Giovani

I nostri adolescenti sempre più soli

proposto dalla Redazione

Su un argomento che ci sta molto a cuore sono usciti proprio ieri, 12 genn. 2023, due articoli su la Repubblica, rispettivamente di Claudia de Lillo, in Commenti: “I social della solitudine” di Maria Novella De Luca, in Cronaca (nazionale): “Cerco amici per uscire!”. La solitudine dell’influencer e i ragazzi malati di social” (pagina intera in formato .pdf a seguire).
In fondo,
di nuovo in chiaro, un articolo da noi selezionato del 1° ottobre 2018, da lacnews24.it: “Istat, giovani invisibili: sempre più connessi, soli e solitari”.

I social della solitudine
di Claudia de Lillo  – Da la Repubblica del 12 gennaio 2022

I giovani sempre davanti a uno schermo. La ricerca di connessioni virtuali rispetto a quelle reali

Nel nostro immaginario c’è un quadretto straziante, l’iconografia di un incubo senza tempo. Interno giorno: una tavola imbandita di leccornie, un salotto addobbato con festoni e palloncini. Nel frigorifero una torta, la scritta “tanti auguri” vergata con la crema al cioccolato. Le candeline pronte per essere accese e poi spente al momento giusto. È tutto pronto: una madre trepidante, un fratello piccolo escluso e di pessimo umore in un angolo, il fremito dell’attesa. Lui o lei, adolescente, protagonista della festa, impavido sulla scena, aspetta gli invitati. Il tempo passa, cinque, dieci, sessanta minuti; ormai è tardi. Non arriverà nessuno. Il disastro è compiuto, la tragedia consumata, la torta intonsa.

Abbiamo imparato, a fatica, a dirci fragili, inadeguati, persino guasti e falliti, ma soli no, soli mai. Perché la solitudine era l’ultima frontiera dell’indicibile.
Oggi non più. Intorno a noi il mondo pullula di ragazzi soli, disincantati protagonisti di feste che non saranno celebrate, stelle flebili su palchi deserti, monadi affacciate su illusorie e virtuali finestre.
Ognuno di loro, da un’età troppo tenera, tra le mani ha un canale aperto sull’infinito che non si chiude mai, neppure di notte. Grazie ai loro smartphone, ai loro tablet, ai loro computer, arrivano dovunque e raggiungono chiunque. Che bisogno c’è di uscire? Perché rischiare di invitare a casa qualcuno che potrebbe essere antipatico o addirittura latitante? Perché esporsi, mettersi in gioco, magari farsi male, se tutto succede qui, al sicuro, nella vertigine di uno schermo?

I nostri figli, nipoti, fratelli minori, creature ibride, in divenire, in procinto di spiccare il volo, non hanno compagni di viaggio in carne e ossa con cui affrontare la vita. Se va bene hanno qualche follower, più spesso seguono straniti le vite sfavillanti e inverosimili dei loro pari, impudichi nei loro balletti, nei loro pensieri sghembi, nelle loro immagini filtrate.
Un giorno poi qualcuno di loro apre gli occhi. Alza il velo su una festa deserta. “Sono solo. Qualcuno vuole uscire con me?”. L’appello rimbalza, di stanza in stanza, di schermo in schermo. Il re è nudo e gli adolescenti sono soli. Talmente soli che dirlo non è più un tabù ma la mera constatazione di un dato di fatto.
In un’età in cui gli amici dovrebbero essere la stella polare, la misura del mondo, l’unico parametro degno, gli amici non ci sono.
I nostri figli sono fragili, inadeguati e un po’ guasti, come lo eravamo noi e come lo erano i nostri genitori. In più però sono anche soli.

Come è potuto succedere? Eppure li vedevamo mentre si ritraevano nei loro schermi come tartarughe nel guscio. Come abbiamo potuto permetterlo? Forse perché neppure noi conosciamo gli strumenti per difenderci da quel canale vorace e sempre aperto. I nostri figli sono naufraghi alla deriva perché lo siamo anche noi adulti.

Qualche giorno fa a Seattle le scuole pubbliche hanno intentato una causa contro TikTok, Instagram, Facebook, YouTube e Snapchat, accusandoli di essere responsabili dell’aumento di ansia, depressione, problemi alimentari e cyberbullismo tra i più giovani.
Chiedono un risarcimento per i danni subiti.
E noi, che non viviamo a Seattle, come possiamo arginare un problema universale?
Da piccola odiavo partecipare alle feste dei miei amici ma mia madre mi obbligava ad andarci. “Dopo sarai contenta”, diceva. Quel “dopo” era l’abisso in cui sarei precipitata, pensavo. E invece aveva ragione.Le rivoluzioni cominciano da basso. Staniamo i nostri figli dai loro antri, buttiamoli fuori di casa tutti insieme. Riprendiamoci il nostro ruolo di genitori, cerberi, legislatori. Assumiamoci la responsabilità di spegnere i loro cellulari, a costo di diventare loro nemici. “Dopo sarete contenti”. È uno sporco lavoro il nostro, ma qualcuno deve pur farlo.

[Di Claudia De Lillo Da la Repubblica dell’11 gennaio 2022]

La Repubblica 12.01.2023. M.N. De Luca. Ragazzi malati di social p. 17

***

Istat, giovani invisibili: sempre più connessi, soli e solitari
di Lo. C. – 1 ottobre 2018 – Da lacnews24.it

Il dato emerge dall’ultimo dossier sulla qualità della vita. E dal Giappone anche in Italia arrivano gli hikikimori

Hikikomori è il termine giapponese con il quale si indica un nuovo fenomeno. Una condotta improntata alla solitudine, al contatto sociale filtrato solo dalla tecnologia. Gli Hikikomori comunicano via Whatsapp e Telegram, usano i social come Facebook, Twitter e soprattutto Instagram, giocano ai videogames, guardano film in streaming o sulle piattaforme di intrattenimento come Netflix. Ma la comunicazione finisce lì. Non evolve al livello successivo, dell’incontro, del dialogo.

Il fenomeno è stato osservato per la prima volta in Giappone. Hikikimori, in lingua nipponica vuol dire letteralmente ‘stare in disparte’, ‘ritirarsi’. Un comportamento che di solito riguarda gli adolescenti o i giovani adulti, ma si sta diffondendo sempre di più anche nelle altre fasce di età, anche grazie al fatto che oggi quasi tutto, dalla spesa, all’ordinare pranzo e cena, ad acquisti di qualsiasi tipo, può essere fatto on line, senza uscire di casa ma semplicemente collegandosi a Internet.

L’ultimo rapporto Istat conferma la tendenza. Gli hikikimori italiani sono in esponenziale aumento. I giovani italiani, secondo l’istituto di statistica, stanno diventando sempre più solitari e raramente escono più di una volta a settimana. Anche loro, come i simili del sol levante, tendono a ridurre al minimo i rapporti diretti, anche quelli di coppia, a beneficio di quelli filtrati dai social o attraverso i servizi di messaggistica istantanea.

Secondo gli studi di settore dell’Istat che analizzano la qualità e gli stili di vita degli italiani, un giovane su 3 non esce con gli amici neanche una volta a settimana. Conduce, quindi, una vita in solitudine, con pochissimo tempo da dedicare ai rapporti affettivi e sociali. Insomma, stiamo diventando tutti casa e lavoro. E in parte la continua ricerca di solitudine potrebbe dipendere proprio dai ritmi lavorativi frenetici. Dopo una giornata di pubbliche relazioni, riunioni, incontri, difficile che si abbia voglia di socializzare. Ma non tutti sono così.

Due italiani su 3 incontrano gli amici nel tempo libero almeno una volta a settimana: tra questi, però, solo il 18,3% li vede tutti i giorni. La frequentazione più assidua riguarda soprattutto i ragazzi: ben 9 giovani su 10 escono con gli amici almeno una volta a settimana.

1 Comment

1 Comment

  1. Maria Silvia Pérsico

    23 Gennaio 2023 at 19:53

    “Siamo tutti naufraghi alla deriva”. Questa è l’espressione più incisiva che mi viene di isolare dal bell’articolo de la Repubblica. Ma gli adolescenti soffrono di più perché stanno crescendo e sono più vulnerabili all’assedio delle reti sociali. Mi rendo conto anche dei loro effetti positivi, che non sottovaluto, ma credo che i genitori e anche la scuola, la società insomma… tutti insieme siamo responsabili della loro crescita e maturazione. Poi facciano pure le scelte che vogliono!
    Questo mi detto mia mamma quando volevo abbandonare l’Università. E non l’ho fatto.
    Maria Silvia

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top