Ambiente e Natura

La mia Zannone (2).  I miei ricordi da bambino sull’isola

di Biagio Vitiello

 

Ho scritto di Zannone qualche settimana fa (leggi qui) e dicevo che all’isola ci tenevo molto. Su incoraggiamento della redazione di Ponzaracconta ho cercato di mettere insieme qui un po’ di ricordi…
B. V. 

Quando ero a Zannone coi miei genitori (anni 1956 – ’57), il più delle volte ero l’unico bambino presente nell’isola, ma questo non mi disturbava affatto, perché che mi piaceva molto l’isola, soprattutto essere immerso nella sua natura e imparare a conoscerla.
Ricordo che alle mie sorelle piaceva  Palmarola, per cui in estate erano sempre in quell’isola con nonna Lucrezia D’Arco (la mamma di mia mamma) – leggi qui in Palmarola nel secolo scorso. Le donne di Palmarola, di Mimma Califano -, mentre a me piaceva  Zannone, e seguivo i miei genitori sull’isola ogni volta che ne avevo la possibilità.

In questa foto fatta a Palmarola inizi anni ’50, Lucrezia è fuori dalla sua grotta con la nipote Anna Vitiello, Silverio Conte – fratello del marito di una delle figlie che per molti anni l’ha aiutata nel  lavoro – e il cane (dall’articolo citato in link)

Ricordo che al mattino non aprivo gli occhi, prima di aver detto una preghiera affinché il buon Dio esaudisse il mio desiderio di farmi stare a Zannone, e quando li aprivo ed ero nell’isola, facevo salti di gioia sul letto; tanto che un giorno si ruppe e presi un bella sculacciata da  mamma Lucia (il letto non aveva la rete, ma solo assi di legno sotto il materasso).

La pesca
Alcune volte andavo negli scogli sotto al faro con i miei genitori in un luogo che viene chiamato ’a ceca ’i pisce, pe’ fa’ ’u remiggie (pastone per attirare i pesci)così che poi, quando erano dentro senza vie d’uscita era facile prenderli col retino o con la fiocina.  La “ceca dei pesci” è un luogo simile a una piscina naturale, dove i pesci potevano entrare ed uscire solo da una stretta apertura, che veniva sbarrata con sassi all’occorrenza.

La caccia
Durante il periodo del passo migratorio degli uccelli, andavo di vedetta sopra al Deposito del carburo (minerale che serviva per la luce del faro), ubicato lontano della zona abitata, al margine del bosco. Da quel luogo osservavo se qualche uccello, cadeva nella trappola che avevo teso lontano; ma per fortuna (degli uccelli) non sapevo come farla funzionare (apparavo a pizzicone).
Purtroppo durante il passo primaverile, si trovavano lungo i sentieri uccelli morti per la fatica del lungo viaggio o uccisi da qualche rapace. Io li mettevo nel mio zainetto da cacciatore che mamma mi aveva cucito e mi atteggiavo a cacciatore con la doppietta a tappi di sughero, che avevo precedentemente ricevuto della “Befana dei Fari”.

Il maiale
Un altro dei miei punti di osservazione preferiti, era il muretto della terrazza del faro, precisamente il lato che guarda Palmarola. Di là vedevo la barca di mio padre pescare a calamari con mia mamma o un collega, e poi potevo vedere tutt’intorno a me: un panorama che mi lasciava incantato. Molte volte mio padre doveva rientrare dalla pesca perché Birillo (il grosso maiale allevato in comune dai fanalisti) si era tuffato in mare e aveva raggiunto la barca.
Io di Birillo aveva una grande paura, perché mi si avvicinava quasi minaccioso grufando e allora saltavo su di un muro o sul pozzo per non farmi raggiungere.
Ricordo che questo maiale aveva sempre fame, andava persino nel bosco per abbuffarsi di ghiande, ma un giorno forse ne trovò poche, e cercò di mangiare il bucato di Vittorio Coppa (collega di mio padre) che l’aveva messo a tendere al sole. Birillo, dopo essere arrivato ad un peso enorme, venne ucciso con sommo mio dispiacere: mi faceva paura, ma mica lo volevo vedere morto! Ricordo che piansi per un giorno intero.
Visto che abbiamo parlato d’u zi’ Vittorio, ricordo che se mi comportavo bene, per premio mi faceva ascoltare la sua radio a galena che per me era qualcosa di straordinario.

Faro di Capo Negro Isola di Zannone (1955)

La battaglia dei galli
Un altro giorno sempre stando di vedetta sul mio posto preferito, ho visto nella scarpata sottostante svolgersi una battaglia tra i galli dei due pollai dei guardiani. Naturalmente tifavo per quello del pollaio di mio padre che era di gran lunga più bello e forte. Sempre dal posto di vedetta, scrutando il mare, ho visto persino due pinne di squalo affiorare dall’acqua, quasi sotto al faro: lo ricordo benissimo.

I Sacco
Un altro giorno, con un tempo di forte Scirocco, ho visto approdare sotto il faro un gozzo tipico ponzese, di pescatori di Le Forna, che vennero su per prendere dell’acqua da bere. Erano i fratelli Sacco. Ci regalarono del pesce e una grossa tofa (che ancora conservo).

I mufloni
Un giorno di mare cattivo, il collega e cugino di mia mamma, Silverio Scotti, disse a mio padre: Oggi si mangia carne! (era una rarità per il fatto che non avevamo ancora il frigorifero). Si andò a posizionare all’inizio del bosco vicino al faro, e quando vide un muflone gli tirò una fucilata, una sola, che lo fece stecchito.
Silverio Iodice, il guardiano della riserva di caccia, sentendo il botto, si affacciò dall’alto del Monastero e gridò: Che avete sparato? Il nostro Silverio Scotti disse che aveva sparato una quaglia, e la fece anche vedere, sbandierandola con un braccio; ma era vecchia di qualche giorno.
Un’altra volta – mi raccontò mio padre – il suo collega Silverio Scotti vide un muflone precipitare dall’alto del Monte Pellegrino nella spiaggia sottostante. Fu recuperato e macellato e si pensò di spedirlo a Ponza tramite il guardiano, che andava lì.
Siccome i fanalisti mandavano delle attrezzature rotte del faro a Napoli, al comando Zona, tramite la vecchia cisterna militare Sesia, per essere riparati, pensò bene di impacchettare il muflone, come se fosse un oggetto da mandare a Napoli, con una lettera di accompagno, da consegnare a mia mamma insieme al pacco. Il buon Silverio portò fino a casa di mia mamma il tutto, e aprendo la lettera capì lo stratagemma e portò come raccomandato, la metà del muflone alla moglie del collega.

Andreotti
In un giorno di tempo bello, poteva essere l’estate del ’56 o del ’57, un pomeriggio, buttò l’ancora a poca distanza dall’approdo del faro, una nave della Marina Militare. Mio padre pensò che fosse venuta per l’ispezione di routine che il comandante della Zona Fari faceva solitamente. Dopo poco scesero dalla nave degli ufficiali e marinai con in mezzo un signore in giacca e cravatta; erano venuti solo per visitare il nostro faro, di questo piccolo isolotto quasi disabitato. “Il signore” si presentò a mio padre (che era il reggente del faro) come l’onorevole Andreotti.

Dopo i saluti e le presentazioni, visitò effettivamente il faro e chiese a mio padre se i guardiani avessero bisogno di qualcosa, visto che vivevano in condizione disagevoli. Mio padre chiese ad Andreotti se potevano avere in dotazione del faro un frigo a gas, (erano usciti in Italia da poco), per poter conservare il cibo deteriorabile per più giorni (a Zannone non vi era la rete elettrica, e il faro funzionava a vapore di carburo). L’onorevole assentì e chiese se c’erano altre richieste; allora mio padre, dopo averci pensato un poco, rappresentò ad Andreotti che i guardiani dei fari di Ponza non avevano la possibilità di far studiare i figli, perché a Ponza c’erano solo le scuole elementari e l’avviamento professionale. Quindi se i figli dovevano proseguire gli studi, dovevano stabilirsi fuori dall’isola, con costi difficili da sostenere per un fanalista (lo sapeva bene mio padre, in quanto la figlia più grande, Rosalia, nata nel 1941, frequentava un Istituto Magistrale vicino Roma. Prospettando poi che gli altri figli avessero voluto proseguire gli studi (Anna 1943, Silveria 1948, Biagio 1950), non avrebbe potuto sostenere la spesa.
Andreotti, che in quel tempo ricopriva un incarico importantissimo nel governo Segni, disse a mio padre di non preoccuparsi, perché c’erano collegi convenzionati per i dipendenti statali, per i quali lo Stato contribuiva alla retta in modo determinante. È stato da allora che molti figli dei guardiani hanno potuto continuare gli studi andando nelle scuole del continente: io stesso e le altre mie sorelle abbiamo usufruito di questa agevolazione.
Dopo qualche settimana, la stessa nave della Marina Militare, ci portò un grande frigo a gas e un bel carico di bombole per  alimentarlo (a Zannone non veniva usato il gas; per cucinare c’era la cucina col forno funzionante a legna).
Ricordo che da quel giorno, noi bambini di Zannone, festeggiavamo nel pomeriggio bevendo una granita a limone, fatta col ghiaccio del frigo (una rarità a quei tempi anche per Ponza).

Le pescate di mio padre
A Zannone mio padre faceva grande pescate; la pesca preferita era con le nasse, che lui stesso faceva , ne aveva un deposito pieno. Ricordo che mi disse di aver preso con una nassa grande, un enorme cernia che era entrata solo con la sola testa. Essa fu poi portata a Ponza per venderla (con la sua barca a motore Lawson 4 tempi, 3,5 Hp; con un solo pieno di benzina, mancava poco per farci l’andata e ritorno da Zannone) e che aveva ricavato dalla vendita l’equivalente di uno stipendio mensile  da fanalista (il rigattiere era ’u Quattariell’).

A pesca a Zannone. Con la barca del faro. Ai remi lo zio di Enzo Di Fazio, Silverio Scotti, a prua il padre

I signori di Zannone
Succedeva spesso che parte del pescato, di mio padre e colleghi, lo portavamo noi bimbi sopra al Convento, al Casino di Caccia, dove stavano dei nobili milanesi che avevano preso in affitto l’isola per finalità venatorie. Mi ricordo del conte Mosca che  rimpinzò me e Pompeo, figlio del collega di mio padre, di caramelle e cioccolate, Ce ne diede anche tante da portare agli altri ma al ritorno al faro ci sedemmo nel bosco e le mangiammo quasi tutte, tanto che ne restarono ben poche da dividerne con gli altri bambini che stavano al faro.

Compagni di giochi
Un giorno che eravamo andati su al convento con mia mamma, per far visita alla famiglia del guardiano, mi misi a giocare con Alfonso Iodice, il figlio dell’allora “guardiano di Zannone”. Senonché “i signori” avevano lasciato i fucili carichi su di un muretto. Alfonso mi disse: Ora ti faccio vedere come si spara! Mise la mano sul fucile e fece partire il colpo. C’è mancato poco che mi colpisse. Mi avrebbe preso se mi fossi alzato per raccogliere i tanti bossoli di cartucce vuoti che stavano sparsi sotto al muretto.
Quando andavo al convento da solo, per portare del pesce, avevo una gran paura dei mufloni, perché ad un punto preciso del sentiero che porta al convento, mi attraversavano la strada all’improvviso. Era un attimo, me lo ricordo preceduto da un forte fischio.

Pasquetta
Ricordo una pasquetta (Pascone) a Zannone. Ci vennero a far visita tutta la famiglia della moglie di Vittorio Coppa, la famiglia di Giuseppe ’i Mamena al completo col capostipite e anche il cancelliere, tutti sul gozzo di famiglia.
Un altro ricordo è di quando mamma mi portava sulla costa di Zannone per lo “stracquo”. Un giorno trovammo su degli scogli delle quaglie uccise dal falco pellegrino; poi in un pozzo, al margine del bosco lato faro, una bottiglia strana ,che era in fondo al pozzo, che però non riuscimmo a prendere.

Il muro e la nicchia con San Silverio (foto di Silveria Aroma)

San Silverio
Tra i vecchi ruderi del monastero, si trova ancor oggi una nicchia in cui è stato sistemato un mezzobusto di San Silverio. Prima l’effigie si trovava nella parte est dell’isola, in un punto molto scosceso, dove un cacciatore si era salvato da una rovinosa caduta invocando San Silverio. Poco tempo dopo il cacciatore miracolato fece intagliare un mezzobusto del Santo San Silverio che andò a posizionare dove era avvenuto il miracolo. Qualche anno dopo però, il mezzobusto dovette essere spostato perché rischiava di essere rovinato malamente dai mufloni.

La nicchia con l’effigie del Santo Di circa vent’anni prima rispetto alla precedente: non è ancora scolorita

’U murteciéll’ ’i Zannone

Nell’anno 1985 – l’infanzia era finita da un pezzo; ero già medico – sostituivo il dott. Aprea come ufficiale sanitario a Ponza, nel mese di ottobre dello stesso anno venni chiamato dai Carabinieri di Ponza, per fare un sopralluogo alla fine della spiaggia dietro il faro di Capo Negro (dove inizia il bosco) perché vi erano delle ossa umane, apparentemente di un individuo giovane. Raccolte le poche ossa (bianche per l’esposizione alle intemperie), capii che non poteva esserci stato un omicidio, e ricordai che mio padre mi diceva che oltre un secolo fa, su una nave che portava alimenti a Napoli, morì accidentalmente un figlio di un marinaio, e per non fare la quarantena (altrimenti perdevano il prezioso carico), decisero di seppellirlo su quella spiaggia. Ma poi l’improvvisata sepoltura fu scoperta dalle mareggiate e un fanalista (Bonlamperti) decise di seppellirlo all’inizio della lecceta.
Dopo tanti anni avvenne una frana in quel luogo, che devio le acque pluviali, e il giovane venne di nuovo quasi disseppellito, tanto che alcune ossa furono trasportate dal “lavo” sulla spiaggia. Quel luogo veniva chiamato appunto ’u murteciello’, ma malgrado le dicerie popolari e fantasiose ricostruzioni giornalistiche, non si trattava di un omicidio riconducibile al conte Casati Stampa.

***

A cura della redazione
Le immagini sono state riprese dagli articoli presenti sul sito (in gran parte citati).
Sul sito, hanno scritto dei propri ricordi su Zannone (articoli in ordine temporale):

Sandro Russo
https://www.ponzaracconta.it/2011/04/21/l’isola-misteriosa/
https://www.ponzaracconta.it/2011/04/24/lisola-misteriosa-2/
https://www.ponzaracconta.it/2011/05/04/lisola-misteriosa-3/

Domenico Musco
https://www.ponzaracconta.it/2017/03/20/la-mia-zannone/

Silveria Aroma
https://www.ponzaracconta.it/2020/10/02/zannone-in-11-scatti/

Enzo di Fazio 
https://www.ponzaracconta.it/2011/02/14/fari-e-ricordi/Il mestiere di guardiano del faro-una vita da cristiani

https://www.ponzaracconta.it/2011/03/04/fari-e-ricordi(2)/Quando Zannone era in fitto ai Casati
https://www.ponzaracconta.it/2011/04/23/far i-e-ricordi(3)/A primma vote a “fellune”
https://www.ponzaracconta.it/2015/01/09/quando-la-cernia-non-si-accontenta/
https://www.ponzaracconta.it/2016/08/27/racconto-d-estate-quando-a-zannone-c-era-la-marchesa-casati/
https://www.ponzaracconta.it/2021/05/06/zannone-e-la-notte-della-pesca-miracolosa/
https://www.ponzaracconta.it/2021/05/27/a-zannone-a-pesca-di-emozioni/

Zannone vista da Procida (foto di Francesco De Crescenzo)

Per gli aspetti burocratici-gestionali ne hanno scritto anche:

 

Mimma Califano
https://www.ponzaracconta.it/2019/01/25/la-verita-su-zannone/
https://www.ponzaracconta.it/2020/04/14/lex-casa-di-caccia-di-zannone-lettera-aperta-su-troppe-parole-in-liberta/
https://www.ponzaracconta.it/2020/04/24/il-contenzioso-zannone-aggiornamento/

Luigi Maria Dies
https://www.ponzaracconta.it/2022/01/03/il-parchiderma-i-daini-e-zannone/

2 Comments

2 Comments

  1. Maria Candida Conte

    25 Agosto 2022 at 13:58

    Caro dott. Biagio,
    grazie per il lungo bellissimo articolo. Per me una ventata di aria fresca nell’atmosfera magica della nostra isola. Leggo di tutto, tutto mi interessa – modestamente, mi sono laureata all’Università di Padova, qualche annetto fa…- ma, sarà per la vetusta… età o per il carattere, trovo confortanti e appaganti le immagini e gli scritti che trattano del mio paese.
    Quella foto, poi, della nonna, a Palmarola!? Un regalo inatteso. Lucrezia: un mito, della mia adolescenza, che rispecchiava, negli occhi azzurri, tutta la magia misteriosa dell’isola. Lo stesso sguardo azzurro che ritrovavo in Lucia, la sua Mamma, dottore, sin quando ho potuto incontrarla in chiesa.
    Mia madre adorava Lucrezia e la sua casa, agli Scotti. Quando era ora di fare il pane, mia madre, la sera precedente l’infornata, se ne andava a casa di Lucrezia a mangiare e dormire… per essere presente al rito antico… del pane di casa, di buon’ora, per riscaldarsi al crepitio d’i pennecill’.., ed attendere che si cuocesse la pizza, nei contenitori rettangolari… neri, di un tempo…
    Tiemp’ bell’ ‘i ‘na vota... Indimenticabili, semplici, felici…
    Grazie. Questa è per me Ponzaracconta!

  2. Biagio Vitiello

    26 Agosto 2022 at 10:32

    Buongiorno, ho letto con interesse quanto scritto dalla signora Maria Conte, che ringrazio; non ero a conoscenza della panificazione a casa di mia nonna: che bella tradizione!
    Comunque il rito della panificazione… La facciamo allo stesso modo a Punta Incenso. Vedo di trovare le foto.

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