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Elisabexit

Proposto dalla redazione

Molto belli titolo e foto su quattro colone su la Repubblica di oggi 9 settembre per solennizzare la morte della regina d’Inghilterra. Abbiamo cercato a lungo nella stampa nazionale un articolo emblematico, critico e consuntivo di 70 anni di regno.
In serata abbiamo scelto tra i tanti, questo di
Corrado Augias da La Repubblica on-line di oggi, appaiato alla vignetta di Mauro Biani, altrettanto incisiva.

Così Elisabetta dava stabilità al mondo
di Corrado Augias – Da la Repubblica online del 9 settembre 2022

Ha assistito allo smantellamento di uno dei più vasti imperi della storia

Dolore non direi; è raro che le grandi morti pubbliche suscitino autentico dolore, sentimento riservato all’intimità degli affetti. Non è stata nemmeno la morte di Napoleone che nella sua Ode Manzoni riassume nel verso: “Così, percossa, attonita, la terra al nunzio sta”. La Terra non è percossa né attonita; sicuramente però un imprecisato senso di smarrimento la morte di Elisabetta II l’ha suscitato. Settant’anni di regno, sei in più dell’altra regina, Vittoria, che ha dato nome a un’epoca e a una cultura.
Se si pensa che Elisabetta ha cominciato con Winston Churchill, un primo ministro sfumato nella leggenda, l’uomo del “we shall never surrender”, che condensò lo stallo minaccioso della Guerra Fredda nell’icastica formula Iron Curtain, si può misurare l’enormità del tempo che ha trascorso sul trono. Intanto, tutto cambiava intorno a lei, alla sua corte, al modesto palazzone londinese, al castello scozzese corredato da festosi cagnolini e cervi maestosi, alle procedure e ai riti soavemente ridicoli che rivestono le monarchie di una sacralità fuori tempo, assurda – ma, proprio per questo, preziosa.
il dossier
Vittoria ebbe modo di vedere gli ultimi bagliori di uno dei più vasti imperi della storia; Elisabetta ha assistito, impassibile, al suo progressivo smantellamento. Ha avuto una nuora come Diana che non è mai riuscita a capire, tale la difformità di quella giovane donna dai canoni regali nei quali lei era stata precocemente rinchiusa.

Elisabetta ha sfilato innumerevoli volte in carrozza accennando, con la mano guantata, un cauto saluto alla folla. Ha assistito, immobile, alla crisi economica, a uno degli scioperi più lunghi e drammatici della storia sindacale, al terrorismo, alla Brexit. Quella è stata la sua forza: l’impassibilità.
Il mondo sta cambiando forma sotto l’urto della rivoluzione digitale, la più estesa, veloce e radicale mai avvenuta. Quella parte del pianeta che chiamiamo Occidente vede progressivamente svanire i lasciti d’una rivoluzione che, scoppiata alla fine del XVIII secolo, ha fatto da guida fino alla fine del XX.
Dopo la caduta del Muro il politologo americano Francis Fukuyama ha scritto che la storia ormai era finita, tale l’evoluzione sociale e politica raggiunta da gran parte dell’umanità, tale l’equilibrio di forze che solo se agitate da sufficienti contrasti cozzano tra loro. Parole precipitose, le sue. Il secolo nuovo, il XXI, non poteva avere inizio più movimentato, e drammatico. Aperto nel settembre del 2001 dall’attacco alle Torri di New York, afflitto da otto anni di grave crisi economica, dallo scoppio di una pandemia che ha causato un milione di morti, da una guerra europea che ci riporta agli incubi del 1914 quando, per un intero mese, nessuno si rese conto che i colpi di pistola sparati a Sarajevo avrebbero dato fuoco a un intero continente. Sono passati solo 22 anni dall’inizio del secolo, al contrario di quello che ipotizzava il politologo americano, la storia si è rimessa a correre nel modo più disordinato e inquietante. Perfino la collaudata formula della democrazia rappresentativa mostra pericolose incrinature qua e là sostituita, nella generale acquiescenza, dalla preoccupante formula della “democrazia illiberale”.

Lo storico Aldo Schiavone, in un breve saggio prezioso pubblicato da Il Mulino (L’Occidente. Nascita di una civiltà planetaria), ha fatto notare che mentre le scienze dette dure e la più ardita tecnologia galoppano, anche troppo per la verità, le scienze umanistiche paiono ristagnare con ripercussioni gravi in ogni campo, compreso quello politico, per cui: «Se la politica si fa sempre più asfittica, la ragione è che langue da tempo la cultura che dovrebbe nutrirla». Immersi in questo convulso presente, trascuriamo il futuro mentre c’è chi è addirittura tentato di “cancellare” quei pezzi di passato che non coincidono più con i canoni vigenti. Saggezza vorrebbe che invece di tirare giù le statue dai loro piedistalli, si cercasse di capire sempre meglio ragioni e cause di fatti e comportamenti.

Se si tiene presente questo quadro – che a me pare abbastanza verosimile – diventa più facile vedere perché la scomparsa di una signora fuori tempo come la regina Elisabetta II ha sollevato una certa ondata emotiva. Le persone fuori tempo, che sembrano affrancate dai vincoli temporali dei comuni mortali, danno un senso di stabilità, fanno pensare che sia ancora possibile tenere sotto controllo, dare compostezza, ad un mondo in subbuglio.

[di Corrado Augias – Da la Repubblica online del 9 settembre 2022]

La vignetta di Mauro Biani da la Repubblica del 9 sett. 2022

 

Immagine di copertina: dal frontespizio de La Repubblica del 9 sett. 2022

2 Comments

2 Comments

  1. La Redazione

    9 Settembre 2022 at 22:58

    Considerato che c’è una linea di pensiero che tende a ridimensionare la morte della regina Elisabetta (non ultima, agli onori delle cronache, l’opinione di Alessandro Gassmann) riportiamo qui di seguito quanto scrive il nostro guru di riferimento nella sua rubrica giornaliera su la Repubblica di oggi

    L’amaca
    Noi che non siamo del Commonwealth
    di Michele Serra

    Elisabetta Windsor Mountbatten, regina del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, regina di Antigua e Barbuda, Canada, Belize, Australia, Bahamas, Grenada, Giamaica, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Saint Lucia, Saint Kitts and Nevis, Isole Salomone e Tuvalu, Saint Vincent e Grenadine, governatore supremo della Chiesa d’Inghilterra, comandante in capo delle Forze Armate, signora dell’Isola di Man e sovrana di Jersey e Guernsey, è stata un’ottima professionista, dai nervi saldi e dalla salute di ferro. Oltre a questo, per dirla all’inglese, è stata un’adorabile vecchia signora.
    La sua malaugurata scomparsa ci lascia tutti molto dispiaciuti. Il problema è che questo dispiacere, comprensibilmente notevole per i suoi sudditi, sarà soverchiante anche nel resto del mondo, con milioni di pagine di giornale e di ore di telegiornali, miliardi di articoli, giorni e giorni di commemorazioni.
    Non essendo l’Italia membro del Commonwealth, sarei favorevole a un più sobrio resoconto storico-biografico del suo regno, ma temo non sarà possibile.
    Per ragioni (per me) inesplicabili, la famiglia reale inglese, fino ai cugini di secondo grado, alle e agli amanti, alle dimore, ai cappellini, ai cagnolini, è oggetto di un culto planetario. Nessuno saprebbe dell’esistenza di Meghan Markle se avesse sposato un nipotino della regina di Norvegia. Nessuno, del resto, sa nemmeno se la regina di Norvegia ha dei nipoti.
    Pur essendo l’Impero Britannico una reliquia, e quell’isola neanche più membro dell’Europa, se ne parla ancora come del centro del mondo. Ci sono cose, nella testa degli uomini, che agiscono per inerzia anche secoli dopo la loro fine.

  2. La Redazione

    10 Settembre 2022 at 05:57

    Riceviamo in redazione il Commento di una lettrice francese.
    Si sa che tra inglesi e francesi non è mai corso buon sangue. Anche questo aneddoto infatti è centrato più sul loro ex presidente Chirac, che sulla regina Elisabetta che gli sedeva al fianco su un calesse di rappresentanza…

    Grand amateur de blagues potaches, Jacques Chirac n’avait pas hésité à faire un trait d’humour très osé à la reine Elizabeth II lors de cette même visite de 1996. Une anecdote relatée par Roselyne Bachelot sur le plateau du Grand 8 sur C8 en septembre 2015. “Pour vous, j’ai une petite histoire… C’est la visite officielle de Jacques Chirac à Londres. Il est dans la calèche avec la reine, et tout d’un coup le cheval qui tire la calèche lâche un énorme pet. La reine s’excuse auprès de Jacques Chirac, et Jacques Chirac lui dit “Ce n’est pas grave, je croyais que c’était le cheval”. La suite de l’histoire ne dit pas si la souveraine a apprécié ces propos ou non.

    Les blagues potaches sono gli scherzi di scuola; noi diremmo le battute da caserma. Il resto si capisce.

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