Politica

Analisi semantica degli slogan elettorali

segnalato da Sandro Russo

Ho apprezzato per concisione e chiarezza questo breve articolo di Marco Belpoliti da la Repubblica di ieri 29 agosto e lo propongo ai lettori di Ponzaracconta

Campagna elettorale
Slogan in una sola parola
di Marco Belpoliti

“Credo”, “Pronti”, “Scegli”.
Sono i tre slogan con cui si apre la campagna elettorale del 25 settembre. Tre sole parole.
Gli slogan si accorciano rispetto al passato?
Di sicuro una parola sola suona meglio e colpisce di più.


“Credo”
è un verbo: prima persona singolare indicativo presente. Ma è anche un sostantivo: “L’insieme dei principi ideologici, dello opinioni e convinzione religiose, dottrinali, morali e politiche” (Treccani).
La Lega di Matteo Salvini ha scelto la valenza religiosa: io credo in me; e insieme: io credo in lui. Del resto, negli ultimi tempi si mostra nei social circondato da immagini e simboli religiosi: icone, statuette della Madonna, immagini di santi, rosari, crocifissi al collo.
“Credo negli italiani”, è la formula estensiva dello slogan: s’aggiungono indicazioni specifiche di volta in volta. Il fideismo è l’elemento centrale della psicologia di Salvini.

“Pronti” è lo slogan di Giorgia Meloni. Una espressione più forte di “credo”, più concreta. La parola viene dal participio passivo del latino promere: “tirar fuori”. Si dice “pronti” quando c’è qualcosa di già apparecchiato, o nelle condizioni opportune per essere adoperata subito (Treccani). Noi siamo pronti a governare, questo è il significato. Inoltre: siamo nell’imminenza dell’azione.
Aggiunge possibili contenuti: “a dare un sostegno concreto alle famiglie”, oppure “a valorizzare lo sport e gli stili di vita sani”.
Sia lo slogan di Salvini che quello di Meloni contengono un’indiretta allusione alla retorica mussoliniana.
“Credere, obbedire combattere” era uno dei precetti del catechismo fascista con la sua retorica religiosa e bellicista. “Pronti” esprime la medesima volontà di “azione militare”. C’è il: “Pronti, via!”, la sua traduzione in termini sportivi, lo sport è un refrain della Meloni. Se Salvini usa la prima persona singolare, Io, Meloni la prima plurale, Noi. Noi chi? Noi siamo tutti noi, o indica un gruppo e ne esprime la volontà? Lasciate fare a noi, siamo pronti.
Il colore scelto da entrambi è l’azzurro, colore berlusconiano, rassicurante.

“Scegli” di Letta utilizza la seconda persona singolare, Tu.
Si rivolge all’ interlocutore e lo sollecita. Lo slogan s’accompagna a due colori: rosso e nero. La scelta avviene dal confronto tra due opzioni: “con Putin/con l’Europa”. Il verbo “scegliere” viene dal latino exligere che significa “eleggere”: determinare chi tra più cose o persone sia meglio. Indica un doppio campo là dove invece gli slogan della destra indicano una volontà.
Lo slogan di Letta pone un’alternativa. La stampa di destra ha indicato l’origine novecentesca di questo slogan nel suo aspetto visivo: rossi e neri, comunisti e fascisti. C’è anche questo. Una drammatizzazione del confronto? Ovviamente sì. Quello che la destra di Salvini e Meloni non desidera è portare il confronto su questo terreno, cerca di sostituire i contenuti con l’atteggiamento fideistico, in un caso, e con la convinzione che ora tocca a lei – io Giorgia – governare, nell’altro.
Il peggio che può accadere è che prevalga l’idea che abbiamo già sperimentato negativamente con Berlusconi: proviamo loro. La Lega è già stata al governo, Fratelli d’Italia no. Lo sguardo teneramente deciso di Monna Lisa-Giorgia è accattivante.
La divisione in due campi proposta da “Scegli” rende esplicito qualcosa che la destra vuole occultare: il conflitto. La pandemia e la guerra sono state due esperienze che ci hanno obbligato a scegliere. Faremo così anche ora?

[Di Marco Belpoliti – Da la Repubblica del 29 agosto 2022]

 

1 Comment

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  1. Proposto dalla Redazione

    11 Settembre 2022 at 05:52

    La prima cosa bella di venerdì 9 settembre 2022
    di Gabriele Romagnoli da la Repubblica

    La prima cosa bella di venerdì 9 settembre 2022 è prendere l’autobus. Credo sia l’unico modo, starci dentro, per non vedere quelle sciocchezze di pubblicità elettorali che li tappezzano, fuori. Andando in moto per le strade della città rischio continuamente di sbandare: mi taglia la strada Zingaretti che abbraccia le persone; Salvini che giura di crederci, ma neppure Dio sa in che cosa; la Meloni pronta; Conte che vuole faccia la cosa giusta. E quale sarebbe? Poi ieri ho inchiodato e non mi sono più mosso, perché visto (ri)passare Silvio Berlusconi con la faccia di trent’anni fa, il cielo azzurrino di trent’anni fa, il foglio davanti su cui disegna probabilmente sconcezze e lo stesso slogan: “Meno tasse subito”. Ti possono aver votato una volta, con quella fesseria. Dici due? Facciamo anche tre, ma son passati trent’anni e ancora lì stiamo? Non ne faccio un caso singolo. Faccioni e poi una, due, massimo tre parole. Meglio la prima repubblica: simbolo nome e una croce sopra. Auto-esplicativo. Ma davvero c’è chi si convince per quei visoni in autobus? Se è così merita di essere travolto.

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