Mare

Due storie del profondo blu

proposto da Sandro Russo

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Un’intervista in cui mi sono imbattuto per caso, su la Repubblica di oggi, ad una campionessa dell’apnea, Alessia Zecchino – ripresa dal libro di Federico Pace: “La più bella estate” (da cui già abbiamo pubblicato l’intervista  a Renzo Piano)– mi ha precipitato nel blu profondo di altri articoli pubblicati anni fa sul sito.
Li riproponiamo (link a fondo pagina) insieme a due testimonianze di grandi campioni dell’immersione profonda

La campionessa. Il momento di una delle immersioni eseguite da Zecchini a metà luglio del 2021 nel Dean’s Blue Hole, dove ha battuto tre record mondiali e uno italiano al Vertical Blue

Alessia Zecchini: “I tre minuti da ubriaca nel blu degli abissi per il record in apnea”
di Federico Pace

Nella prima parte ho spinto forte. A 74 metri è iniziata la fase più difficile della risalita: ma io amo quell’ebbrezza
Il primato era di Sayuri Kinoshita che è morta nel 2019. L’impresa del 15 luglio 2021 la dedico a questa atleta solare

Si sente sempre il bisogno di tornare verso il mare. Per perdersi. Per ritrovarsi.
Soprattutto d’estate. Così è accaduto anche all’apneista trentenne Alessia Zecchini quando nel 2021 si è andata a tuffare in una voragine azzurra al di là dell’Oceano. Ha battuto tre record mondiali e uno italiano. E ha vinto la medaglia d’oro insieme al campione russo Alexey Molchanov.

Zecchini, sul mondo sottomarino ci sono mille leggende a cui si guarda con timore e attrazione. Perché si immerge?
«Mi affascina il mare, guardare sott’acqua. Mi piace il blu. Scendere per fare i record è solo una conseguenza, un modo per rimanere in quel mondo lì».

Ai primi di giugno 2021 è andata alle Bahamas. A metà luglio si sarebbe svolto il Vertical Blue, una sorta di Wimbledon dell’apnea. Come ci è arrivata?
«Per il Covid le tratte aeree erano cambiate. Ho fatto scalo a Panama, poi da lì a Nassau. Infine, con un volo locale, un aereo davvero piccolino, tutto scassato, fino a Long Island».

Le gare si svolgevano al Dean’s Blue Hole, una voragine profonda oltre duecento metri. Una baia protetta. Era la prima volta?
«No, era il terzo anno. Ero pronta psicologicamente. Il Blue Hole è profondo e stretto. Dopo trenta metri di discesa comincia a essere buio e dopo i sessanta non si vede niente».

Si è allenata a lungo, il 14 luglio in gara è scesa a 101 metri con la monopinna. Poi il 15 luglio il record del mondo nella disciplina più complicata. Doveva scendere senza attrezzi e in assetto costante. Fino ad allora il record era di 73 metri della giapponese Sayuri Kinoshita. Cosa ha fatto prima del tuffo?
«Colazione due ore e mezza prima. Poi, per cinquanta minuti, stretching muscolare, respiratorio e toracico. Solo dopo, sono andata sulla baia. Era un giorno particolare. Era l’anniversario proprio della morte di Sayuri Kinoshita, una delle avversarie più forti al mondo, scomparsa nel 2019. Era suo, il record da battere».

Ci può descrivere l’attrezzatura di allora?
«Avevo una muta su misura, molto idrodinamica, sottilissima perché in quei mari l’acqua è calda. Poi gli occhialetti allagati d’acqua con lenti particolari che mi permettono di vedere sott’acqua. Poi, ovviamente, il tappa-naso e il lanyard, il cavetto di acciaio che mi collegava alla cima, così che in caso di inconvenienti il corpo potesse essere riportato in superficie. E poi un profondimetro».

L’istante prima del tuffo, quando ha preso aria, quanto è durato?
«Avevo tre minuti e in quei tre minuti era importante ventilarsi nel modo più rilassato possibile, poi ho effettuato l’ultimo respiro e immagazzinato tanta aria».

Poi, senza più respirare, si è tuffata. Cosa ricorda?
«Nei primi metri ho dovuto spingere tanto, il corpo, ancora in assetto positivo, tende a galleggiare, l’impegno muscolare è massimo».

E andando più giù?
«Man mano che scendevo si dimezzava la quantità d’aria nei polmoni. Verso i quaranta metri, l’assetto diventa negativo e si tende a affondare. Tutta l’aria del corpo è compressa. Ho cominciato a cadere».

Ovvero?
«Senza fare niente scendevo un metro al secondo. Volavo verso l’abisso».

Ho visto quando ha toccato il piattello fissato alla profondità di 74 metri. Senza strumentazione non c’era arrivata nessuna donna.
«Lì è iniziata la fase più difficile che a me piace tantissimo: la risalita».

A cosa è stata più attenta?
«A spingere e allo stesso tempo a essere economica. Perché la strada era lunga.
Niente panico.
Dovevo mantenere la giusta velocità, ma non potevo neppure andare troppo piano perché altrimenti la narcosi diventava troppo forte».

Di cosa si tratta?
«Sei come ubriaco, è un’ebbrezza che si prova sott’acqua. La provano i subacquei a quaranta metri, gli apneisti più a fondo, ma molto più forte. Si vedono cose che non esistono e si perde l’attenzione su ciò che stai facendo».

Durante la risalita, a un certo punto, il corpo torna di nuovo positivo e il mare quasi accompagna verso la superficie. Eppure gli ultimi venti-trenta metri sono i più difficili.
«Negli ultimi metri c’è una sovra distensione polmonare. Però l’ossigeno l’avevo consumato. C’è una drastica riduzione della pressione e il corpo subisce di più la carenza di ossigeno».

Poi è uscita fuori. È stata immersa 3 minuti e 2 secondi senza prendere fiato. Ha dedicato la sua impresa proprio a Sayuri Kinoshita. È stato come chiudere un cerchio. Era molto legata a lei?
«Era un’atleta solare, disponibilissima con tutti. La più forte in tutte le discipline, ogni volta confrontarmi con lei è stato bellissimo. Ricordo che nel 2018 ogni giorno ci superavamo in un nuovo record del mondo. Nel 2019 aspettavo arrivasse quando invece ho ricevuto la notizia della sua scomparsa» (1).

I suoi ricordi d’estate sono sempre collegati al mare?
«Sì. Da piccola, i miei genitori mi portavano al mare e in montagna, finché quando a neppure dieci anni, capirono che dovevano portarmi solo al mare».

Ma cosa mangia per mantenersi in forma?
«Seguo la dieta mediterranea. Non mi piacciono i dolci e quindi non faccio fatica a rinunciare a dolci o ai fritti».

Non mi dica che non ha una debolezza?
«Non posso rinunciare alla pizza del forno. Bianca o rossa».

L’amore per il mare l’ha cambiata?
«Sicuramente mi ha spinta a trasmettere questo amore a tutti. A trasmetterne il rispetto. Perché quello che vedo sotto acqua, in questi ultimi anni, per colpa dell’inquinamento, è veramente tragico. Tutto è in pericolo, i pesci, i coralli, la vita. Bisogna fare qualcosa. Subito».

[Da la Repubblica del 21 agosto 2022, pag. 22]

Da la Repubblica del 21 agosto. Alessia Zecchini. pag 22.pdf

 

Sayuri Kinoshita

Nota
(1) –
Sayuri Kinoshita  – 18 luglio 2019 (askanews) – La campionessa d’immersione libera Sayuri Kinoshita, che ad aprile 2016 segnò il record mondiale con 72 metri di profondità, è morta in seguito a una caduta. Lo scrive l’agenzia di stampa Kyodo. La polizia crede che si sia trattato di un incidente, ma ancora non è riuscita a stabilire le cause della caduta.

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Francisco Ferreras ”Pipin”: il re degli abissi
di G. B. da https://www.nauticareport.it/

Narra la leggenda che ha imparato prima a galleggiare che a camminare Francisco Ferreras alias Pipin, nato il 18 gennaio 1962 a Cuba.

Un mito mondiale dell’apnea. Il primo uomo a toccare i -171 metri. Un vero eroe degli abissi. Lo abbiamo incontrato recentemente in una manifestazione dedicata alla subacquea dove con garbo, cortesia e grande  disponibilità  ha firmato autografi e regalato un sorriso ai tanti fan dell’uomo protagonista di una storia drammatica: nel 2002 la moglie Audrey Mestre morì in un’immersione con l’obiettivo di toccare i -171 metri.

Un evento tragico che segnerà la sua vita, era l’organizzatore del tentativo di record. Nel 2003 Pipin fa l’ultimo tuffo della sua carriera e tocca quella profondità. Un chiaro  tributo alla moglie, per poi lasciare l’agonismo. Ma c’è la rielaborazione del lutto che lo porta a  scrivere  “The Dive”, un bestseller internazionale dedicato  al profondo (in tutti i sensi) legame d’amore con Audrey.

Un libro  che conquista il regista James Cameron, quello di Titanic e Avatar, che compra i diritti. Pipin si dedica al cinema. Una vera passione per l’uomo delle profondità che ci svela rispondendo ad alcune domande.

Ci racconti i tuoi progetti cinematografici?
“Sto lavorando ad un film storico, ambientato a Cuba nel 1700. Una storia di tesori, una battaglia navale, spionaggio, traffici, navi, amore. Poi la produzione di una serie televisiva a Miami in 13 episodi: Hunting the Abyss. Facciamo vedere la bellezza dell’oceano. Poi la collaborazione con James Cameron il regista di Titanica e Avatar per la realizzazione del film tratto dal mio libro The Dive, il mio racconto biografico, la  storia con mia moglie, l’apneista francese Audrey Mestre”.

Un’altra tua passione è il filone dei documentari?
“Ho iniziato proprio come protagonista di alcuni filmati di questo genere che permette di raccontare il mondo subacqueo e farlo conoscere ad un pubblico più vasto. Ho fondato la CAMM Productions, la mia casa di produzione che mi ha regalato e mi regala tante soddisfazioni”.

Insomma, la vita di Pipin è sempre in acqua. Sopra e sotto. Elemento fondamentale della sua biografia. E oltre la telecamera si dedica all’insegnamento. “Ho sviluppato un nuovo sistema didattico dedicato all’apnea”. Il maestro dei maestri perché Pipin da il suo contributo nella formazione degli istruttori. Un lavoro che lo porta in giro per il mondo, ma mai troppo lontano dall’acqua.
”Sono molto impegnato su questo fronte. Un  programma dove convivono l’esperienza e la tecnica sviluppati in tanti anni  con l’innovazione e la tecnologia. Strumenti  molto utili per la realizzazione  dei corsi”

E il rapporto con il mare?
“Dovremmo nutrire un grande rispetto verso di lui. Ricordiamoci che non possiamo distruggerlo, lui è più forte di tutti noi. Dobbiamo stare attenti, molto attenti…”. Un monito tutto da seguire quello di Francisco  Ferreras alias  Pipin

www.pipinferreras.com

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Sul sito:

Quanto è profondo il mare. Florilegio (1)  del 19 aprile 2013
Quanto è profondo il mare (2). Libri e film nel blu
del 20 aprile 2013

 

 

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