Editoriale

Epicrisi 414. Del bicchiere mezzo pieno

di Giuseppe Mazzella

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Scrive bene Silverio Lamonica (leggi qui) quando affronta, partendo dall’assenteismo alle primarie PD a Ponza, per estendere il fenomeno a tanti altri aspetti della vita, di come la stessa cosa possa essere vista come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. La sua analisi, pacata come è nel suo stile, frutto di esperienza e di una vita, è infatti possibile applicarla a  quasi tutte le nostre vicissitudini quotidiane.

Chi, come noi, appartiene in gran parte al secolo scorso, abituato a mezzi scarsi e spesso anche senza, vede il bicchiere mezzo pieno; chi vive la sua giovinezza in questo nuovo secolo, tende per lo più a vederlo mezzo vuoto.

A questa evoluzione hanno contribuito certamente le condizioni migliori di vita, le opportunità e comodità di cui oggi disponiamo, che annullano altre aspettative o pongono l’asticella sempre più in alto, rendendoci perennemente scontenti. Su questa linea di recupero di umanità, si muove nel suo intervento Amelia Ciarnella (leggi qui), la nostra quasi novantenne originaria di Tufo che non solo ricorda quando la vita era più semplice, ma si augura per il futuro un ritorno alla natura e ai rapporti più veri tra le persone. Nel suo “angolo di Lianella”, Sandro Russo (leggi qui) trova molti motivi di riflessione, utili ad analizzare il nostro tempo. Così come l’ultimo lavoro di Emilio Iodice, che dedica a Eleanor Roosvelt (leggi qui) racconta storie di coraggio e di perseguimento della libertà e del bene comune.

Quel che è certo è che viviamo in un’epoca di inquietudine, e anche le nostre isole pur così apparentemente quiete per lungi mesi invernali, sconta la sua parte. Francesco De Luca (leggi qui e qui), in presa diretta dalla vita isolana, racconta gli sconforti, i timori e le ansie per un futuro sempre più incerto.

Del resto le tragedie del mare che si rinnovano, come ricorda Enzo Di Giovanni (leggi qui) e la guerra in Ucraina, come racconta ancora una volta Francesco De Luca (leggi qui), disorientano, fanno star male e spingono allo scoramento.

Questa la situazione. Come tentare di modificare quest’atteggiamento che minaccia di seppellire soprattutto le nuove generazioni in un clima  tragicamente negativo?

Io direi di partire dalla storia, cioé dalla conoscenza del nostro passato e far capire che le cose sono andate spesso come oggi, anzi peggio. Sofferenze, penurie economiche, guerre, tragedie, non sono mai mancate e hanno segnato le vecchie generazioni, che hanno dovuto lottare ostinatamente per guadagnarsi sicurezza e libertà. E che niente nella vita ci viene regalato. Bisogna, quindi, attrezzare soprattutto i giovani ad affrontare le difficoltà. Un mezzo potentissimo per opporsi alle situazioni più complesse e difficili, è certamente approfondire la propria cultura. Una cultura non di parte, asservita ad una visione partitica, ma ancorata ad una misurata visione umana. Del resto come spiegarsi la disaffezione alla partecipazione politica, che non è solo astensione dal voto, se non evidenziando che il partitismo sta distruggendo le nostre comunità? Abbiamo vissuto, infatti, il lento ma inesorabile passaggio dalla politica al partitismo, che non è da intendersi spiccata appartenenza ad uno schieramento e ad una visione della vita, ma rinuncia alla verità per ragioni di bottega e di opportunismo. Una situazione approfondita anche da Pasquale Scarpati (leggi qui) e dai commenti molto energici schierati di giornalisti esperti (leggi qui), fino ai riflessi dell’elezione di Elly Schlein a segretario del PD (leggi qui).
A questo proposito, e il mio è un pensiero di un ultra-settantenne, è quello di cercare di capire quello che è più utile per tutti, quello che un tempo era denominato bene comune. E che qualsiasi progresso civile non dipende tanto da un leader, quanto dall’unità di una comunità che partecipa attivamente e concretamente al proprio destino.

In questo clima il cittadino non si vede più rappresentato, sballottato da un talk show all’altro, bombardato da milioni di informazioni spesso non solo deviate, ma artatamente false, non avendo più il tempo di riflettere e non potendo più godere del fruttifero silenzio. In questo i social hanno una grande influenza, creando danni di cui ancora non comprendiamo l’entità.

Basta andare in una città come Roma per rendersi conto che nei supermercati, nei bar e ristoranti, persino nelle metropolitane, ma questa è un’abitudine che sta dilagando anche nei piccoli centri, è un continuo bombardare di musiche e notizie che riempiono la testa, ma non favoriscono la riflessione e l’analisi. Analisi che è possibile solo con un impegno culturale maggiore, un atteggiamento di apertura alle ragioni degli altri. Su questo solco si sta muovendo il Centro Studi Isole Ponziane (leggi qui), che con incontri, eventi, convegni e mostre, sta dando un importante contributo alla crescita culturale e sociale delle nostre comunità.

Una comunità che deve rinnovare e arricchire la riscoperta della sua identità che è anche fatta di fede (leggi qui) con l’invito al triduo in onore di San Silverio del nostro don Ramon, del ricordo degli scomparsi, come Fiorello Turrini (leggi qui) e della gioia dei nuovi nati come Gelsomina (leggi qui) ed Ercole (leggi qui).

Il tutto vissuto nell’idea – che condivido – che il bicchiere mezzo pieno è una grandissima opportunità e forse riempirlo del tutto non è sempre il massimo della felicità.

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