Scrittori

La Nostalgia del tempo in cui si stava meglio

segnalato da Sandro Russo

 

Possiamo ben saperne (parlarne/scriverne) noi – contributori e lettori del sito, intendo -, che la nostalgia l’abbiamo scomposta e assaporata in ogni sua più recondita piega.
Perciò propongo questo articolo di Vittorio Lingiardi (Milano, 1960), psichiatra psicoanalista, professore ordinario all’Università di Roma ‘la Sapienza’ e collaboratore di Repubblica -, da la Repubblica di oggi 19 agosto.

Il commento
Fuoco e ghiaccio, se il clima attacca chi l’ha stravolto
di Vittorio Lingiardi

 Dopo il Covid pagheremo un prezzo psicologico alto anche al surriscaldamento I politici ascoltino gli scienziati e i poeti

Mi svegliano alle sette del mattino dei forti colpi alla porta, alle finestre. È una richiesta d’aiuto, ma non di umani, è grandine del diametro di un mandarino. A bussare è il clima, che mentre ci attacca chiede la nostra attenzione. Vuole farci capire che l’equilibrio si è rotto. Un equilibrio che è anche tra psiche e natura. Una grandinata spaventosa si è abbattuta su Sestri Levante, il vicino di casa novantaseienne dice che così non l’ha mai vista. I tetti delle cabine sono volati, gli alberi spezzati. Gabbiani morti sulla scogliera, uccisi dal ghiaccio e dal vento almeno a cento all’ora. Mentre vedevo il tavolo di ferro del mio terrazzo saltare come un ramoscello, un amico da Pantelleria mi manda un video dell’isola in fiamme. Ancora fuoco, come in tutto questo luglio torrido. Incendi divampati anche a Roma. Ai fuochi dolosi si aggiungono quelli per autocombustione e incuria territoriale. Il clima rovente di un pianeta stravolto che fa sciogliere i ghiacciai come la Marmolada, undici morti. Ghiacci liquefatti al ritmo di miliardi di tonnellate ogni anno.

Fuoco e ghiaccio è una poesia di Robert Frost sulla fine del mondo.
«C’è chi dice che il mondo finirà col fuoco/e chi col ghiaccio. Per ciò che ho assaporato io del desiderio/ sto con chi tiene per il fuoco./ Ma dovesse perire due volte/ so di saper dell’odio a sufficienza/ da dire che a distruggere/anche il ghiaccio va bene/e basterebbe ».
È in una raccolta uscita da poco per Adelphi, magistrali traduzioni di Silvia Bre. La riporto per intero perché sia evidente quanto sempre culturale sia il naturale, quanto mentali gli elementi che formano il mondo. E quanto politica la gestione della natura, del paesaggio, del clima. Pensateci quando voterete.

La natura è sempre stata anche violenta, fuoco e ghiaccio sono magnifici oggetti alchemici e simbolici. Ogni junghiano lo sa. Ma oggi, che dalla natura viviamo sempre più dissociati, dobbiamo imparare a mentalizzare la sua violenza “innaturale”. Imparare a pensare questi momenti cataclismatici anche come cedimenti di un organismo psicosociale, azioni condotte da quello che Fairbairn, psicoanalista degli anni 40, chiamerebbe un “sabotatore interno”. Cioè noi che attentiamo alla nostra salute ambientale e dunque mentale.

Nel 2014, la scrittrice Zadie Smith pubblica sulla New York Review of Books un articolo in cui osserva che per ciò che sta accadendo al clima c’è un linguaggio scientifico (si veda il libro del fisico Krauss, La fisica del cambiamento climatico, Cortina editore), ma non ci sono parole intime e psicologiche. Parole capaci di raccontare il sentimento di impotenza e perdita che proviamo in questi momenti, il danno ai nostri mindscapes, per usare un termine a me caro.

Non voglio fare Cassandra, ma temo che, dopo il Covid, pagheremo un alto prezzo psicologico anche al cambiamento climatico. La letteratura specialistica inizia a occuparsene. Siccome un modo, non sempre efficace, per padroneggiare un trauma è nominarlo, Glenn Albrecht, filosofo australiano docente di sostenibilità, ha inventato una parola: “solastalgia” (è già in Treccani). Da solacium (in latino “conforto”, “consolazione”) e algos (in greco “dolore”). Vuole descrivere gli effetti psicologici del cambiamento climatico, il dolore malinconico per la fine dell’idea di una vita in relativa armonia con l’ambiente, un sentimento di perdita dell’esperienza del luogo, la dislocazione che può erodere il senso di appartenenza. Hartmann, altro psicoanalista d’un tempo, parlerebbe di perdita dell’“ambiente medio prevedibile”. Le popolazioni indigene sterminate dall’avidità di altri umani la conoscono da secoli.

Psiche e ambiente sono inseparabili. Che ogni territorio incendiato, ogni ghiacciaio in liquefazione siano un allarme psichico oltre che ambientale. Occorrono “scelte essenziali” (le definisce così il Nobel Giorgio Parisi), domestiche e planetarie.
Ma questo messaggio può passare nei comportamenti solo se prima passa nei neuroni. Fuochi e ghiacci, che pur contengono la meraviglia del creato e un tempo erano divinità, sono diventati malattie. Occorrono una cura della politica e una politica della cura.
Consapevolezza psichica e capacità empatica per sentire dentro di noi il fuoco e il ghiaccio che gli scienziati e i poeti sanno sentire prima degli altri.

Immagine di copertina: Da www.aforismario.it

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Appendice (cfr. commento di Sandro Russo)

2 Comments

2 Comments

  1. Sandro Russo

    19 Agosto 2022 at 21:05

    Solastalgia (è già in Treccani). Da solacium (in latino “conforto”, “consolazione”) e algos (in greco “dolore”). Vuole descrivere gli effetti psicologici del cambiamento climatico, il dolore malinconico per la fine dell’idea di una vita in relativa armonia con l’ambiente, un sentimento di perdita dell’esperienza del luogo

    Bruttissima parola – anche se è stata recepita dalla Treccani – per indicare un sentimento così profondo e delicato, costituita dalla fusione di una radice latina e un suffisso greco. Non si può ricordare.
    Personalmente ricorro al titolo di un film di James Bond, il 22º capitolo della serie, con Daniel Craig: Quantum of Solace del 2008 diretto da Marc Forster (stesso titolo in italiano, ma si può tradurre “un po’ di conforto”)

    Locandina del film nell’articolo di base, per fissare il nome nella memoria

  2. Pino Moroni

    21 Agosto 2022 at 13:12

    Bravo Lingiardi, quando dopo le parole dello scienziato Giorgio Parisi (Nobel dei nebulosi sistemi complessi) “Occorrono scelte essenziali domestiche e planetarie”, aggiunge che questo messaggio può passare nei comportamenti solo se prima passa nei neuroni. Ma, nessuno lo vuol dire chiaro, nella mutazione antropologica corrente, i neuroni ce li siamo belli che giocati!

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