Attualità

In viaggio con mamma e papà

proposto da Sandro Russo

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Delle tante cose un po’ folli che ho fatto nella vita, di una vado particolarmente fiero.
Un viaggio a Parigi con mia madre e mio padre. Eravamo negli anni Ottanta.
Nessuno dei due aveva mai preso l’aereo. I loro viaggi erano stati per mio padre (classe 1912) l’Africa, ma non esattamente un viaggio di piacere: – fantaccino nella campagna d’Abissinia voluta dal ‘regime’ – diceva lui, ma di quella storia non ci volle mai parlare. Caratterialmente sedentario, anche se aveva avuto una parentesi lavorativa a Roma, come “marconista” all’Italcable.
Mia madre invece (del 1920), per temperamento più avventurosa e ‘girandolona’ – chissà, forse il DNA ponzese! – si imbarcava per tutti i pellegrinaggi in corriera che venivano proposti al suo gruppo di amiche, e ne tornava sempre molto contenta.
Quella di Parigi non fu una loro richiesta; ma per quanto sorpresi, non dissero di no.
Organizzai tutto io da Roma. Avevo prenotato una macchina senza autista: l’avrei trovata all’aeroporto e riconsegnata allo stesso posto dopo una settimana. Avrei guidato io, fidandomi delle qualità di “navigatore” di mio padre, che con le mappe era bravo…

Non racconterò qui la storia la storia di quel viaggio di noi tre a Parigi. Lo farò un’altra volta. L’ho appena ricordato perché attraverso le solite vie improbabili da cui riemergono degli scritti letti e messi da parte, ho ritrovato un breve pezzo di Gabriele Romagnoli (è uno scrittore e giornalista di Repubblica, nel mio personale Olimpo di scrittori che leggo e vado a cercare sempre), e tanto mi è piaciuto rileggerlo, che ho pensato di condividerlo con i lettori di Ponzaracconta.
Sono restato a pensarci su… Credo che fare un viaggio con i propri genitori sia proprio una grande idea, fuori dalla routine familiare, con una meta inusuale. Per molti di noi è tardi, purtroppo; casomai qualcuno è nella condizione di essere invitato a un viaggio dai propri figli o nipoti: nel caso accettate senza esitazione! Ma per chi è più giovane ed è ancora in tempo, è un consiglio che mi sento di dare con tutto il cuore.
Ora leggiamo insieme Romagnoli.

Una passeggiata a New York con mia madre
di Gabriele Romagnoli 

Dieci anni fa una passeggiata imprevista lunga chilometri è occasione per raccontarsi: la guerra, il lavoro in ospedale, la nascita di un figlio… “Ci misi un po’ a capire che la città era superflua, avremmo potuto essere ovunque, non avevamo mai fatto tanta strada insieme e quella era la sua vera vacanza”

Non tutto, una cosa soltanto su mia madre. Perché accadde in un giorno di giugno e perché è quel che mi ritorna più spesso in mente di lei. Era una mattina calda a New York, dieci anni fa, quando lei ne aveva quasi ottanta. Avevo invitato lei e mio padre. Al tempo stavo dalle parti di Wall Street, il cantiere della Freedom Tower aveva smesso da poco di fare rumore. Era un sabato mattina e dovevo fare una commissione vicino a Union Square. Chiesi ai miei genitori se volessero accompagnarmi e vedere quella parte di città. Mio padre aveva male a un ginocchio e passò. Mia madre colse al volo l’occasione. Scendemmo e fermammo un taxi. Guidava una donna, particolarmente allegra. Chiese se andava bene per noi prendere la West Side Highway, una specie di tangenziale ovest lungofiume. Dissi di sì. Partì a razzo e la imboccò. Contromano. Mia madre, che non parlava inglese, continuava a guardare fuori tutta contenta, osservava i grattacieli e li confrontava con la campagna della sua infanzia. Io pensavo che di lì a poco saremmo morti.

Durante i viaggi di famiglia, da bambino, quando si presentava un presunto pericolo lei diceva: «Se moriamo adesso che siamo insieme, va bene». A sette-otto anni avrei avuto da obiettare. Quel giorno mi resi conto che stavamo per abbandonare per sempre mio padre in fondo a Manhattan. Col suo perfetto dialetto bolognese se l’era cavata a Parigi, ma a New York? Cercai di non spaventare mia madre e di far rinsavire la tassista, due cose che non si tenevano insieme.
Venne in soccorso una pattuglia della polizia a sirene spiegate. Fece accostare il taxi e scendere la conducente. L’ammanettarono. Io spinsi fuori mia madre, che non capiva: «Credo avesse la patente scaduta. Sai, qui lo rilevano a distanza», mentii.
Ci allontanammo, entrando nella foresta edilizia. Il mio cuore rallentò, il suo non perdeva un battito. Le proposi di camminare fino alla meta: «Te la senti?». Eccome. Per tutto il percorso mi raccontò della guerra, delle notti nei rifugi sotto i bombardamenti, del lavoro in ospedale in un reparto diretto da suore, la cui capa si chiamava curiosamente Suor Regina e, ovviamente, della mia nascita, fatica che la spedì per qualche giorno tra la vita e la morte (ma i dottori pronosticarono la seconda). Arrivammo, feci quel che dovevo. Lei propose: «Torniamo a piedi?». Guardai la torre: era lontana come un miraggio, ma lei era già partita. C’era il secondo capitolo della sua biografia da svelare. Andammo.

Ci misi un po’ a capire che New York era superflua, avremmo potuto essere ovunque, non avevamo mai fatto tanta strada insieme e quella era la sua vera vacanza. Quello il traguardo a cui un taxi contromano guidato da un’autista ubriaca ci aveva condotto dopo decenni. La seconda parte di quel monologo fu una consegna per gli anni che sarebbero venuti: «Adesso posso accettare che tu non sia diventato un medico, conta solo che resti onesto».
Anni dopo andai a trovarla nell’ospedale della sua città. Aveva, di nuovo, diagnosi incerte. Capii che non ce l’avrebbe fatta quando le proposi una passeggiata insieme in giardino. Si alzò, fece pochi passi in corridoio agganciata al mio braccio, poi disse: «Possiamo rientrare?».
Credo fermamente negli universi paralleli. E quindi nella ripetizione delle situazioni nel tempo e nello spazio. Così stando le cose in qualche parte dell’infinito io e lei stiamo ancora camminando per le strade di New York, la torre della libertà sta crescendo, mio padre ci aspetta. E torniamo a casa.

[Di Gabriele Romagnoli – Da la Repubblica del 29 agosto 2022]

1 Comment

1 Comment

  1. Pino Moroni

    23 Gennaio 2023 at 19:31

    Mi è piaciuto moltissimo “Una passeggiata a New York con mia madre” di Gabriele Romagnoli.
    Quando lavoravo a Washington (ottobre 1979) ho fatto belle escursioni con mia madre (e con l’amico Piero che l’aveva accompagnata in America), tra cui anche New York.
    In quel caso la scoperta e le difficoltà di un mondo così diverso avevano prevalso sulla parte poetica. E l’avevo completamente dimenticato. Ricordo solo le tante cene preparate dalla cuoca italiana (mia madre) per tutti gli entusiasti amici e colleghi americani, tra cui anche una ‘fidanzata’ (che chiaramente a mia madre non piaceva).
    Storie diverse!

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