Usi e Costumi

Filippo ‘u curallaro

di Francesco De Luca

“Al corallo ci ho pensato da uomo maturo. Prima, ho lavorato come pescatore e poi nella  excavation in America. Ma non erano per me”.
“E perché?” – domando. “Perché volevo lavorare in proprio e non sotto padrone”.
“Va bene,  –  dico  –  ma cominciamo dall’inizio”.

Siamo nella saletta d’aspetto dello studio del dottor Michele Vitiello, eccellente oculista a Le Forna. Filippo mi appare un po’ provato. Dà la colpa alle sigarette, alle tante sigarette fumate negli anni precedenti.

Cosa c’entrano le sigarette? Niente… oggi accompagna la moglie in visita dallo specialista. Nell’attesa si parla. In verità sono io che lo stimolo… e lo faccio perché in quel viso arso dal sole, sotto quei baffetti si celano storie e… vite.
Addirittura! Sì, vite, al plurale. Diverse per carica emotiva, per dislocazione geografica, per ricchezza di vicende.

Orbene a vent’anni Filippo lascia Le Forna e va in America. Nel Bronx ci sono tanti italiani e tantissimi ponzesi. A Ponza era imbarcato su gozzi che pescavano aragoste. Rammenta il detto del padre: petucchie tiene e petucchie farraie cu ‘i ravoste!

In America fa il manovale nelle excavation. Buona paga, ma il lavoro è duro e pericoloso. “Tre vote songo rimasto sotto a terra menata, sulo ‘a capa ‘a fore”. Resiste per farsi un gruzzolo da investire. Conosce la moglie Assunta Feola, la sposa, hanno un figlio.L’America non gli piaceva” – interviene la moglie. Perciò quando è pronto ritornano a Ponza. La barca già lo aspetta. Col padre e il fratello si avventurano nella pesca del corallo. Abbondante nelle acque della Sardegna.

“La barca?” chiedo. “Una barca comoda e affidabile”  – risponde.
“Marinai?” – chiedo. “Quattro o cinque”.
“Il mestiere?” –  chiedo. “Prima… quando l’ ingegno (1) si tirava a mano era un mestiere faticoso, ma a noi andava tutto a motore”.
“E tu… come facevi a sapere i posti?” – chiedo. “Utilizzavamo uno scandaglio meccanico… il Simitand… se si trovava la secca… era assicurato il bottino”.

“Ho fatto quel mestiere per vent’anni. Sempre con tranquillità. Eccetto una volta. Eravamo andati sotto l’isola di Sant’Antioco e avevamo trovato una secca. Dopo alcuni giorni vedemmo venire un gruppo di barche che si avvicinarono e gettarono i loro  ingegni sopra i nostri. Generando un pandemonio perché gli ingegni si accavallavano uno sull’altro e districarli è faticoso oltre che infruttuoso. Per due o tre giorni costoro, che erano pescatori di Torre del Greco, continuarono a dare fastidio”.
“Così?” –   “Così col mio ingegno cercai di impigliare i loro e poi puntai su Sant’Antioco, e li trascinai con me. La mia barca era più potente e riuscii a dar loro una lezione”.

Quando la regione Sardegna chiuse la pesca al corallo decise di aprire un negozio di bigiotteria a Ponza. Aveva le conoscenze giuste con rivenditori e orafi e iniziò una terza vita, quella di negoziante.

Filippo ‘u curallaro è il suo nome identificativo sull’isola. Carattere buono, impulsivo e sanguigno.

Troppe sigarette… in gioventù ne consumava parecchie e ora… si fanno sentire. Ma lui è risoluto, ha ancora tante vite da godere.

Note: 1 – Attrezzo che praticamente draga il fondo e gli scogli che incontra. Spezza i coralli che finiscono nella rete.

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