Libri

“Il bibliotecario di Ventotene”, vita e rivoluzioni di Mario Maovaz secondo Roberto Spazzali

segnalato da  Paolo Iannuccelli

 

Dal Piccolo di Trieste del 27 luglio 2022: Vita e rivoluzioni di Mario Maovaz idealista per l’Europa

Nel libro “Il bibliotecario di Ventotene” Roberto Spazzali ricostruisce la biografia dell’antifascista fucilato a Trieste nel ’45

Si può immaginare qual era il clima nelle stanze della biblioteca del confino sull’isola di Ventotene, dove, alla fine degli anni Trenta, sconta la sua pena il triestino Mario Maovaz. La biblioteca era stata creata al confino di Lipari, quindici anni prima, poi era stata trasferita a Ponza e quindi divisa fra le isole Tremiti e Ventotene, dov’erano relegati gli antifascisti più irriducibili. Nonostante i controlli della polizia, la biblioteca, che vanta una collezione di ben tremila volumi, viene «arricchita da nuovi acquisti, quasi quattrocento volumi all’anno, anche di autori classici del marxismo e dell’anarchismo, proibitissimi altrove, e del pensiero liberale». Senza contare altri libri super-proibiti nascosti nelle nicchie scavate dietro gli scaffali e camuffati da innocui romanzi. A gestire quest’isola del pensiero libero sull’isola del confino è appunto Mario Maovaz, che deve fare fronte alle richieste di almeno seicento confinati (su ottocento) tutti accaniti lettori. Ricorderà il socialista riformista Alberto Jacometti: «Chiedono il tal o tal altro libro e Maovaz, il capo bibliotecario, strilla, con quanto fiato ha in canna: “Fuori! Fuori!”».

Poche parole che però tratteggiano il carattere di Maovaz, uno dei personaggi più significativi della recente storia di Trieste: nato a Spalato nel 1880 da madre croata, autodidatta, buon conoscitore di almeno sei lingue, di sentimenti italiani e cultura profondamente europea, mazziniano di estrazione democratico-radicale, antifascista, attivista nel 1944 del movimento autonomista “Trieste libera”, più volte incarcerato o mandato al confino, Mario Maovaz morirà fucilato a Trieste dopo aver subito le torture della banda Collotti il 28 aprile 1945, pochi giorni prima la fine della guerra e la cacciata dei nazifascisti dalla città adottiva.

La sua salma oggi riposa accanto a quella della moglie nel cimitero di Sant’Anna, e a lui nel 1965 è stata dedicata una via a Borgo San Sergio. Ma forse non tutti ricordano chi era Mario Maovaz, un vero figlio della frontiera, «uomo di notevoli orizzonti rivoluzionari, sinceramente idealista, lontano dalle ideologie, estraneo al settarismo, incapace di pensare a grandi organizzazioni politiche di massa e piuttosto incline all’azione solitaria e cospirativa». Un cane sciolto, insomma, uno spirito libero cui adesso lo storico Roberto Spazzali (sue le precedenti citazioni) dedica un’ampia e dettagliata biografia, “Il bibliotecario di Ventotene. Mario Maovaz: un rivoluzionario per l’Europa dei popoli e l’autonomismo triestino”, pubblicato dall’Istituto regionale per le storia del movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia (pagg. 335, euro 20).

Spazzali ha scandagliato tutte le fonti disponibili per ricostruire passo passo la vicenda umana e politica di Mario Maovaz, in particolare i quaderni del figlio Sigfrido, messi a disposizione dal nipote Marco Maovaz, in cui Sigfrido riportava memorie e dialoghi con il padre, oltre ai documenti degli uffici della polizia politica e delle colonie di confino. Ne emerge la figura complessa di un uomo inquieto, animato da un focoso senso di giustizia, che già nel 1902, all’età di 22 anni, lascia Spalato per partecipare ai moti antimonarchici in Serbia, per finire nel 1905 nella rivoluzione popolare di Odessa. In seguito Maovaz si trasferisce a Trieste, dove si sposa nel 1914, in tempo per essere arruolato nel Deutsche Marine-Spezialkomando. Il servizio militare durante la Grande guerra non gli impedisce di fondare a Pola un comitato segreto a sostegno della rivolta scoppiata il 1°febbraio 1918 nella base navale delle Bocche di Cattaro. Insomma un rivoluzionario tutto d’un pezzo, animato da un’ansia libertaria che lo porterà prima a tenere le distanze dal neonato fascismo, e poi a buttarsi a capofitto nella lotta antifascista.

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