Scrittori

Galeotto fu quel libro…

di Gabriella Nardacci

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Volevo fare un commento al bel video di Marco Mastroleo, poi scrivendo, la materia si è ampliata e d’accordo con la redazione ne è venuto fuori un articolo.
G. N

Credo fermamente che non si finisce mai d’imparare e di consolidare o rimuovere considerazioni e conoscenze varie, acquisite attraverso lezioni o libri. Capita spesso che la Storia debba essere aggiornata a causa di scoperte più recenti… Che la psicologia debba rivedere concetti ritenuti fino allora indissolubili… Che la scienza medica debba rivedere cure e interventi alla luce di nuove scoperte…
Insomma, credo ciò avvenga in diversi campi importanti del sapere che meriterebbero intere pagine per confronti e chiarimenti.

Con questo “prologo” voglio però introdurre un discorso un po’ più “leggero” fatto di piccole scoperte che la distrazione aveva omesso da quelle che sembravano conoscenze certe.
Ovviamente tale discorso riguarda me che spesso mi trasferisco su “altri lidi “quando, ad esempio, la realtà mi disturba o quando ho solo voglia di trasferire i miei pensieri su argomenti che mi riportano in realtà che non mi appartengono, ma che mi fanno stare bene.

A tal proposito, rileggendo un po’ di Odissea mi sono accorta che avevo completamente dimenticato che Ulisse aveva avuto, dalla maga Circe, Telegono che uccise Ulisse e sposò Penelope mentre Telemaco (figlio di Ulisse e Penelope) sposò Circe (1).
Ricordo che questa cosa mi deluse un po’ dopo averla appresa e ricordarmela mi disturba ancora oggi. Non certo per quella velatura di “modernità” presente nella chiosa, quanto piuttosto per quelle considerazioni che avevo fatto nel periodo in cui ho studiato l’opera e che avevo inserito tra le cose certe e non da rivedere.

“Da cosa nasce cosa” si sa e da qui, non chiedetemi come, mi sono ritrovata sul Picco del Circeo (cima più alta del promontorio del Circeo 541 metri s.l.m.) dove fu rinvenuto un grande basamento forse di un tempio e la testa riccioluta di Circe (dal 2016 esposta al Museo Nazionale Romano a San Felice Circeo). Certamente su di lei sono state fatte diverse supposizioni… Era figlia del Giorno e della Notte o figlia della dea Perseide? Di sicuro tutti gli studiosi sembrano concordare sulla sua natura divina e sulle indiscusse capacità di attirare a sé un astuto Ulisse per tenerselo un anno tra le sue braccia.

E da Circe e il Picco del Circeo sono giunta sulla Semprevisa (1536 metri s. l. m.) che ritengo un posto spettacolare e meraviglioso. Ne scriveva il tedesco Ferdinand Gregorovius: “Finalmente la foresta si aprì. Davanti a me, lo spettacolo della costa, il tappeto scintillante delle Paludi Pontine, le risplendenti isole Pontine. Uno spettacolo tra i più belli d’Italia”.
Da lassù si vede ogni cosa: grotte, castelli, abbazie, borghi e dai crinali tutto il Circeo con Ponza, Palmarola, Ventotene…

Durante l’adolescenza Ponza rappresentava per me l’isola dorata sulla quale approdavano i miei sogni di libertà. All’epoca ero convinta che si vedesse solo dal Belvedere del mio paese (Maenza – Lt), quando non c’era foschia: una macchia grigia dietro l’imponente promontorio nero del Circeo. Ero convinta si vedesse solo da lì e che solo io sapessi vederla dorata. L’adottai…

Può sembrare strano, ma gli studi, il matrimonio, altri interessi mi hanno distratto dal mio paese che ho sempre continuato a vivere ma solo in alcune festività o nei fine settimana e sempre in casa di mia madre. Però i racconti davanti al caminetto acceso d’inverno e il fresco dei portoni nelle calde serate estive, mi hanno regalato tanti racconti anche relativi a Ponza.
Racconti che mi hanno incuriosito tanto da scriverci un romanzo – A malapena si vede l’isola di Ponza. Così sono partita e ho conosciuto Ponza e le altre isole accanto e saputo di usi e costumi.


Galeotto fu quel libro…Dopo la presentazione mi sono arrivate tante fotografie da diversi paesi e città da dove “a malapena si vedeva l’isola di Ponza”, appunto. Non li nomino questi paesi perché non vorrei dimenticarne qualcuno.
Scoprii che quella linea d’argento con quelle macchie scure rappresentanti le isole, si vedevano anche dalle piazze e tra le case dei vicoli, dalle finestre di alcune case abbarbicate nel punto più alto di Maenza.

Un mese fa, mi sono addentrata in alcuni vicoli frequentati solo da bambina e anche in alcuni punti, tra una casa diroccata e una in ristrutturazione, si stagliava il panorama che comprendeva anche quella linea di mare con l’isola di Ponza e anche dove riposa mio padre si staglia quel panorama. Mi par di vederlo affacciato con gli occhi socchiusi a respirare quel mare…

L’altro ieri ero in una festa in un Borgo di Latina. A un certo punto, una mia nipote si è avvicinata e mostrandomi una foto mi ha detto: “Zia, guarda. Vivo con delle mia amichette e dalla finestra della mia stanza… a malapena si vede l’isola di Ponza!”.

Un passo dopo l’altro e ogni volta l’isola si ripresenta e mi chiede memoria. Credo non averla mai scordata… Semmai dovrò farmi perdonare solo un po’ di distrazione!
Che disperazione nasce da una distrazione… cantava il caro Lucio Battisti!

Nota della Redazione

(1) – Telegono è un poema epico di Gino Usai andato in scena a Ponza nell’agosto 2013. Ne hanno scritto sul sito Silverio Lamonica e Rosanna Conte

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