Editoriale

Epicrisi 399. La nostra generazione ha perso

di Sandro Russo

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Sembrava una settimana indecisa sulle prime, di quelle quaquaraqua, piatte, né carne né pesce… quando a metà settimana è arrivato un articolo – da Franco De Luca –  capace di indirizzare i pensieri in una direzione precisa, come degli occhiali colorati che fanno vedere tutto verde, o blu, o rosa, pur mantenendo i rapporti dei colori tra loro, ma saturando del colore delle lenti tutti gli spazi neutri.

Franco l’ha intitolato Lettera aperta a un ponzese da ritrovare; io nella mia testa l’ho cambiato in quello che si può vedere come titolo della presente epicrisi, ripreso da una canzone di Giorgio Gaber.

Gaber – anche Enzo Iannacci e Dario Fo, ma ad un diverso livello, chansonnier e anche maître à penser – è stato per molti della nostra generazione una coscienza critica, un fratello maggiore; da cui qualche volta dissentire anche, ma le cui idee e esperienze erano sempre da tenere in conto.
In quegli anni a Roma cercavo di vedere tutti i suoi spettacoli. Quando è morto – il 1° gennaio 2003è stato come se mi fosse mancato uno di famiglia.

Questa è l’epicrisi sugli articoli della settimana, non la canzone della domenica – l’ho ben chiaro – ma anche così aprirò e chiuderò con due canzoni di Giorgio Gaber.

Dallo spettacolo La mia generazione ha perso (2001), di Giorgio Gaber e Sandro Luporini (1). Contiene alcuni inediti fra cui La razza in estinzione, che ha nel testo il verso che dà il titolo all’album.

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Perché è questa la sensazione prevalente dalle notizie della settimana, sul sito, sul giornale di ogni mattina, dai media… se solo ci soffermiamo a considerarle con un minimo di distacco. Di più. È una nota dolente di base, quasi un bilancio di questi anni. Non si sa – manteniamo il beneficio del dubbio – se degli anni tardi delle nostre vite individuali, della nostra generazione appunto, o dell’umanità intera.
Non è un giudizio politico o contingente, ma qualcosa di più globale. Leggo gli articoli e mi appare che “hanno perso” anche gli amministratori dell’isola. Non valgono la buona volontà, non è neanche in gioco la responsabilità di questa o quella amministrazione del passato: è più complessivo. Considerando allo stato dei fatti, i rapporti sociali, le nostre connessioni con l’ambiente, la natura, gli alberi, gli animali; la deriva dei giovani…
Di questa desolazione trattava la “lettera aperta” di Franco; così io l’ho letta.
“Passeremo come la generazione
che vide il baratro
e non fece nulla per fermare la corsa”.

Couldna catch a cold – Ti dovessi prendere un raffreddore! Dipinto di Alexander Millar

Questi gli altri articoli sull’attualità isolana (oltre a Zannone e Ventotene includo anche Ischia):
Scegli il tuo belvedere del cuore
Giornata internazionale dell’albero. Progetto “Scuola in natura”
L’autonomia dell’Istituto Comprensivo “Pisacane” e il Comune di Ponza
Ischia, passi in avanti sulla ricostruzione degli edifici pubblici e delle chiese
La ricostruzione fantasma e il fallimento della Regione
Due articoli, su Zannone e Ventotene, dalla stampa di ieri

Leadership forever (Dalle memorie di Kissinger)

Come Rain or Shine Original Oil Paint by Alexander Millar

Dice: Ma con questi occhiali fumé che hai agli occhi, non salvi proprio niente dal grigio sporco dominante soffuso?
Oh si’! Si rivaluta la nostalgia! Il tempo in cui tutto appariva statu nascenti, più vivido e puro; quando i giorni, gli anni sembravano portatori di gioia, di speranze. Dove/quando c’era più bellezza nelle cose e nel mondo.

Ecco gli articoli su cui i miei pensieri si sono posati e riposati:
Le suore di Nostra Signora della Misericordia: la dolcezza di Suor Teresa
A nuie `u presebbio ce piace assaie! (1)
A nuie ‘u presebbio ce piace assaie! (2). I personaggi
Un amore nato in  fasce
L’ammiraglio Straulino e l’impresa di Helsinki, 26 agosto 1965
Buon viaggio a Ninfa

Libri, canzoni, ricorrenze
“Il mio soldato” di Emilio lodice ai Global Book Awards 2022
L’essenziale è invisibile agli occhi, disse le volpe al piccolo Principe
Una canzone per la domenica (222). La più potente medicina di guarigione
Il 20 novembre festa di San Silverio, dall’altra parte del mondo

Dance with the devil. By Alexander Millar

Ho lasciato per ultimi i due articoli più ‘politici’ della settimana, in cui vengono trattati i temi più attuali e scottanti del momento politico che stiamo vivendo. Fuori dal denti: la riaffermazione di ideologie e personaggi che credevamo sepolti dalla storia:
Una sana polemica su eventi attuali
Tre donne… e le altre. Un articolo di Concita De Gregorio

Anche qui soccorre il fratellone Gaber con una canzone che mi colpì la prima volta che la sentii – in una serata al teatro Giulio Cesare di Roma, nel 1985 – e non ho più dimenticato. Non poteva essere altrimenti per uno che aveva avuto due zii fascisti da parte di madre (uno più convinto, l’altro meno) e doveva sistemarli in qualche modo nella galleria degli affetti di famiglia. E d’altra parte chi non la avuto uno zio fascista? Gaber lo ritrae in modo tutto sommato affettuoso, pur senza perdonargli niente.

Mi congedo appunto con questa canzone: dall’album di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, Io se fossi Gaber: Ritratto dello zio (1).

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Buona domenica, malgrado tutto (scomparsa di Gaber, guerra e ammazzatine in corso ed epicrisi incluse).

Note

L’immagine di copertina e molte delle immagini nel testo sono di Alexander Millar, l’artista scozzese presentato nella nota sottostante

(1)Il primo video
Il video è stato caricato nel 2013 da @MastinoDorato. È illustrato da immagini, molto belle, di Alexander Millar. Cerco, trovo e traduco liberamente dal web:
L’artista contemporaneo Alexander Millar ha passato la sua intera vita nel nord est dell’Inghilterra, essendo nato nel 1960 sulla costa occidentale della Scozia, vicino Kilmarnock, in un posto chiamato Springside. Ricordando la sua formazione, Millar considera la vita di un tradizionale villaggio scozzese più suggestiva negli anni ’40 rispetto a quella di vent’anni dopo. Per analogia Millar ricorda dei vecchi (in compagnia dei quali ha vissuto in anni formativi), infagottati in completi di colore scuro, che fumavano sigarette senza filtro da quattro soldi (Woodbine, le equivalenti delle nostre Alfa, mi par di capire), in presenza di donne che lui bizzarramente definisce “massicce, a forma di missile”, addobbate con ampi grembiuli e fazzolettoni in testa.
Poiché il padre di Millar era impiegato delle ferrovie britanniche – British Rail – i suoi ricordi più profondi riguardano lo stare seduto in sale d’aspetto dense di vapore, uniche dal punto di vista architettonico, intrise di atmosfere loro proprie che Millar ammette ancora oggi lo colpiscono come luoghi romantici e di cui ha grande nostalgia.

(2)Il secondo video
Tra le diverse versioni reperibili in rete, ho scelto quella più urticante, con Berlusconi nel finale e brevi sequenze tratte dal film Fascisti su Marte, di Corrado Guzzanti e Igor Skofic (2006).

3 Comments

3 Comments

  1. Mimma Califano

    20 Novembre 2022 at 08:07

    La nostra generazione ha sicuramente perso se si confronta la voglia di cambiamento verso una maggiore uguaglianza in tutto il vivere sociale di quando avevamo 15-20-25 anni e più e l’oggi. Ma questo è ciò che vediamo noi che abbiamo attraversato quegli anni e i successivi.
    Chi è giovane oggi, se ha la capacità di avvertire i problemi attuali (superiori, ritengo a quelli di ieri) parte da questo livello, non è gravato anche dal passato, perciò credo che veda il mondo con minore pessimismo rispetto a noi.
    È possibile che sia sempre stato così, le nuove generazioni combattono, lavorano per migliorare la loro condizione personale e speriamo sociale, senza essere gravati dalle delusioni dei propri fallimenti e il mondo stesso viene avvertito in modo meno negativo di come possiamo fare noi. Allora cerchiamo anche noi di avvertire il mondo un po’ più da ventenni impegnati che non da settantenni delusi.

  2. Francesco De Luca

    20 Novembre 2022 at 13:35

    Ventenni impegnati e settantenni delusi

    “Un ponzese da ritrovare”, scrivo. Mi attendo di ri-trovare un settantenne impegnato, di quelli delusi basto io.
    Sia la delusione sia l’impegno non sono irreversibili, possono mutare: il sentimento negativo trasformarsi in costruttivo e quello costruttivo venir meno e affossarsi. Le cause perché ciò avvenga? Possono essere interne ed esterne. Le prime afferiscono al soggetto, sono personali; le seconde attengono alle condizioni esterne.
    Per queste ultime (le condizioni esterne) penso che ci sia abbondante materiale affinché gli animi si attivino per un mutamento.
    A livello globale c’è la guerra, sostenuta da un folle, perseguita da interessati avvoltoi, subita da impavidi lecchini. A livello locale c’è una comunità lasciata al suo disfarsi perché gli interessati, distratti, non ne vedono l’agonia.
    I settantenni (parlo per me) sono delusi ma potrebbero, in forza del loro trascorso, risvegliarsi all’impegno; i ventenni non li vedo motivati, pur se in essi si incentra il possibile ribaltamento delle cose.
    Tuttavia l’impegno del ventenne deve prendere coscienza del fallimento del settantenne. Che non si crogiola nel nichilismo ma apre gli occhi (e cerca di farli aprire) sulle passate esperienze.
    Quest’isola ha perso occasioni per trovare la sua identità storica, su di essa costruire una cultura e una solidità economica. La coscienza di questo fallimento può (o potrebbe) significare un nuovo impegno.

  3. vincenzo

    21 Novembre 2022 at 13:57

    https://www.ponzaracconta.it/2011/04/12/una-storia-incompiuta/
    Vedi io già qualche anno fa parlai di storia incompiuta, ma proprio per questo c’è stato il fallimento.
    L’anno terribile è il 1992, sono successe tante cose che oggi hanno una spiegazione logica. Moriva Falcone. Draghi viaggiava sul panfilo Bretagna con il gotha dell’economia internazionale, mani pulite eliminano una intera classe dirigente e quindi i partiti che avevano governato l’Italia del dopoguerra, Maastricht. Se analizzi le cose tutte insieme capirai che il nostro fallimento e quello della nostra comunità politica era impossibile da evitare.

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