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Scegliere di morire. Come Godard

di Sandro Russo

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Sul sito il problema del finis vitae e della scelta volontaria di morire, l’abbiamo preso sempre alla lontana e con molta circospezione
Che io ricordi, sul sito ne abbiamo scritto per la prima volta per la morte di un musicista rock, Keith Emerson.
Non troppo tempo fa poi, abbiamo scritto delle problematiche del finis vitae (leggi qui) grazie al contributo di Marco Patucchi e allo stimolo di una recente visione del film Tout s’est bien passé di François Ozon (2021).


Sul tema abbiamo anche proposto un racconto breve del premio Nobel J.M. Coetzee, che con forza riproponeva il problema.
Un altro articolo recente  – da la Repubblica del 3 agosto 2022, a firma Maria Novella De Luca – su una storia umana esemplare, è un ulteriore contributo alla soluzione di un nodo che la società civile dovrà affrontare, prima o poi.

Non so se è un caso, ma la problematica è stata proposta con  forza, spesso come drammatica testimonianza personale di artisti famosi. Cito i primi nomi che mi vengono alla mente: Primo Levi (scrittore, 1919 –1987), e vari registi: Carlo Lizzani 1922 –2013), Mario Monicelli (1915 – 2010). Ultimo, dell’altro ieri, Jean-Luc Godard (1930).
Della scelta di morire di Godard e di Monicelli si parla nel paginone di Repubblica, già saccheggiato per l’articolo precedente: leggi qui.

Il finis vitae, oltre che enorme problema nella vita personale di ciascuno, delle coscienze e della società civile, e un formidabile tema ispiratore per il cinema, in molti casi autentici capolavori.
Per curiosità, una ricerca non troppa approfondita, solo su Wikipedia, mi ha permesso di trovare  195 titoli impostando, per “film sul suicidio” e 18 per “film sull’eutanasia”.
Di alcuni abbiamo già scritto, anche sul sito (link sotto la locandina); scorrendo i titoli per alcuni nasce il desiderio di
vederli una seconda (o terza) volta.

E Johnny prese il fucile (Johnny Got His Gun) – Dalton Trumbo, 1971 (leggi qui)

Le invasioni barbariche (Les invasions barbares) è un film del 2003 diretto da Denys Arcand

Mare dentro (Mar adentro) è un film del 2004 diretto da Alejandro Amenábar, con Javier Bardem

Million Dollar Baby è un film del 2004, diretto e prodotto da Clint Eastwood e interpretato dallo stesso Eastwood insieme a Hilary Swank e Morgan Freeman (leggi qui).

Qui di seguito l’articolo da la Repubblica di ieri cui ci si riferiva prima: l’intervista di Arianna Finos a Chiara Repaccini, compagna di Mario Monicelli.

Insieme per trent’anni. La coppia formata da Mario Monicelli e Chiara Rapaccini

“Lui come il mio Monicelli. È stato un gesto di libertà ma in Italia il tema è tabù”
di Arianna Finos

Chiara Rapaccini, compagna del regista italiano morto suicida
Oltralpe hanno colto l’occasione per fare un passo avanti, noi stiamo fermi per non scontentare la Chiesa 

«Quando ho sentito del suicidio di Jean-Luc Godard ho pensato che conosco questa modalità. Ci sono molte cose in comune con Mario Monicelli, se vogliamo anche con Carlo Lizzani e tanti altri». Chiara Rapaccini è stata la compagna del regista che nel 2010 morì suicida lanciandosi dalla finestra di un ospedale. Da anni l’artista è testimonial dell’associazione Luca Coscioni, in prima fila nelle battaglie per eutanasia e testamento biologico.

Godard, 91 anni, è morto per suicidio assistito e voluto che fosse resa pubblica la sua scelta.
«Sono contenta che Godard abbia fatto una scelta più leggera, come suicidio, optando per una prassi più dolce. E sono molto contenta che lui non la considerasse una questione privata, sulla quale potevano nascere notizie sbagliate. Voleva che fosse chiaro a tutti. Mario non ha fatto una scelta di suicidio assistito, ma in comune tra loro c’è un atteggiamento laico, la scelta di morire, se ho ben capito, non perché c’è la super patologia, la malattia tremenda, il cancro, ma perché si è “esausti”. Un aggettivo che racconta la stanchezza di vivere per un uomo di una grande età, nel pieno possesso delle proprie capacità».

Dal 2014 il cineasta si era schierato per il suicidio assistito. La sua scelta è stata coerente con le convinzioni.
«Sì. Ma una cosa poco sottolineata è che un annuncio di morte, la scelta del suicidio assistito e la volontà di rendere pubblica questa scelta, indicano un rapporto con la morte, con il fine vita, col tuo stato di coscienza, di malattia, di essere esausto, che non è vissuto in modo così drammatico. Nella nostra mentalità italiana la sola parola “morte” ancora ci fa fare gli scongiuri. Il suicidio è una parola innominabile? No. Anche questa scelta di Godard indica un rapporto sereno con la vita come con la morte.
Perché non c’è differenza secondo me e forse secondo Godard e altri, tra come affronti la vita e la morte: con laicità, con distacco, con serenità. E quindi vuoi dirla alle persone, questa cosa».

Quella di Monicelli è stata una fine meno dolce.
«Lui ha fatto una scelta di fine vita, questa è la cosa in comune, tra tutti loro, e l’ha fatta a modo suo. Anche questo ha a che fare, secondo me, laicamente parlando, con la propria libertà: scegliere il modo in cui andarsene. Lizzani ha seguito più o meno la modalità di Mario. Sono tutte persone arrivate a oltre novant’anni: sarebbe bastato loro qualche anno per morire di vecchiaia, invece hanno deciso di farlo da soli. Il fratello di Mario, Furio, morto di morte naturale, mi aveva raccontato una sera che con Mario “si era parlato di andare insieme in Svizzera, dove hanno le macchine belle, e farlo insieme. E invece — scherzava — come al solito ha fatto tutto di testa sua”. Le modalità finali sono scelte dalla persona».

Avranno inciso la situazione legislativa e burocratica italiana?
«Non sappiamo. Magari avranno inciso, o invece è stata una scelta come tante altre nella vita: ti butti a cambiare lavoro, ti trasferisci… è qualcosa che magari scegli all’ultimo momento, con modalità a volte assurde, non comprensibili. Certo, c’erano i problemi di maglie legislative strette, problemi politici.
E abbiamo visto come Macron, nel momento in cui Godard muore, promette un grande dibattito sull’eutanasia entro il 2023. Il nostro Paese è ridicolmente e colpevolmente lento perché si vuole stare lontani da tematiche — i diritti civili ma anche sociali — che possano inimicarsi qualcuno. Penso alla Chiesa. Però aumentano i casi di suicidio e l’Associazione Coscioni va avanti. La grande notizia di oggi che la Francia aveva già iniziato un dibattito e magari lo porta avanti.
Noi, siamo fermi».

[Intervista di Arianna Finos. Da la Repubblica del 14 settembre 2022, pag. 19]

3 Comments

3 Comments

  1. silverio lamonica1

    15 Settembre 2022 at 14:59

    Io lo considero un gesto di vigliaccheria. La vita va affrontata comunque, usque ad finem, ma per cause naturali, s’intende.

  2. Sandro Russo

    15 Settembre 2022 at 19:20

    Vivaddio, grazie Silverio, almeno qualcuno ne parla!
    Certi argomenti, per quanto fondamentali e coinvolgenti (o forse proprio per questo) non trovano alcuna eco nei Commenti. Mi sono sempre chiesto il perché di questa ritrosia ad esporre il proprio pensiero.
    Non è stata espressa per esempio la posizione dei cattolici che senza essere un cultore, posso provare a semplificare: La vita è sacra perché Dio ce l’ha data e solo Lui può riprendersela. Meno dogmatico ma anche di sensibilità cattolica è l’idea che il peccatore fino all’ultimo momento può pentirsi dei suoi atti, redimersi e aprirsi la strada “alla vita eterna”.
    Più laicamente Michela Marzano (Roma, 1970, docente di filosofia morale e editorialista di Repubblica) espone il suo punto di vista:
    “(…) Ciò che vorrei provare a fare è ragionare e contestualizzare.
    A partire dai tre valori chiave della filosofia morale: la dignità, la libertà e l’utilità. Valori che, non sempre, vanno di pari passo e che, soprattutto, hanno senso solo se incarnati.
    Se è vero, infatti, che la dignità di ognuno di noi non dipende né dall’età, né dallo stato di salute, né da nessun’altra caratteristica particolare, è anche vero che il rispetto, che della dignità è la conseguenza, ci obbliga a prendere sul serio il desiderio che manifesta chi, vuoi perché stremato dagli anni, vuoi perché malato, chiede di potersene andare da una vita dalla quale si è già allontanato.
    Quanto alla libertà, è anch’essa sempre legata al contesto all’interno del quale si prova a esercitarla: nessuno è mai del tutto libero; ognuno si dibatte con i limiti e gli ostacoli della propria condizione fisica, sociale, economica e psichica.
    Solo l’utilità sembra poter essere facilmente calcolabile, come tengono a ricordare tutti coloro che valutano la moralità di un’azione sulla base delle conseguenze. Ma, anche in questo caso, la realtà è ben più complessa. Visto che accanto alle conseguenze a corto termine, esistono poi anche quelle a lungo termine che, il più delle volte, nessuno controlla.
    E quindi? Quindi, bisognerebbe stare attenti a immaginare di sapere meglio degli altri quale sia il bene altrui. Quindi, bisognerebbe imparare a rispettare le scelte delle altre persone. Quindi, bisognerebbe evitare di giudicare, e fare lo sforzo di capire che, nelle situazioni di fine vita, i cosiddetti criteri oggettivi si sbriciolano: ciò che conta è il vissuto (la soggettività) di chi si trova in quelle circostanze.
    (…) Jean-Luc Godard aveva 91 anni ed era stremato.
    Non era malato, va bene. Ma aveva forse fatto e realizzato e vissuto tutto ciò che un uomo come lui può voler fare e realizzare e vivere. E non è certo vietandogli di andarsene via che si salvaguarda il valore immenso della vita. Un valore che esiste, e che nessuno nega. Ma il cui senso si esaurisce quando chi ne è detentore sente che è arrivato il momento di congedarsi.
    [Michela Marzano, in un suo scritto su la Repubblica del 14 sett. 2022, dal titolo: Il senso di una fine]

  3. Pino Moroni

    18 Settembre 2022 at 15:37

    “Dopo quello che ha detto sul Finis vitae Michela Marzano non è facile dire di più: Dignità, libertà, utilità… Enormi problemi ontologici.
    Vorrei solo far notare che si è parlato negli ultimi anni di ben tre registi, Monicelli, Lizzani ed ora Godard, che hanno voluto terminare la loro proficua intensa vita, dopo aver messo a disposizione di innumerevoli fruitori un elevato impegno mentale e fisico, attraverso lo sviluppo di così tante problematiche sull’uomo e la sua evoluzione.
    Approfitto per ricordare, sempre da un punto di vista cinematografico due film di fantascienza oggi molto attuali, in cui una società futura, tolte le ultime remore, fornisce essa stessa la buona morte ai suoi cittadini (“L’ultima spiaggia” e “2022. I sopravvissuti”).
    Qualcosa, in stato di necessità, è successo anche a noi da poco.”

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