Editoriale

Epicrisi 409. Il tempo del disagio

di Enzo Di Fazio 

 

C’è un sentimento che pervade la maggior parte degli articoli della settimana che mi appresto a raccontare.
È il disagio, inteso in tutte le sue declinazioni: come malessere avvertito da chi scrive e che viene trasmesso a chi legge; come inquietudine legata all’incapacità di dare delle risposte ai problemi che si denunciano; come imbarazzo per l’approssimazione e l’indifferenza contro cui spesso ci capita di impattare.

Di disagio aveva parlato Silverio nella sua epicrisi di domenica prendendo spunto dal tema dell’isolamento che si avverte a Ponza soprattutto nei mesi invernali. Quell’isolamento che, esaltato dal mare grosso, dal freddo, dalla neve, può deprimere e intristire ma anche stimolare ricordi come quelli delle traversate degli anni 50/60 molto vivi in Pasquale Scarpati o riflessioni e momenti di introspezione come accade a  Silverio Lamonica  e Franco De Luca.

La tempesta di venerdì ha impressionato tantissimo al punto che se ne è parlato anche nei giorni successivi, in televisione, sui giornali con le testimonianze del capitano e del sindaco, anche lui sulla nave. È riemerso nella circostanza il problema della sicurezza del porto e si è fatto riferimento alla necessità di porvi rimedio.
E quando si parla di porti non si può non pensare anche a Le Forna. E’ di qualche giorno fa il provvedimento comunale che ha archiviato la pratica relativa al progetto di Marina Cala dell’Acqua, risalente al 2009, di realizzare un porto turistico nell’area ex-Samip. Non si riesce a definire il destino di quella zona e nel tempo rimangono in sospeso le aspettative della comunità locale e l’esigenza di riconversione dell’area. Innegabile il disagio che proviamo di fronte al pericolo di utilizzo speculativo, alla potenziale vendita per sanare il disavanzo comunale, ma anche all’immobilismo se nulla succede.

Il Maria Maddalena, coinvolto nella stessa burrasca mentre tornava a Terracina, ha subito seri danni al punto da essere costretto a sospendere il suo tradizionale servizio di trasporto carburante. È stato sostituito da un mezzo della Medmar che, per le dimensioni che ha, potrà svolgere lo stesso servizio di fornitura carburanti solo partendo da Formia. I cambiamenti comportano sempre dei disagi e spesso sono causa anche del sostenimento di maggiori costi.

Esiste a Ponza, come altrove, un problema del caro bollette.  Si sta cercando di venir incontro alle famiglie meno abbienti ma è anche  tempo di incrementare gli sforzi  per affrancarsi il più possibile da certe dipendenze. I finanziamenti messi a disposizione attraverso il PNRR vanno in quella direzione. Bisogna assolutamente dare maggior spazio alle fonti energetiche alternative.

Il territorio va riconsiderato nella sua evoluzione ma rispettato nella sua natura. Pasquale Scarpati (1) e (2) nel suo modo antropologico di raccontare Ponza, mette in evidenza i cambiamenti che ci sono stati, a volte efficaci e corretti, altre volte esagerati. Pasquale parla di esigenza di tornare alla vicinanza, intesa come capacità di comunicare e di rapportarsi agli altri, qualità che nel tempo si è deteriorata. Parliamo quindi di disagio nei rapporti umani che poi alla fin fine alimentano l’isolamento nei giovani come negli adulti. Si va via dalle piccole realtà, dai piccoli borghi, dalle piccole isole.

Il fenomeno della deurbanizzazione, si sa, è endemico nell’uomo. È dai tempi di Roma che si assiste alla migrazione dalle campagne verso l’Urbe. Ai giorni nostri il grande esodo, dai piccoli borghi verso le città industrializzate inizia con il boom economico del secondo dopoguerra, senza mai interrompersi. Uno spopolamento  che pone un limite alla sostenibilità territoriale e autorizza speculazioni turistiche ad alto impatto ambientale come si teme per Ponza.

L’iniziativa intrapresa per i piccoli borghi sta però dando dei risultati. C’è infatti anche un ritorno o quanto meno una possibilità di ritorno, come sta accadendo in alcuni esempi virtuosi discesi dall’applicazione del Piano Nazionale Borghi.
La pandemia da Covid-19 del 2020 ha imposto diversi cambiamenti nello stile di vita ma anche nell’approccio al lavoro, E’ innegabile che la nuova cultura del lavoro agile (smartworking) stia trasformando abitudini e prospettive degli italiani. Da un sondaggio è emerso che il 60% degli intervistati ha dichiarato che sta programmando di trasferirsi in maniera permanente in un borgo di campagna così come l’avvento del workation, cioè del lavoro svolto in vacanza, sta modificando la realtà dei luoghi turistici (1)

Ponza sicuramente è un luogo candidato a questo tipo di scelte. Condizione indispensabile è che si doti di un sistema di collegamento veloce, tema su cui – mi pare-  siano state dedicate da parte delle Istituzioni risorse ed attenzione.
Guardare indietro e avere nostalgia del passato non serve a nulla. Occorre un approccio diverso e apertura al cambiamento. Non si può risolvere un problema con lo stesso tipo di pensiero che si è usato per crearlo (mi pare l’abbia detto Einstein).

Nella direzione del cambiamento va, per esempio, l’istituzione dei corsi serali per adulti ed è ammirevole l’attenzione che si sta ponendo affinché ci sia partecipazione. Ne sono testimonianza gli interventi di professionisti del settore, come Silverio Lamonica e Franco De Luca. Conoscere, sapere aiuta ad affrontare meglio i problemi e a trovarne le soluzioni.

Come importante è conoscere il senso della Giornata della Memoria, di cui venerdì è stata ricordata la ricorrenza. Per evitare di incorrere negli errori del passato.
C’è qui il disagio con la voglia di recuperare per non dimenticare, che è quello legato al ricordo delle sofferenze di chi ha avuto solo la colpa di essere nato o di chi, per amore della libertà e la difesa dei diritti umani, ha rischiato la vita. Mi riferisco alla tragedia dell’olocausto e alle attività repressive del confino politico.
Alla Giornata della Memoria, come era doveroso fare, abbiamo dedicato diversi articoli con contributi di scrittori come Michele Serra, Corrado Augias, Sonia Edwards, o di registi come Polanski o fotografi come Horowitz, questi due ultimi testimoni di esperienze dirette. Tanti sono i contributi che vengono anche dall’arte, dal cinema, dalla letteratura.

Ce ne sarebbe da scrivere, come già feci nel 2018 quando mi trovai ad elaborare l’epicrisi (la n. 159) del 28 gennaio. In quello scritto ricordai le leggi razziali e la loro assurdità e ferocia che è bene non dimenticare mai.
Oggi come allora e come capita ogni volta che ci imbattiamo in testimoni che la Shoah l’hanno vissuta ci chiediamo che ne sarà del ricordo di quella tragedia nel momento in cui non ci saranno più quei testimoni. Venerdì sera è andata in onda su Rai1 Binario 21 con la testimonianza di Liliana Segre che da quel luogo, nascosto sotto la stazione di Milano, il 30 gennaio del 1944 partì con un treno che la condusse, appena tredicenne, al campo di sterminio di Auschwitz insieme ad altre 604 persone fra cui il padre Alberto. Fecero ritorno solo in 22.

Avevo ascoltato nel pomeriggio l’intervista a Tea Ranno che racconta la genesi dell’ultimo suo libro, Un tram per la vita, in cui tratta la storia di Emanuele Di Porto, un bambino ebreo che il 16 ottobre del 1943 riesce a salvarsi dalla retata dei tedeschi rifugiandosi, e poi rimanendo per più giorni, su un tram. Una storia scritta per restituire la speranza dice Tea. Oggi Emanuele ha 91 anni e ricorda perfettamente quei tempi e soprattutto ricorda la separazione dalla madre caricata su un camion e portata via.  C’è un passaggio molto toccante in quello che dice la scrittrice. Racconta dell’incontro di Emanuele con gli studenti che, poi con calore, ha abbracciato uno ad uno. Ecco quegli abbracci hanno un grande valore perché il corpo conserva la memoria e con l’abbraccio tutti diventano testimoni.

Così è successo venerdì sera a Binario 21 con Liliana Segre mentre ricordava e raccontava davanti al treno, normalmente adibito a carro per il trasporto di bestie, il viaggio che aveva condotto lei e migliaia di altre persone ad Auschwitz. Questo il grande valore della testimonianza di chi ha vissuto la storia.
Ecco da dove nasce il disagio. Nel momento in cui non ci sarà più Liliana Segre che gira per le scuole a raccontare, o Sami Modiano o Edith Bruck o le sorelle Bucci che ne sarà della Shoah? C’è il rischio come ammonisce la stessa senatrice, costretta a girare con la scorta (uno dei risultati più tristi della perdita di significato della Shoah come segno di unità nell’Italia dell’antifascismo e della Costituzione (2)), che nei libri di storia se ne parli sempre di meno, fino a rimanere una sola riga e poi nemmeno quella.  Allora diventa sempre più importante legare la memoria al recupero dei luoghi, come il Binario 21 o come la Risiera di San Saba a Trieste o come il Museo della Shoah al Portico d’Ottavia di Roma o come le pietre di inciampo che invitano a fermarsi, a dire una preghiera, a dire quel nome.

Come stiamo cercando di fare a Ponza con i luoghi del confino e con il progetto di creare un museo. Come hanno fatto Candida Carrino, direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli, e Anthony Santilli, responsabile dell’Archivio storico di Ventotene con la realizzazione della mostra Isolamenti per raccontare le vicende delle carceri di Procida e Santo Stefano dal 1770 al 1860. Un vero e proprio viaggio nl tempo attraverso documenti di archivio anche inediti.
Raccontare, testimoniare, ricordare… per non dimenticare

L’isola e la memoria, questi i temi portanti, Poi c’è tanto altro che ha ospitato il sito:
La scomparsa di Silverio D’Atri, figura storica dell’isola, prima come panettiere e poi come pizzaiolo. Persona squisita, uomo d’altri tempi per correttezza e laboriosità;
In viaggio con mamma e papà che fa pensare alle occasioni perse con i propri genitori… per chi ha una certa età.

Quindi le pagine dedicate alla cultura, ai libri, a figure storiche del passato con:
Lambertucci su Focus Storia
Goliarda Sapienza a Palmarola
– la presentazione del libro Ritratti di Leadership di Emilio Iodice al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli
L’isola di Edoardo

 

Ho lasciato per ultimi i tre articoli sul tempo dei Queen (1), (2), (3), il poderoso lavoro fatto da Sandro partendo dall’ultima presentazione fatta da Alessandro Alfieri al teatro Manzoni lo scorso 18 gennaio.
È notevole questa serie svolta da Alessandro Alfieri, filosofo militante e ‘mass-mediologo’ che attraversa gli anni che noi abbiamo vissuto  – quelli della mia generazione intendo – travolti e a volte frastornati dalla vita che ci urgeva intorno, senza forse coglierne i risvolti meno immediati ma più profondi. Che lui affronta dal punto di vista dei movimenti musicali. Ci ha parlato degli anni ’50 con Elvis Presley, dei favolosi ’60 dominati dalla musica dei Beatles, del rutilante ventennio ’70-’80 attraverso i Queen – …e già ci ha avvertiti:  “Preparatevi al peggio”, con gli anni ’90 e i Nirvana.
Se ci dovevamo preparare al peggio negli anni ’90 che a guardarci indietro sembrano un paradiso perduto, che dovremmo dire oggi?

Speriamo sempre che una luce, una speranza si accenda… Nel frattempo, buona domenica!

 

note
(1) dall’articolo “Borghi italiani e spopolamento: ecco come si sta intervenendo”, articolo di Martina Tolaro pubblicato su BuoneNotizie.it il 21.02.2022
(2) Milena Santerini, vice presidente del Memorial della Shoah di Milano in “Shoah, dopo i testimoni” pubblicato su La Repubblica del 27 gennaio 2023

 

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