce che è un fossile vivente appartenente al tempo del Triassico) e la Daphne (Olivella sericea).
    Purtroppo Franco non ha notato che nel percorso per andare all’edicola di San Silverio, dalla casetta Rispoli, si cammina al bordo della falesia (’u scaluòmm’) e non vi è nessuna protezione né indicazione.
    Altra osservazione che faccio: non è scritto in nessun testo che in tale zona ci fosse un monastero, anche perché ho fatto analizzare la malta che lega le pietre del piccolo rudere: non ha più di 100 anni.
    Rammento il Tricoli che cita: il monastero di Ponza (a Santa Maria) e quello di Zannone se la davano di santa ragione, per la pesca, tanto che dovette intervenire il papa di allora con una bolla, specificando che i monaci di Zannone potevano pescare fino a intorno Gavi, mentre quelli di Ponza fino intorno a Palmarola.

    Concludo dicendo a Gennaro che si poteva benissimo fare un altro piccolo sforzo mettendo in sicurezza quel tratto molto pericoloso. Ma perché non si è fatto? Se qualcuno si fa male di chi è colpa?

  3. Gennaro Di Fazio

    2 Giugno 2023 at 13:11

    Caro Biagio, riguardo la pericolosità della falesia (‘u scaluòmmm’) non si è messa la protezione necessaria perché non c’erano fondi a sufficienza.
    Gennaro Di Fazio

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top