Pesca

I fratelli Feola

di Francesco De Luca

Due su tre, ne ho incontrati due, Vittorio e Angelo, il terzo, Giuseppe, li accompagna dal cielo. Era il più grande e li ha lasciati per primo. Lui, Peppe, come era chiamato, è sempre stato il primo dei tre, il più intraprendente. Me lo confermano senza reticenze loro due che ho incontrato a Sant’Antonio, con la consueta bonomìa che ne ha sempre contraddistinto l’esistenza.

In quest’isola, campionessa indiscussa per contenziosi penali e civili, i fratelli Feola sono un esempio di correttezza e fedeltà. Mai un bisticcio. Una vita insieme, a pesca, con Peppe che segnava la linea guida per la conduzione dell’impresa di pesca. Centrata sulla ‘cianciola’ Fratelli Feola. Ma… un attimo… dirò tutto con ordine. Partiamo dall’inizio. Ovvero da Lagosta, isola della Croazia, abitata da italiani e anche da Ponzesi. Il padre possedeva un ‘gozzo’ e pescava sardine. La mamma lavorava in un laboratorio per la conservazione del pescato.

Vi andarono su invito del Governo italiano nel 1937-38 (non ricordano bene). Vittorio nasce lì e pure Angelo, che è il più piccolo (1943) e il più vicino a me, ed è a lui che ho chiesto questo incontro. Perché? Perché, dopo aver presentato sul Sito altre figure di spessore di pescatori ponzesi mi è sembrato quasi doveroso parlare dei  ‘fratelli Feola’.

Io li ricordo quando abitavano in una casa sulla ‘Punta’. Con uno stretto corridoio che portava a casa, la cui porta stava all’interno, dalla parte della roccia e non della strada. Ci andavo a comprare i rotondi, smagliati allora allora. Ed era dicembre, ed era di notte.

Tempi di povertà quelli dell’immediato dopoguerra.
Rimpatriati, dopo l’annessione di Tito della Croazia alla Iugoslavia, furono ospitati da una zia, conosciuta come ’Ntunetta ’i zi’ monaco. Non avendo barca, lasciata a Lagosta, furono costretti ad accontentarsi di quel che c’era.
Vittorio ricorda che per necessità dovette imbarcarsi senza aver terminato le elementari. Povertà e lavoro.

A proposito di povertà racconta, sempre Vittorio, che suo padre, Antonio, conobbe le scarpe quando andò militare e, per inesperienza, non appena indossate, incespicò e cadde.

Peppe però sapeva guardare lontano  e nel 1963 colse l’occasione di acquistare una cianciola: la Pola. Una barca con anni, e con quella cominciarono a vedere i risultati dei sacrifici. Il Mediterraneo era ricco di alici. Il mercato chiedeva e ricompensava a dovere. A Ponza nacque, con l’aiuto della Cassa del Mezzogiorno, una flotta di barche per alici. Con rivalità ma sempre nel rispetto degli altri. I fratelli Feola si contraddistinguono per essere rispettati da tutti. Nessuno sgarbo, nessuna lite viene da loro.
Nel 1972 comprarono una barca più grande la ‘Fratelli Feola’. I tre fratelli, insieme, in accordo, vincenti.

Si vince ciò di cui si conoscono le cause ma non la malattia che uccide. Peppe viene meno, travolto dal male, e l’impresa di pesca dei fratelli finisce.
Oggi si godono la pensione.

Quello che colpisce è che non si affermano come uomini che hanno domato il mare. Sono stati lavoranti del mare. Lo hanno arato per trarne la ricchezza che era in grado di dare.

Non si sono scontrati con mareggiate micidiali, anche se Angelo ricorda di quella volta che la Pola fu investita da un temporale improvviso, mentre si pescava di notte. Impossibilitata a manovrare  sarebbe andata a intrupparsi contro lo Scoglio Rosso. Fu Peppe che ebbe l’intuizione fulminea e, pur impallando le eliche con le reti, riuscì a portare la barca lontana dallo scoglio. Dicevo… non mareggiate, non incontri memorabili, non avventure che possano affiancarsi che so… alle vicende dei Capitani Coraggiosi di Kipling, del Capitano Achab  di Melville. I loro racconti sanno di fatica, di sacrificio, di impegno costante.

Angelo ha un rimpianto: non poté proseguire gli studi al Nautico di Gaeta perché la famiglia non poteva sopportare il peso economico. Ma è sereno. Vive la pensione accompagnato dai familiari, e da un cane che gli dà i tormenti perché vuole uscire.

Vittorio, lo stesso, con i familiari intorno ogni mattina la passeggiata, la chiacchiera con gli amici. Si duole di non avere una buona vista ma non si arrende. Gli ho chiesto, al termine della chiacchierata: ‘ma… che ore sono?’ E lui, per riflesso, ha portato il polso con l’orologio agli occhi, poi… mi ha guardato disarmante… come a suggerire: ‘te lo vorrei dire ma… non ci vedo!’

Forse questa è l’immagine più rappresentativa: è gente quieta.

Ggente quieta
Ddio l’aiuta !

1 Comment

1 Comment

  1. Raffaele Pacifico

    10 Novembre 2022 at 15:36

    dalla pagina di Facebook a cura della Redazione
    commento di Raffaele Pacifico
    “Bel racconto, io ho avuto la fortuna di fare un varo con la Fratelli Feola e andare a pesca 2 volte: la prima prendemmo 1400, o forse di più, casse di alici, la seconda volta 400 casse di sarde e una marea di pesci sciabola che allora non si vendevano e li buttammo a mare. Feci pure una ripresa di quelle alici che sembravano argento luccicante nella rete gonfia. Posso dire di Vittorio che è un grande scaramantico, e ricordo pure che al ritorno da Anzio mentre mangiavano nella saletta io mi misi al timone e passai fra Ponza e Zannone e Peppe s’ incavolò di brutto perché disse che avevo rischiato di farli affondare per via di scuglitelle, ma io quella zona ai tempi la conoscevo come le mie tasche perché vi pescavamo col tramaglio e con le coffe io e Mazzone”

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