Viaggi

Ponzesi che viaggiano. Le mie Lofoten

di Pasquale Scarpati

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Per il video, leggi e guarda qui

Tanti anni fa mi trovai a passare per le Lofoten. Mare con sfumature di turchese, paesaggio rustico. Casette di legno.
In un angolo di un vecchio pontile, vicino ad una di queste, mezza sgangherata, vi era un teschio enorme di merluzzo. Era grandissimo, sembrava uno di quelle grosse angurie sulla cui superficie sono stati scavati gli occhi ma era marrone scuro. Pensavo: da vivo doveva sembrare il “dominatore” di quel mare! Lungo una strada pali conficcati nel terreno in verticale, a cui si appoggiavano altri lunghi pali posti in orizzontale. A queste” mazze”, durante l’inverno, si appendevano merluzzi decapitati ed eviscerati affinché il gelido vento polare li facesse seccare e poi giungessero sulla nostra tavola con il nome di stoccafisso. Per questo, dicevano che, durante quel periodo, colà non si poteva stare a causa dell’odore nauseabondo.

Ah, lo stoccafisso! Quant’era diverso dal baccalà. Innanzitutto durissimo tanto da essere tagliato con una sega. Durante i mesi invernali era messo a bagno per giorni e giorni (anche più di dieci). Anzi l’acqua andava cambiata anche due volte al giorno poiché emanava un odore molto intenso.
Alla fine però era prelibatezza per il palato perché la sua carne era sapientemente dura e si toglieva a “ foglie”, senza rimanere conficcata nei denti.
Un gusto diverso dal baccalà che, aperto e messo sotto sale, rimaneva a bagno per molto meno tempo.
Negli anni ’50 del secolo scorso, insieme con i rutunni,  nei mesi di gennaio e febbraio, quando era difficile uscire a pescare a causa del tempo inclemente e delle barche che navigavano sospinte dai remi, era il cibo dei poveri cioè di tutti. Non era molto costoso ma soprattutto rendeva molto perché, al contrario dello stoccafisso, aumentava molto di volume. Se poi accompagnato dalle patate formava un unico piatto (ovviamente tante patate ed un solo pezzo di baccalà) e nel rosso sugo si inzuppavano grosse e spesse fette di pane, specie se raffermo.
In quel tempo io rifuggivo sia da i rutunni sia dal baccalà; oggi.. !

Alle Lofoten tentai di inzupparmi anche io in acqua. Nonostante fosse oltre la metà di luglio non ci riuscii: erano, per me, ultra- fredde. Giorni addietro, infatti, un gelido vento polare aveva fatto la sua comparsa ed aveva portato anche nevischio a Capo Nord e sulle montagne norvegesi!
Forse era meglio la frescura del “Bagno Vecchio”!
Parola di Pasquale

 

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