Racconti

Le traversate col mal di mare (‘i vummecàte)

di Domenico Musco

La traversata di mare tra Ponza e la terraferma  (il continente) è stata e sempre sarà un incubo per chi soffre il mare.
Chi come me  ha molte primavere sulle spalle e ha viaggiato fin da bambino per motivi di studio, ha conosciuto molte navi; ognuna ha delle caratteristiche proprie di navigazione che la fanno ‘ballare’ sulle onde in modo diverso, creando un malessere che inesorabilmente porta a una vomitata (spesso più di una, o una sola continua) durante la traversata.

Per capire bene come avviene questo fenomeno e bene sapere cosa avviene nel corpo umano dal punto di vista scientifico – non da medico, ma da (ex)professore di educazione fisica -, il malessere attacca dapprima i muscoli lisci dell’addome, poi tutto l’apparato muscolare in genere, levandoti tutta la forza, tanto da non farti  stare neanche in piedi; la sensazione di calore aumenta in maniera spropositata sul corpo e ti fa spogliare, hai sudorazione abbondante, nausea, testa che ti scoppia, malessere progressivo che culmina nell’atto del vomito. L’intero corteo di sintomi dell’attivazione del sistema nervoso autonomo parasimpatico: praticamente sei uno straccio

Per contrastare tutto questo i metodi inventati (e applicati) da molti isolani sono stati i più vari… Chi sostiene non bisogna mangiare così non essendoci niente nello stomaco uno non vomita… In realtà si riesce a vomitare pure la bile ed è molto peggio (sperimentato più volte).
Un altro metodo consiglia di mangiare tanto, prima, così una volta vomitato ti levi il pensiero e finisce la storia…Macché! pure questo è un fallimento perché è vero che liberavi la pancia ma il mal di testa, la sudorazione e le vampate di calore non te le leva nessuno.
Qualcuno ha provato (anche io), per distrarsi durante la navigazione, di portarsi del cibo (a quel tempo le classiche freselle, non ancora i crackers) appena saliti a bordo si cominciava a masticare piano piano fino all’arrivo ma anche qui il risultato era sempre lo stesso: si restituiva tutto al mare con gli interessi .
I metodi erano tanti ma per me tutti destinati al fallimento.

C’era poi la scelta del posto sulla nave che un po’ aiutava a spostare più in là l’inevitabile vummecata.
La scelta del biglietto era prima classe o terza classe (la seconda non c’era).
La terza classe per noi pendolari da collegio era la preferita per diversi motivi, sia economicamente, sia perché essendoci le panche ci si poteva sdraiare cercando di dormire e non pensare al mal di mare; aggiungo pure che stando praticamente sotto il livello del mare e al centro della nave, il movimento era molto attutito .
Ovviamente non c’erano solo vantaggi a stare in terza classe: la puzza di nafta e olio che veniva dalla sala macchina mischiato con gli odori della cucina di bordo che stava lì vicino facevano un arcobaleno di odori indimenticabile (e vomitevole)!

Con le vomitate abbinate a traversate burrascose c’è da scriverne una enciclopedia o come si dice adesso “farci una serie televisiva”.
Quelle che più mi sono rimaste impresse nella memoria sono una andata a Ventotene per santa Candida con mia madre: al ritorno una ponentata ci ha fatto vedere i sorci verdi (la nave era il Mmergellina). Un passeggero venne addirittura legato a un palo della nave (diciamo battello) mezzo spogliato  e tutto vomitato addosso perché si voleva buttare a mare per la sofferenza del mal di mare.

Mia madre – anche lei soffriva – ogni volta buttava a mare le scarpe come orazione e strillando chiedeva aiuto a S. Silverio. Bottiglie, valigie, borse varie  navigavano in un fiume d’acqua tra le sedie… Pure allora mi pare ci furono più tre ore di navigazione .

Una volta una mareggiata talmente forte ha fatto entrare l’acqua nelle bocche di aereazione che portavano l’aria in terza classe ed è cascata tutta in testa a un passeggero facendogli una doccia completa, pensammo tutti che stavamo affondando… La scalinata per salire in coperta era un fiume in piena che tracimava come una cascata d’acqua… noi tutti, pur col mal di mare, pensavamo che era arrivata la fine… siamo corsi sopra coperta per salvarci… Tra paura e mal di stomaco era tutta una sinfonia.

Di storie di traversate terribili per poi andare a Le Forna ad ormeggiare per il cattivo tempo in quanto il porto di Ponza era inaccessibile causa il forte levante e ce ne sono molte da raccontare. Scendere a terra con le barche a remi per poi prendere il pullman per Ponza dopo aver salito tutti i scalini di cala Feola con il malessere della traversata e bagagli in spalla ve lo lascio immaginare… a proposito mia madre era scalza perché anche in quella occasione aveva buttato le scarpe a mare.

Due stranezze incomprensibili su di chi soffre il mal di mare: è dimostrato che ci sono persone (di cui anche io faccio parte) che prima di salire sulla passerella per la traversata già vomitano pensando all’odore nauseabondo di nafta.
Un altro fatto che ancora mi fa invidia di tanti anni fa è che partimmo da Formia con l’Isola di Ponza con  la solita ponentata terribile. Gaeta lato Serapo era tutta bianca… Io andai di sopra sulle panche di legno esterne in posizione centrale per soffrire di meno.  C’era a bordo una famigliola di turisti stranieri che probabilmente era la prima volta che vedevano il mare e forse pure la prima volta che pigliavano una nave: i due figli giocavano a rincorrersi insieme ai genitori tra le panche, ovviamente stavamo al ridosso nella baia di Formia; io già pregustavo la vendetta di quando avremmo superato la punta di Gaeta e questi scellerati avrebbero imparato cos’è il mal di mare… Macché! Niente! Hanno continuato tutti a giocare e a ridere sulle onde mentre molti ponzesi battezzati con l’acqua salata si vomitavano pure gli occhi!

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