Politica

Quel che resta delle elezioni

di Sandro Vitiello

 

Se tre ponzesi su quattro non vanno a votare è un problema grosso.
Forse la regione e le sue istituzioni sono un’entità lontana? Forse la politica e il rito democratico del voto non sono più di moda?
Ci sarà bisogno di ragionare e capire e c’è bisogno di fermare questa china pericolosa.
E’ dentro queste situazioni che possono riemergere i mostri del passato. Con altre maniere, con altre vesti ma con gli stessi obiettivi: la fine della democrazia.


Ad oggi la destra, quella con la D maiuscola, ha vinto anche le elezioni nelle due regioni in cui si votava.
Il partito della Meloni ha il vento in poppa e siccome lei è riuscita dove da tre quarti di secolo nessuno era arrivato, è giusto che trovi adeguati cantori.
Ma la storia del nostro paese ci insegna che da una trentina di anni vincere le elezioni si può, governare seriamente è  un po’ più complicato.
Perché, anche se è brutto dirlo, le elezioni sono una cosa e la politica – quella che mette insieme i bisogni della gente, che armonizza le leggi e l’economia, quella che quotidianamente si misura nel confronto interno e internazionale – è tutt’altro.
Una trentina di anni fa il vincitore è stato Berlusconi e dopo corsi e ricorsi è stato messo da parte per manifesta incapacità. Salvini si è messo da parte da solo quando ha creduto che bastava spararle grosse per essere leader nazionale.


C’è stata la stagione di Renzi che voleva addirittura mettere mano alla costituzione e poi l’avventura dei Cinque Stelle che dopo il governo Conte devono completare un passaggio convinto nel campo del centro-sinistra.
Sono stati tutti grandi vincitori ma poi si sono ritrovati al punto di partenza, se non peggio, come in un macabro gioco dell’oca.
Perchè, diciamocelo, tutti questi grandi vincitori hanno lasciato alle spalle un paese sempre più povero, con le istituzioni sempre più fragili.
Se dovessimo misurare lo stato di salute della nostra democrazia con i numeri della partecipazione dei cittadini alle elezioni dovremmo fortemente preoccuparci.
La maggioranza degli italiani non va più a votare.
Dato ancora più grave, l’astensionismo riguarda maggiormente i giovani.
Se i giovani smettono di credere nel futuro, e i destini di una comunità parlano di futuro, allora siamo su una china pericolosa.
C’è poco da festeggiare.
Adesso ha vinto la Meloni e insieme a lei hanno vinto i protagonisti di un mondo politico affaristico che finalmente può dettare la linea su tanti argomenti.
Vediamo comunque la fatica che fanno a farsi carico del rispetto delle regole di convivenza civile. Non dovranno misurarsi solo con la Costituzione Repubblicana che è alla base dell’ordinamento democratico e antifascista del nostro paese. Dovranno dare soprattutto risposte concrete ai tanti che li hanno votati ascoltando gli slogan della campagna elettorale.
Perché fare lo spot contro le tasse sulla benzina – Meloni protagonista – è facile.


Togliere quelle tasse è impossibile. E quindi?
Dopodiché ci si misura con tutte le sfide più impegnative che i tempi che viviamo impongono.
Sul PNRR c’è poco da scherzare. I soldi dall’Europa arriveranno, saranno tanti ma l’Europa non fa sconti. Dentro alle varie clausole che regolano questa partita c’è un discorso di modernizzazione del paese che va a mettere in discussione tante rendite di posizione che non sarà facile abbattere.
E se non si è all’altezza non si può pensare di rivendicare una superiorità degli interessi nazionali.
L’esempio della Grecia è recente e le ferite in quel paese non si sono ancora rimarginate.
Chi ha vinto ha il diritto di governare, chi ha perso di controllare.
E il Piddì? E i Cinque stelle?
Non se la passano bene e i numeri lo certificano.
Ma il partito democratico con i suoi elettori ha mostrato che è ben lungi dallo scomparire dalla scena politica. Se si leggono bene i risultati elettorali si scopre che il radicamento sociale è ancora molto forte, al di là delle facili battute sui ricchi che lo votano.
Vedremo se il nuovo segretario sarà capace di farsi carico di un progetto di governo del paese e se sarà in grado di catalizzare energie nuove intorno ad esse.

E visto che domani ci saranno le primarie per scegliere il nuovo segretario del Partito Democratico il mio augurio augurio è che ci sia una forte partecipazione.

P.S. – Se guardiamo i risultati elettorali regionali del 2018 i numeri sono completamente diversi.
Votò più del cinquanta per cento degli aventi diritto, la lista Zingaretti fece il pieno anche sulla nostra isola.
Un piccolo particolare; tra i candidati c’era Gennaro Di Fazio, medico e consigliere comunale dell’amministrazione Ferraiuolo, all’epoca al governo dell’isola. Su 1709 votanti prese 488 preferenze, quasi un voto su tre.

 

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