Storia

“Quanto piace al mondo è breve sogno”. Il racconto di Cola di Rienzo (1)

di Fabio Lambertucci

 

Fabio Lambertucci torna sul luogo del delitto.
Dopo aver già presentato la figura di Cola di Rienzo sul sito quasi due anni fa [leggi qui e qui], riprende e completa la rivisitazione del personaggio in forma letteraria – la chiama divertissement – comunque sempre con una solida aderenza alle informazioni storiche sul tema, come documentato dalle numerose note (riportate alla fine di ciascuna sezione)
Il racconto è qui presentato in quattro parti, di tre capitoli ciascuna.
È una lettura interessante; addirittura vi compare anche Ponza!
La Redazione

“Quanto piace al mondo è breve sogno” (*). Il racconto di Cola di Rienzo
Divertissement medievale storico-letterario in XII capitoli
di Fabio Lambertucci – 2022

Cap. I – Come novello Enea…

Mar Tirreno centrale, 17 aprile 1347
Il vento stava rinforzando e nere nubi si stagliavano all’orizzonte poco dopo il porto di Civitavecchia. La galea commerciale (1) della regina Giovanna d’Angiò (2), diretta a Napoli, su cui mi ero imbarcato a Marsiglia, si trovò quasi subito travolta da una burrasca: il mare si agitava con insistenza, senza misericordia. L’oscurità calò orribile e i venti erano così contrari che anche gli abili marinai d’Ischia avevano perso ogni speranza.
Corsi dal capitano della nave e gli gridai: – Dobbiamo tornare indietro, a Civitavecchia!
– Messer Enea Flavi, lei faccia lo scribacchino, che questa nave la comando io! – mi rispose a tono – Andiamo avanti, ci rifugeremo nella foce del Tevere!
I marinai si diedero molto da fare e la nave giunse all’imbocco del fiume. Con grande pericolo riuscimmo ad entrare e sperammo di essere finalmente in salvo. Illusione. Quando la nave fu nel mezzo del canale tra Ostia e Porto (3) si bloccò perché toccava terra.Sapemmo poi che quel posto era detto “malo passo”, l’acqua aveva poco fondo e i marinai genovesi e siciliani lo “schifavano”. Anche il fiume però era in tempesta e la nave arenata era sballottata dalle onde.
Credemmo tutti di dover morire proprio quella notte ma per fortuna il giorno ci soccorse con la sua chiarezza. Il grande chiasso che facemmo fu udito al castello di Porto.
Con immensa gioia, vedemmo arrivare gente su barchette.
– Ehi, della nave, preparate i fiorini che vi facciamo sbarcare noi! – urlavano.
Aprì la scarsella di cuoio e pagai salatamente il mio salvataggio assieme a un frate e cavaliere di Narbona, Montréal d’Albarno (4), che rimase così senza soldi. Lo stesso fecero gli altri passeggeri, in gran parte mercanti e qualche donna, e vennero portati a terra.
Ad un tratto vidi arrivare un cavaliere che impartiva ordini a tutti. Chiesi chi fosse.
E’ Martino di Porto (5), il nostro signore! – rispose un barcaiolo. Il padrone della galea lo informò che la nave era proprietà della regina Giovanna di Napoli, così come i tessuti, che valevano ben ventimila fiorini, e i denari delle tasse della Provenza, sua contea. Oltre a sacchi di pepe e cannella.
Molto bene, oggi per me è un gran giorno! – disse Martino.
– Dobbiamo sbarcarli, per favore! – pregò il capitano.
No! Restano dove sono. Ora è tutto mio! Chi pericola in mare pericoli in terra! Il vostro compito è finito, via! – concluse Martino.

Il mio viaggio verso Napoli si era così interrotto. Tornato il bel tempo, mi avviai, come novello Enea sbarcato sui lidi laziali, verso Roma, dove speravo di essere ospitato da un notaio della Camera Capitolina che avevo conosciuto qualche anno prima ad Avignone (6), alla corte di papa Clemente VI (7), dove si era recato come ambasciatore, quando lì frequentavo il grande poeta aretino Francesco Petrarca (8) che nel 1341 sul Campidoglio era stato incoronato del lauro poetico e proclamato cittadino romano.

Note al capitolo I
1) – Galea: nave da commercio o militare a remi e a vela, assai diffusa nel Mediterraneo fin dal basso Medioevo, di forma straordinariamente sottile e schiacciata.
2) – Regina di Napoli Giovanna I d’Angiò (Napoli 1326 – Castello di Muro Lucano 1382), duchessa di Provenza dal 1321 al 1381.
(3) – Porto, in latino Portus, è un agglomerato urbano situato a nord di Ostia sulla riva destra del Tevere e sul litorale tirrenico. L’antico Porto della Roma antica occupava un’area di circa 70 ettari in prossimità di dove oggi sorge l’aeroporto di Fiumicino, ed oggi zona archeologica protetta e aperta al pubblico, con il nome di Parco Archeologico Oasi Porto di Roma. [cfr. immagine sotto le note]
4) – Jean Montréal du Bar (1303 – 1354), capitano di ventura francese, capo della Grande Compagnia, celebre in Italia come fra Moriale (era frate Ospedaliero di San Giovanni in Gerusalemme). Si metterà al servizio del re Luigi I d’Ungheria e Croazia nelle guerre di successione al regno di Napoli.
5) – Martino di Francesco Stefaneschi, imparentato con gli Orsini.
6) – Avignone, città della Provenza, sede del papato dal 1309 al 1377.
7) Papa Clemente VI, il francese Pierre Roger (1291 – 1352), papa dal 1342.
8) – Francesco Petrarca (Arezzo 1304 – Arquà 1374), sommo scrittore e poeta.

Mappa di Ostia antica e la posizione del Porto [da: http://mb-wwwtuttodituttodal2009.blogspot.it/]


Cap. II – “Sulla sua bocca il riso appariva sempre fantastico”

Dopo aver percorso a piedi tutta la via Ostiense arrivai a porta San Paolo (1). Al posto di guardia alcuni lavoratori stavano protestando, inutilmente, per essere stati derubati, appena usciti dalla porta, da uomini armati. Si sapeva che quei malfattori potevano contare sulla protezione dei Baroni, ossia i più potenti nobili come i Colonna, gli Orsini, i Savelli, i Frangipane, i Massimo, gli Annibaldi, i Millini e i Sanguigni. Sapevo che il papa francese aveva promesso alla città per l’anno 1350 un secondo Giubileo, dopo il primo indetto nel 1300 da Bonifacio VIII Caetani (2), e mi chiesi se Roma, ridotta così male, come la stavo vedendo, sarebbe stata in grado di accogliere e difendere la folla dei pellegrini. Chiesi la strada per il Campidoglio, dove lavorava il mio conoscente, e mi incamminai verso il sommo colle.
La città mi apparve desolata, con i grandi monumenti imperiali ridotti in rovina ed invasi da vegetazione. Incrociai poche persone (3). Il Campidoglio, mi si presentò con un aspetto rustico, molto lontano dall’immagine solenne che il Petrarca mi aveva fatto balenare nella mente. Ai suoi piedi c’era anche un animato mercato. Sulla sommità sorgeva il Palazzo Senatorio, più tetra fortezza con un’alta torre campanaria che dimora del massimo potere municipale (4). Salì seguendo un sentiero e alla scalinata d’accesso le guardie mi sbarrarono il passo.
Chiesi del notaio Cola di Rienzo.
Ah, quel pazzo non sta mai in ufficio. Lo troverà sicuramente giù al Foro, ci va ogni giorno a leggere per ore vecchie lapidi! – mi rispose un balestriere.
Non mi stupii. Ad Avignone avevo sentito la sua eccelsa eloquenza che esaltava la gloria della Roma dei Cesari, opposta a quella attuale, e che aveva incantato il papa e il Petrarca con citazioni di Tito Livio (5), Seneca (6), Cicerone (7), Valerio Massimo (8) e Giulio Cesare (9). Scesi il colle e mi incamminai tra resti di colonne di templi e basiliche. Fu allora che lo vidi.
Era un bell’uomo sui trent’anni, vestito con una guarnaccia (10) e una cappa alemanna.
Stava sopra una stele semisepolta davanti un capannello di uomini a cui teneva un’orazione. Sentii le ultime parole: – Dove sono questi buoni Romani? Dov’è la loro massima giustizia? Ah, potessi vivere al loro tempo!
Sciolta la piccola assemblea, anche lui mi vide e mi riconobbe: – Messer Enea Flavi, che sorpresa! Chi avrebbe detto che ci saremmo rivisti?
Sulla sua bocca sempre il sorriso appariva in qualche modo fantastico.
– Messer Cola, in verità è stato per una sciagura che mi trovo qui a Roma e non nella mia Napoli –
gli risposi e gli raccontai dettagliatamente la mia disavventura per mare. – Ah, Martino di Porto, maledetto lui e tutti i baroni ma un giorno avranno quello che si meritano, quando finalmente riuscirò nel mio piano – disse abbassando la voce. “Vieni con me, sto andando alla cattedrale di San Giovanni in Laterano. Voglio mostrarti una cosa meravigliosa che ho trovato. Sto ancora pensando a come servirmene per bene. Strada facendo ti racconterò tutto quello che ho scoperto sulle nefandezze dei governanti del Campidoglio!”.

Note al capitolo II
1) Porta San Paolo, antica porta Ostiense, è una delle porte meridionali delle Mura Aureliane.
2) Papa Bonifacio VIII Caetani (Anagni, 1230 – Roma, 1303).
3) All’epoca la popolazione romana ammontava a 50/60.000 abitanti. Al tempo di Augusto erano circa un milione.
4) – Il Comune di Roma era retto da due senatori in carica un anno. Nel 1347 erano Robertino Orsini e Pietro Colonna. Erano controllati dal vicario papale, a quel tempo era il vescovo d’Orvieto, Raimondo. Vi era poi un assectamentum cioè un Consiglio segreto dei senatori del quale era membro Cola di Rienzo come tesoriere.
5) – Tito Livio (Padova 59 a.C. – ivi 17 d.C.), storico.
6) – Lucio Anneo Seneca (Cordova 4 a.C. – Roma 65 d.C.), filosofo e politico.
7) – Marco Tullio Cicerone (Arpino 106 a.C. – Formia 43 a.C.), avvocato, politico, scrittore, oratore e filosofo.
8) – Valerio Massimo (I sec. a.C. – I sec. d.C.), storico.
9) – Caio Giulio Cesare (Roma 100 a.C. – ivi 44 a.C.), condottiero, politico e scrittore.
10) – La guarnaccia era una sopravveste maschile.

Cola di Rienzo in un ritratto del 1646


Cap. III – Lex de imperio

All’improvviso mi apparve la massiccia mole del Colosseo e rimasi stupefatto. “Vedi Enea, da quando non c’è più il papa, è la dimora dei Frangipane che l’hanno trasformato nella loro fortezza nonostante quindici anni fa sia stato acquistato dal Comune che per festeggiare vi organizzò una giostra di tori (1). Castel Sant’Angelo è occupato dagli Orsini, che sono venuti da Spoleto, i Millini e i Sanguigni hanno torri vicino al Pantheon, come i Savelli e i Massimo, il Mausoleo d’Augusto nel paludoso Campo Marzio è una fortezza dei miei acerrimi nemici, i Colonna, venuti dalla Germania. Non solo: hanno occupato con le loro milizie, composte da banditi, strade, porte e ponti da cui riscuotono pedaggi che spetterebbero al Comune. Centinaia di migliaia di fiorini! Per non parlare poi delle loro prepotenze e angherie contro i cittadini. I due senatori, ladri delle finanze pubbliche, sono sempre scelti tra di loro e perciò fanno poco o niente. Come niente hanno fatto quando fu ucciso mio fratello!”.
– Mi pare di capire che tu vorresti far finire questa situazione? –
chiesi.
Enea, ho arato il campo, l’ho seminato e in primavera arriverà il raccolto! Passammo accanto alla basilica di San Clemente e a quella dei Santi Quattro Coronati e giungemmo al Laterano, vuota sede papale. Ammirai l’antica statua di bronzo detta caballus Constantini (2). Entrammo nella basilica.
– Vedi Enea, da ragazzo ho studiato ad Anagni e lì mi sono appassionato alle antiche lapidi latine. Ritornato a Roma, come ti avranno detto, me le sono studiate quasi tutte. Mentre ne cercavo di nuove nelle chiese, ho trovato qui una tavola di bronzo incisa che papa Bonifacio VIII aveva fatto usare come tavola d’altare. Immagina il mio stupore quando, decifrato il testo, ho scoperto che si trattava della “lex regia” o “lex de imperio” dell’imperatore Vespasiano! 
(3).
Rimasi sbalordito. Doveva essere un documento di immenso valore!
– Eccola, l’ho fatta appendere lì su quel muro – 
Cola mi spiegò: – Questa è la prova che il Senato aveva concesso a Vespasiano l’imperium, titolare era il Senato e quindi il popolo romano. Con questa tavola potrò dare fondamento giuridico alla teoria della sovranità del popolo romano. L’imperium fu solo concesso perciò è revocabile e non definitivamente trasferito, come sostengono alcuni giuristi! (4). Sono uomo di lettere, non di legge. Non compresi appieno cosa volesse dire tutto ciò per Cola. Lo capii in seguito.


Note
1) – Nel 1332 giovani aristocratici romani, ravennati e riminesi si cimentarono in una tauromachia. Bilancio finale: 18 morti, 9 feriti e 11 tori uccisi.
2) – Si tratta della celeberrima statua equestre dell’imperatore e filosofo Marco Aurelio, oggi nei Musei Capitolini. Ritrovata nel Foro Romano, creduta quella dell’imperatore Costantino che concesse libertà di culto ai cristiani fu risparmiata dalla distruzione e trasferita al Laterano fino al 1538, quando, accertata la reale identità dell’imperatore pagano, fu fatta portata sul Campidoglio da papa Paolo III Farnese.
3) – Imperatore Tito Flavio Vespasiano (Falacrine 9 d.C. – Aquae Cutiliae 79), in carica dal 69.
4) – “Lex regia de imperio”, giureconsulto del 22 dicembre 69. Il testo è parziale e forse copia scartata per un errore di scrittura, è oggi conservata nei Musei Capitolini (immagine al fondo delle Note).

(*) – “Quel che piace al mondo è breve sogno”: è una citazione dell’ultimo verso del sonetto di Francesco Petrarca “Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono”, dal Canzoniere (in latino Rerum vulgarium fragmenta).

Lex regia de imperio – La parte che ci è pervenuta è solo una porzione su un’iscrizione bronzea, rinvenuta nel 1347 da Cola di Rienzo nella basilica di San Giovanni in Laterano, e conservata presso i Musei Capitolini di Roma.

Immagine di copertina: Federico Faruffini, Cola di Rienzo contempla le rovine di Roma, olio su tela, 1855, collezione privata, Pavia.

[“Quanto piace al mondo è breve sogno”. Il racconto di Cola di Rienzo (1) –  Continua]

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