Esteri

Sulla guerra. Scenari visionari 1 e 2

di Francesco De Luca

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1. Si vive in un mondo di immagini. Le scienze umane dopo il ‘positivismo’, concreto e materiale del secolo diciannovesimo, hanno dovuto polarizzare la speculazione sull’immaterialità delle immagini. Che, nel ventesimo secolo, hanno monopolizzato il pensiero e le decisioni conseguenti. Oggi le immagini alimentano mondi paralleli a quello reale. Di ciò si discute tanto, perché la ‘straniazione’ dell’uomo dalla realtà oggettiva ha una forte incidenza. Si vive, ognuno di noi, in ‘più mondi’, contemporaneamente: quello del dolore alla ferita alla mano; quello della non definizione della natura ‘di genere’ di chi ci sta accanto; quello del contrasto fra rabbia e compassione per chi affoga a pochi metri dalla riva; quello dell’entrare in una guerra che si oppone e compiace forze economiche planetarie in contrasto; quello che ostacola e aiuta spinte sociali tese alla libertà propria opprimendo quella altrui.
La mente sbarella in questo coacervo di accuse, di aspirazioni, di bugie e di atrocità.
Al fine di combattere l’assuefazione alla tragedia bellica, alla disinformazione preconfezionata si può tentare di elaborare ‘visioni’. Come contraccettivi. Possibili quanto improbabili, immaginarie eppure realistiche.

E dunque: come potrà finire questa guerra ?
È stata iniziata da Putin; e pertanto lui potrebbe deciderne la fine? Decisamente no. Dopo le vittime costate al popolo russo, le inimicizie internazionali alimentate e le conseguenti amicizie intessute, è da escludere che Putin fermi l’aggressione.
Ci vorrebbe un altro. Un altro al posto di Putin. Il che comporta la sua eliminazione. Da parte di settori del governo russo, contrari all’uccisione dei giovani soldati e non disposti, come Putin, ad accontentarsi di ‘non vincere’ la guerra. Nemmeno perderla però. Bensì, non vincerla con l’annessione se non delle sole regioni russofone e russofile dell’Ucraina.
Per Putin non è realistico ciò che per altri potrebbe esserlo.
Ma… c’è un ma… perché Putin in Russia non ha rivali. Non solo. Ora che l’economia russa non recede, nonostante le sanzioni, egli gode dell’accettazione del popolo. Un popolo che non ha fede nella democrazia (in quanto partecipazione) e che vuole riacquistare agli occhi del mondo un posto di prim’ordine. Sotto il comando di un capo, di un presidente, di uno zar.

Quello stesso prim’ordine che vuole l’America (Stati Uniti). La quale non riesce ad accettare che l’‘Ordine del mondo’ non risieda più nelle mani degli Americani.
Ci sono paesi (Cina in primis) che stanno operando, da tempo, per attestarsi presso altri Stati al fine di dirigerne le scelte commerciali e, da lì, le scelte politiche.
L’America non tollera Stati al suo livello. È dal 1946 che detta legge nel mondo, controllando i mercati, le scelte popolari, le involuzioni e le rivoluzioni.
Ha subìto affronti, disfatte e sberleffi ma ha comandato (con la forza economica,  quella commerciale e militare) il mondo. E non tollera che sia messo in dubbio il suo  potere.

In America (sia il partito Democratico sia quello Repubblicano a comandare) non si è elaborata una politica che accetti la compresenza al vertice. È sempre protesa a primeggiare nei mercati, nelle assistenze, nelle interferenze. La qual cosa la distoglie dal mettere mano ai propri problemi interni. Ossessionata dalla politica espansionistica tralascia di sistemare gli stridori interni alla sua eterogenea popolazione. La quale è, ancora e nonostante tutto, divisa e diseguale.
Il confronto razziale in America è lacerante. L’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge è lontanissima dal realizzarsi.
Tutto questo è tacitato dall’urgenza di portare il proprio Ordine nel mondo, nei paesi lontani. Uniti nel combattere il male fuori il proprio territorio, gli Americani sono indifferenti al male che rode il tessuto socio-economico americano. In ciò innescando dinamiche economiche positive. Perché l’industria e la tecnologia a fini bellici sono il volano del benessere americano. Insieme all’industria della ricostruzione.

I boom economici nei paesi usciti da catastrofi militari portano tutti il marchio degli Americani. I quali, così, si accaparrano oltre ai mercati anche le mire e i favori delle popolazioni che aspirano all’autodeterminazione. Aspirano, ma non la raggiungono: Con la presenza dell’ America sul loro territorio la democrazia la si può aspirare non raggiungerla. Come è avvenuto da noi, in Italia, e, in genere, in Europa.
La presenza di testate nucleari (americane) nel territorio europeo può rendere possibile una ‘completa’ democrazia? Semplicemente, no.
Questo dimezzamento potrebbe anche essere tollerato ma ciò che non si sopporta è l’assenza di un suo ruolo dei Paesi europei.
L’ America ha bisogno dell’Europa. Perché è nata dalla sua visione della vita. Perché ne subisce il fascino: della ricchezza degli stili di vita, del complesso armonizzarsi degli estremi nella società.
Peccato che non comprenda come un’Europa unita e non assoggettata da vincoli ricattatori (come la NATO) potrebbe suggerirle stili di vita politica più rivolti a garantire diritti che a limitarli; stili di vita più vari nelle dinamiche socio-economiche che non assoggettati al dio-denaro.
Potrà finire questa guerra per l’America? Potrà finire se l’ Europa troverà una unanime volontà per imporla.
L’Europa ha un potere di contrattazione maggiore dell’ America. E lo ha proprio perché non è appiattita sull’unico valore che si ossequia: il denaro.

2. E Zelensky? Zelensky, anche lui non può vincere e, paradossalmente, non può perdere.
Soldatino dell’America non può vincere alla maniera che vorrebbe, perché è sprovvisto di tutto: alimenti, armi e forza gli provengono dall’ America e dall’Europa. Ha intrapreso un percorso di guerra che sta devastando il paese e decimando il suo popolo (i ‘poveri cristi’,  li ricordate?).
Finché gli apporti esterni compenseranno le perdite farà da megafono all’ Occidente, ove dovesse frangersi il legame Stato-popolo ucraino, Zelensky cadrà, non più retto da fili.
Allora perderà? No, non può perdere perché l’ Occidente ha scelto l’ Ucraina come territorio di frontiera con la Russia. Fintantoché il delirio dell’America troverà supporto nel suo popolo, Zelensky troverà ricetto nelle braccia dell’ Occidente. La sua sarà una guerra che durerà: oggi coi cannoni e domani con le frontiere sbarrate. Come in Corea: Corea del Nord e Corea del Sud. Una formula conosciuta.

L’elemento che potrà recare soluzioni imprevedibili (in positivo e in negativo) è la posizione dell’Europa. Quale? Quella dell’Inghilterra, quella dei paesi ex territori sovietici, quella della Turchia, quella delle democrazie?
Qui è veramente il busillis. Al quale non so dare spiegazioni.
Del resto, queste mie esternazioni sono dedotte dalle letture che tutti comunemente facciamo, non posso corroborarle con analisi scientifiche.
Sono scenari partoriti da un cittadino comune a cui mancano i mezzi per rappresentare la complessità interattiva dei fenomeni presi in esame. Epperciò visionari.

 

Immagine di copertina. Da iStock-491523073

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