Ambiente e Natura

Parole che descrivono mondi…

segnalato da Sandro Russo

Spesso – sempre, potrei dire – mi chiedo se e in che modo alcune cose che leggo possono interessare i lettori di Ponzaracconta, prima di riportare un articolo su sito. Stavolta ho deciso per il sì.
Se è vero, accettando con accezione ampia l’opinione degli antichi che Nomina sunt consequentia rerum (1) siamo anche convinti che le parole di una lingua descrivano con precisione il mondo fisico retrostante. Tanto per fare un esempio, «il numero di termini nelle lingue artiche per neve, ghiaccio, vento e meteo è vasto, ricco e complesso in modo impressionante» (2). E per restare nel nostro piccolo mondo, in pochi dialetti ho sentito tante varietà di nomi come  nel dialetto ponzese per indicare acqua: l’acqua da bere, l’acqu’i cielo (la pioggia), l’acqua a zenelle, l‘acqua fine (…spercie i rine), l’acqua a zeffùnn’, l’acqua vulluta (bollita), ‘u lavo (l’acqua che viene dalla montagna e trascina tutto davanti a sè), l’acqua doce e l’acqua salata, l’acqu’i mare (con le relative, infinite tipologie e varianti).
Perciò ho ritenuto importante e ripreso questo articolo di Enrico Franceschini da la Repubblica di ieri l’altro 6 dicembre 2022 (letta in ritardo, come al solito).

L’illustrazione dell’articolo di Repubblica

Per Oxford è la parola dell’anno
Il 2022 di “goblin mode” il contrario del fashion
di Enrico Franceschini

Il termine è apparso nel 2009 su Twitter, alla lettera va tradotto “la moda del folletto” In realtà significa presentarsi male, restare in pigiama

Londra. La moda del presentarsi male. La voglia di restare in tuta da ginnastica o in pigiama e ciabatte tutto il giorno. Il rifiuto dell’immagine perfetta, spesso ritoccata digitalmente, diffusa dai social. Si può riassumere così il senso della “parola dell’anno” votata dalla Oxford University Press e dall’omonimo dizionario: goblin mode.

Alla lettera, la moda del folletto: non quello del Signore degli anelli, però. In sostanza, la tendenza a non stare di fronte allo specchio, a vestirsi a casaccio, ciondolando in pantofole e lavorando in vestaglia. L’anti- look per eccellenza: essere come si è davvero, prima di trucco, creme e abiti firmati. Essere, non apparire.
Più di 344 mila persone di lingua inglese hanno votato per sceglierla fra le tre parole finaliste selezionate dalla casa editrice dell’università di Oxford, una degli arbitri del linguaggio.
Ha prevalso goblin mode, scelta dal 93 per cento dei partecipanti, seguita con grande distacco da metaverse (metaverso) e Istandwith (io sto con, modo di dire diventato un refrain).
«Aspetto sciatto, trasandato, autoindulgente», descrive il fenomeno il Guardian.
«Che sollievo scoprire che siamo stanchi di apparire sempre perfetti come nei selfie su Instagram e nei video di TikTok», commenta Casper Grathwohl, presidente di Oxford Languages e curatore del progetto.

L’hashtag #goblinmode è apparso per la prima volta su Twitter nel 2009 ma è diventato virale sui social media dal febbraio 2022. Gli psicologi lo mettono in collegamento con la fine della pandemia: dopo due anni di lunghi mesi chiusi in casa per i lockdown, presa l’abitudine allo smart working, molti di noi hanno sentito il desiderio di mantenere le stesse abitudini, di non sentirsi costretti a presentarsi di nuovo in forma smagliante in ufficio, specie quando non ci si sente affatto così. «Una ribellione contro canoni estetici irraggiungibili e contro uno stile di vita insostenibile, il rifiuto di tornare alla normalità, se per normalità si intende mostrarsi perfetti», osserva Kari Paul, specialista di nuove tecnologie e trend mediatici.

L’altra “word of the year” del mondo anglosassone è stata scelta dal Collins, rivale dell’Oxford Dictionary: permacrisis, crisi permanente. Una sensazione che per gli inglesi è cominciata con la Brexit, è proseguita con il Covid ed è arrivata ora alla guerra in Ucraina, alla crisi energetica, all’inflazione alle stelle. Per gli italiani, che alle crisi – di governo o economiche – sono abituati da ancora più tempo, la “permacrisi” non è certo una novità.

Naturalmente non tutte le parole dell’anno restano nella memoria, fotografando una stagione della nostra vita o una definizione destinata a rimanere pietra miliare. A volte succede, come è stato nel 2019 per climate change, cambiamento climatico, e nel 2013 per selfie, che ormai non ha bisogno di traduzioni, essendo diventato un termine buono in tutte le lingue. Non è detto che goblin mode ci accompagnerà a lungo: torneremo probabilmente molto presto a vestirci da pendolari anziché da pantofolai; e anche chi lavora da casa viene invitato dai datori di lavoro a non sedersi davanti al computer in maglietta, con la barba lunga o spettinato.
Ma è significativo che quest’anno, a scegliere la “word of the year”, non siano stati solamente i linguisti e i filologi del dizionario di Oxford, bensì anche gli utenti, i naviganti del web, le persone di tutti i giorni, chiamati per la prima volta a votare fra le tre parole giudicate degne di andare in finale.
«Nel 2022 siamo stati tutti colpevoli, chi più chi meno, di goblin moda», concorda la rivista Rolling Stone. Abbiamo fatto un tuffo nel piacere di non recitare una parte. «Sii te stesso», suggeriva Oscar Wilde in era pre-digitale, «tutto il resto è già stato preso».

 

Note

(1) – Frase nota per la citazione che ne fa Dante (Vita Nuova XIII, 4: con ciò sia cosa che li nomi seguitino le nominate cose, sì come è scritto: «Nomina sunt consequentia rerum»), e la cui origine è in un passo delle Istituzioni di Giustiniano, II, 7, 3 (nosconsequentia nomina rebus esse studentes … «noi … cercando di far sì che i nomi corrispondano alle cose …»).

(2) – Ne ho avuto consapevolezza per la prima volta leggendo Il senso di Smilla per la neve, romanzo dello scrittore danese Peter Høeg, pubblicato nel 1992; ma il problema semantico è complesso. Per approfondimenti leggi qui:
https://www.ilpost.it/2015/02/01/quante-parole-hanno-gli-eschimesi-neve/

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