Teatro

La Commedia dell’Arte

di Nazzareno Tomassini

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Alla fine un articolo per il nostro Bollettino l’ho scritto. Lo propongo anche per Ponzaracconta. Con l’occasione vi faccio tanti Auguri per un 2023 meno peggio del 2022…
Buon Anno
Naz

Tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre la Maison de la Culture di Bourges ci ha offerto la straordinaria opportunità di assistere a due spettacoli di produzione italiana o con riferimento al teatro italiano: Misericordia e La Roulotte d’Arlequin. Soprattutto questo secondo spettacolo ci ha spinto a parlare della forma di teatro su cui si basa: la Commedia dell’Arte.

La sua origine viene fissata intorno alla metà del XVI secolo, quando emerge il bisogno di cercare una maggiore capacità di espressione teatrale, al di là delle opere redatte da commediografi e attori professionisti riconosciuti come tali. Alla base delle recite c’è infatti l’improvvisazione, con tanto di ingegnosità e astuzia, ma anche di ingenuità. In altri termini, varrà più l’immaginazione che la memoria.
Ovviamente, non si esclude la presenza di canovacci, preparati per avere un’idea più o meno completa di quello che si andrà recitando. Il testo dovrà essere comunque pieno di lazzi, quelli che in Francia vengono chiamati più chiaramente “giochi di scena comici”. Del resto, gli attori sono piuttosto dei saltimbanchi o degli istrioni, dotati di notevole talento mimico.

L’altro elemento fondamentale è l’uso della maschera, per cui per lo spettatore diventa più importante il personaggio interpretato che l’attore che lo interpreta.
L’uso della maschera sarà così all’origine di personaggi sempre più riconoscibili, che finiranno per essere facilmente identificati a seconda della regione italiana più frequentata e del dialetto con cui si esprimeranno. Non a caso le maschere più celebri diventeranno Pantalone a nord, Arlecchino al centro e Pulcinella nel sud dell’Italia.
Vale la pena ricordare comunque altre maschere più o meno note, come Capitan Matamoro, il Ruzzante, Brighella e Pierrot (con Colombina).

Carlo Goldoni – il Molière italiano – sarà attirato da Arlecchino e non si esimerà dallo scrivere comunque un testo tradizionale dove gli attori devono recitare come si deve. Il suo “Arlecchino servitore di due padroni” otterrà ugualmente successo.
Per contro Dario Fo nel 1997 ritorna alle origini; rendendo omaggio ad Angelo Beolco, detto il Ruzzante, presenta “Mistero Buffo”, una commedia che lo renderà famoso e per la quale otterrà il premio Nobel per la letteratura. Il bello è che si tratta nuovamente di teatro popolare di origine medievale, pieno di immaginazione ed improvvisazione, tant’è vero che ogni replica non sarà mai uguale a quella precedente.

Venendo ad Arlecchino, è interessante la maniera con cui lo descrisse Raffaele La Capria, noto scrittore napoletano scomparso di recente:
Con la sua veste dai molti colori (che sono in realtà toppe e rammendi), Arlecchino è il simbolo della rappezzata Italia dalle molte diversità, l’Italia delle cento città e dei mille paesini, dei numerosi dialetti e delle tante culture, l’Italia delle infinite opinioni contrastanti, l’Italia divisa e sempre impegnata in un feroce disaccordo con sé stessa. E però, da un altro punto di vista, non è unico e meravigliosamente appariscente il vestito di Arlecchino? E non è unica e di colori splendida la lingua italiana, unica e unificante ancor prima di ogni unità politica? Non è unica e meravigliosamente multicolore la Natura, l’Arte e la Lingua del paese e la vivacità dei suoi abitanti? È vero, Arlecchino con le sue piroette nasconde l’astuzia e il finto ossequio verso l’eterno padrone, lo deride continuamente, e anche in questo rivela la natura servile degli oppressi dalla storia, una storia di cui è comunque inconsapevole”.

Di Pulcinella La Capria dice che “viene dal profondo sud, dagli inferi, e che combatte con il diavolo, con la Morte (e la uccide!), sempre perseguitato dalla fame divorante e guidato dall’istinto di conservazione; Pulcinella che dà mazzate e le prende di santa ragione, a tutto sopravvive perché lui è un eroe di sopportazione”.
Anche lui non rappresenta bene lo spirito italiano?

[Di Nazzareno Tomassini, in condivisione con il Bollettino degli italiani in Francia, edito a Bourges]

Il contributo-commento del sito a questo bell’articolo di Nazzareno sulla Commedia dell’arte è questo breve video tratto da Che cosa sono le nuvole di Pier Paolo Pasolini, con Totò e Ninetto Davoli (e molti altri), nella parte di marionette avviate alla discarica da un ‘mmonnezzaro che canta: Domenico Modugno. Dal film a episodi Capriccio all’italiana (1968) con Totò, Ninetto Davoli, Laura Betti, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Domenico Modugno, Adriana Asti.

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