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Il primo incarico di don Gennaro a Castellonorato

di Carlo Marcone

Riceviamo la testimonianza del ricordo di don Gennaro Sandolo rilasciata a Carlo Marcone dagli abitanti di Castellonorato, il paesino dove svolse il suo primo incarico nel pieno della tragedia della seconda guerra mondiale. Sappiamo che la memoria è infida, specie quando le si richiedono informazioni a distanza di tempo, mentre è più affidabile la positività o negatività in cui inserisce il ricordo. Certamente don Gennaro per i ponzesi è stato il parroco semplice, timido, disponibile  e questi tratti collimano con gran parte della testimonianza, ma non ci saremmo mai immaginato il suo viaggio avventuroso e pericoloso verso Roma per salvare il tesoro di san Michele. 

Nel 1975 avevo quindici anni. Ero dovuto uscire dalla mia isola per poter studiare in una scuola superiore. Con le mie sorelle abitavamo al primo piano di una palazzina in via Pasquale Testa a Formia, al numero 40.

Dopo pochi giorni un pomeriggio bussarono alla porta: andai ad aprire e mi trovai di fronte la signora che ci abitava accanto. Era una donna avanzata in età, di nome Carmina Marciano, era nata nel 1899 a Castellonorato, un paesino in collina vicino Formia.

Mi disse che aveva saputo che venivamo dall’isola di Ponza e voleva da noi qualche notizia su don Gennaro Sandolo. Se era vivo, se lo conoscevo. Risposi di sì: a quel tempo e da tanti anni svolgeva il suo apostolato nella parrocchia di Le Forna, intestata alla Santissima Assunta in Cielo.

Chiesi perché mi facesse queste domande. La signora Marciano, che nel frattempo mi aveva invitato a casa sua, mi raccontò di aver conosciuto don Gennaro durante la seconda guerra mondiale, poiché don Gennaro al suo primo incarico nel 1936, dopo aver ricevuto la consacrazione, era stato nominato dal vescovo di Gaeta parroco di Santa Caterina, proprio a Castellonorato, incarico che aveva assolto fino al 1945.

Ho capito subito che aveva un bel ricordo di don Gennaro: era un giovane sacerdote molto attivo nella vita quotidiana della parrocchia e quel poco di offerte che i contadini del luogo gli portavano, silenziosamente lo donava ai più bisognosi. Era magrissimo e mostrava una grande timidezza. La guerra era sempre più violenta nell’estate del 1943 e i tedeschi rastrellavano tutto quello che trovavano, cercavano anche gli ebrei. Lui riuscì a nasconderne alcuni per evitarne la deportazione nei campi di concentramento.

Raccontò ancora che, per paura che gli eserciti in guerra potessero rubare l’oro di san Michele Arcangelo, lo nascose in una sacca e lo portò personalmente in Vaticano attraversando a piedi, o con passaggi di fortuna, la via Appia. Poi a fine guerra tornò a riprenderlo e lo riconsegnò alla Chiesa con grande gioia dei fedeli.

Fui colpito da questo racconto perché non avevo mai sentito che don Gennaro fosse stato protagonista di un avvenimento così importante fuori dalla sua terra.

A quindici anni avevo sentito parlare poco della guerra. Forse perché era troppo vicina e tutti quelli che l’avevano vissuta cercavano di allontanarne il ricordo e io fino a quegli anni non avevo mai letto libri sull’orrore della guerra.

Ma non ho mai dimenticato la sig.ra Carmina Marciano e sono felice di aver raccolto una testimonianza così diretta sulla vita pastorale di don Gennaro che è rimasta scolpita dentro di me.

Carmina mi chiese di portare al parroco i suoi saluti e io, alla prima occasione di tornare a Ponza, con il mio motorino raggiunsi la chiesa di Le Forna. Don Gennaro si sorprese della mia visita, ma ricordava benissimo la signora Marciano di Castellonorato e rimase molto contento delle sue parole di apprezzamento.

Dopo quell’incontro la sig.ra Marciano è sempre stata molto affettuosa nei confronti miei e della mia famiglia.

Nel settembre del 1995 ho avuto occasione di andare a Castellonorato per il matrimonio di un mio compagno di scuola. A fine celebrazione, sul piazzale della Chiesa di santa Caterina mi sono avvicinato a un gruppo di persone anziane. Mi sono presentato e poi ho chiesto se ricordavano don Gennaro Sandolo di Ponza. Il nome  ha suscitato emozione in molti di loro e ognuno ha raccontato qualche episodio della sua infanzia legato alla presenza del parroco ponzese che, pur nella miseria della guerra e fra tante atrocità, aveva saputo regalare a tutti qualche momento di serenità.

1 Comment

1 Comment

  1. Emilio Iodice

    26 Agosto 2022 at 12:03

    Caro Carlo, la tua testimonianza e quella degli altri sono fatti che verificano la nostra storia. In “Liberazione” si parla di don Gennaro (don Lorenzo nel libro) e del suo eroismo e di altri a Ponza che hanno rischiato tutto per salvare gli ebrei portandoli all’isola.
    Due ufficiali dell’intelligence americana, (Joe e Tom) nati a New York da genitori di Ponza, partigiani italiani e don Gennaro hanno compiuto un audace salvataggio di questi perseguitati e li hanno salvati dalle grinfie dei nazisti.
    Nell’isola, Don Francesco Sandolo (Don Gabriele in “Liberazione”) Filomena Sandolo e suo marito Franco Feola (Emma e Samuele) insieme a Rafaele ed Emilia (i miei nonni) organizzarono famiglie a Ponza per salvare questi profughi dal male.
    Li nutrirono e li protessero fino alla fine della guerra.
    Noi di Ponza dovremmo ricordare questi incredibili atti di coraggio, come minimo creando targhe e memoriali a questi meravigliosi eroi, in modo che i giovani di Ponza conoscano la loro eredità e abbiano modelli su cui improntare la loro vita.
    Verrà il giorno in cui una nuova generazione sarà costretta a fare scelte coraggiose e dovrà affrontare sfide enormi.
    Sta a noi indicare loro la strada e dare loro esempi di persone come don Gennaro perché sappiano qual è la cosa giusta da fare.

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