Racconti

Senza disturbare la notte…  (1)

di Sandro Russo

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…noctes vigilare serenas quaerentem dictis quibus et quo carmine demum clara tuae possim praepandere lumina menti, res quibus occultas penitus convisere possis
…vegliare durante le notti serene, cercando con quali parole e con quale poesia io possa accendere innanzi alla tua mente
una chiara luce, con cui scrutare a fondo le cose nascoste
[Lucrezio (Tito Lucrezio Caro 98 a.C. – 55 a.C.): “De rerum natura” Libro 1, vv. 140-145]

Come flussi e reflussi di un’onda alcune abitudini si lasciano e si riprendono nel corso della vita. Così è stato per me stare sveglio, vivere di notte.
Fu la scoperta di una libertà straordinaria seguita all’adolescenza e alla prima giovinezza vissute in famiglia. La vita da studente portò a selezionare spontaneamente quel primo, inoffensivo tentativo di ribellione, in anni – della storia personale e di un’intera generazione – densi di cambiamenti e di nuove consapevolezze.
Al ricordo sembra di aver vissuto quel lungo periodo di quasi cinque anni alla Casa dello Studente, in un presente continuo; una allegra superficialità intercalata a depressioni drammatiche, coincidenti di solito con il periodo degli esami.
Erano più corte le notti, allora, per le strade di una città tutta da scoprire o ad un tavolo di poker, o anche in discussioni interminabili, musica e cose piacevoli.
Di giorno prevalentemente si dormiva, non prima di essere passati alla mensa, alle sette in punto, a fare colazione e per gli sfottò di rito ai ‘regolari’ (quelli di Ingegneria) che andavano a lezione…
Quella consuetudine, o familiarità con la vita della notte e i suoi abitatori, è riaffiorata più volte negli anni, come una rinnovata scoperta. E’ stata di grande aiuto nella vita lavorativa, nei turni notturni di guardia; si è prolungata a dismisura negli sfasamenti del ritmo sonno-veglia dopo un prolungato soggiorno all’estero.
La sensazione più bella dei viaggi è per me il ritorno. Non mi piace partire – mi ci costringo fino a non potermi più tirare indietro – ma adoro tornare. Rivedere le cose di sempre con occhi diversi; confrontarne la memoria, le minuzie del particolare in relazione con il vasto mondo.

La bacca di Physalis alchechengi (Lampioncini – Fam. Solanaceae), una volta che il rivestimento esterno (di un bel colore arancione) si è dissolto. La bacca è commestibile, di sapore acidulo; sulle Dolomiti l’ho trovata in vendita rivestita di cioccolato

La prima notte che segue al ritorno è anch’essa un’avventura…
Può succedere che mi svegli a notte fonda. Secondo il mio tempo interno sono le sette del mattino; nella realtà sono le due di notte. Ho dormito solo tre ore. La stanza è piacevolmente calda: qualcuno ha avuto la cura di accendere il camino e la stufa; ma è l’esterno che mi chiama…
Gesti noti, antiche abitudini. Senza disturbare la notte, mi muovo tra muri e su tetti amici, per vie conosciute. Bisogna spostarsi in silenzio, rispettando il silenzio più grande che è intorno; ma anche così gli animali si accorgono di una presenza estranea. Fruscìi di topi e il volo attutito di uccelli notturni.
Non mi accorgo nemmeno del tempo che passa, mentre faccio gesti consueti, fermando lo sguardo su profili conosciuti, tagliati dalla luce della luna. Un passo dopo l’altro, mantenendo l’equilibrio tra i sassi; le pupille aperte come i gatti, lasciando entrare la notte dagli occhi, dalle orecchie e dalle narici. Il tronco del pino è ancora caldo sotto le mani, le sue squame sono la pelle di un gigante. L’erba è fresca e profumata, se ci si stende sopra e ci si appoggia il viso: i gatti l’hanno capito che è un gioco…
Mi hanno sorpreso i gatti, con la pelliccia tanto folta che quasi non li riconoscevo, da spelacchiati che li avevo lasciati alla fine dell’estate, alcuni mesi prima.


Ne è passato di tempo… Ed è sorprendente questo ritorno a casa. La notte mi è balzata addosso con i suoi bianchi e i suoi rosa, alla luce della luna. Solo grazie ad essa mi accorgo di essere arrivato in tempo, per la fioritura delle camelie.


Alla prima luce dell’alba due passi nel giardino, nell’orto e nei campi. Le piante potate, i primi fiori, quelli precoci; ma gli altri sono lì che premono da sotto la terra. L’inverno che sta per finire ha lasciato indietro qualche seme o qualche frutto, in forme astratte, irreali alla luce della luna.

I semi (acheni) piumosi di Clematis vitalba. Rimangono a lungo sulle siepi d’inverno, fino a che il vento non li disperde

Immagine di copertina. Il contenitore traslucido dei semi (2-3) della Lunaria annua (Fam. Brassicaceae)

[Senza disturbare la notte…  (1) – Continua qui -> Il signore delle camelie]

2 Comments

2 Comments

  1. Enzo Di Fazio

    19 Gennaio 2023 at 11:02

    Molto bella questa “confessione” di Sandro. Nel leggerla mi sono sentito al suo fianco per come è stata raccontata ma probabilmente perchè anche io provo piacere tuffarmi, ogni tanto, in ore inconsuete in mezzo alla natura. Non alle due di notte, ovviamente, ma poco prima dell’alba si. Per assaporarne il risveglio ma anche la vita, entrambe esaltate dal silenzio che di norma avvolge ogni cosa.
    Questa abitudine mi deriva dal modo di vivere dei fanalisti; risale, quindi, ai tempi in cui da ragazzo trascorrendo, assieme a mio padre, varie stagioni nei fari di Zannone e della Guardia mi svegliavo presto al mattino per andare a pesca o semplicemente per gustarmi le albe. Complici la solitudine e il silenzio erano quelle delle straordinarie occasioni per soffermarsi anche sulle piccole cose, come la capacità della tela di un ragno, apparentemente fragile, di reggere il peso delle gocce di rugiada.
    Non vedo l’ora di “assistere” alla fioritura delle camelie che sarà raccontata nella seconda puntata

  2. Pino Moroni

    19 Gennaio 2023 at 11:58

    Un pezzo letterario, poetico e sensitivo. Ho vissuto anch’io certe notti magiche nella natura. È come diventare un altro se stesso, un alieno sulla terra.

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