Malacologia

Le conchiglie e la porpora

di Italo Nofroni

L’argomento “conchiglie” tra i lettori di Ponzaracconta non ha mai destato un interesse travolgente, ma ha sempre costituito un richiamo. Io stesso ho visto, nelle case ponzesi, discrete collezioni di conchiglie, forse nate dalla frequentazione di quel negozietto che in altri tempi vendeva oggetti esotici “La casa del corallo” a Sant’Antonio, vicino alla Farmacia, quindi soprattutto appariscenti conchiglie esotiche… All’inizio. Ma come l’appetito vien mangiando, così l’interesse si accende per la frequentazione di un tema e molte di queste collezioni nel tempo si sono arricchite di esemplari più comuni, risultato di maggiori conoscenze.
Tempo fa avevamo una rubrica sul sito, che trattava di conchiglie. La curava Italo Nofroni, esperto malacologo conosciuto attraverso amici comuni alla “Sapienza”. Vennero pubblicati una decina di articoli, molto interessanti,  tra il 2013 e il 2016 [si possono ricercare attraverso l’indice per Autore: Nofroni Italo].
L’occasione di un nuovo contatto è stato un articolo sul sito, del giugno scorso, che presentava un libro sulle conchiglie.
Ho ricontattato Italo Nofroni che nel frattempo ha avviato una collaborazione importante con il Museo di Parigi (congratulazioni!), per riprendere uno scambio.
Ecco il suo primo invio, dopo lunga pausa.
Sandro Russo

Il color rosso porpora, o più semplicemente “la porpora”, è un pigmento ricavato da alcuni molluschi Gasteropodi diffusi sulle coste del Mar Mediterraneo, molto usato nell’antichità.

La scoperta del metodo di estrazione di tale pigmento viene attribuito ai Fenici, popolazione che abitava i territori dell’attuale Libano. Questi, circa 1600 anni prima di Cristo, scoprirono, forse casualmente, una complessa procedura per estrarre da alcuni molluschi viventi in Mar Mediterraneo un pigmento colorante di grande bellezza e durata, adatto per tingere tessuti di lana e di lino. Si trattava in pratica di una tintura pressoché indelebile, e perciò pregiata, che poi esportavano in tutto il mondo allora conosciuto e il cui vendita contribuì non poco alla ricchezza e alla fama di commercianti e navigatori di questo popolo. I Fenici raggiunsero una tale perizia nell’arte della tintura, che il loro stesso nome prese origine dal colore da loro creato (phoinix = rosso). La produzione della porpora fece la fortuna delle città fenice di Tiro e di Didone – “A Tiro si trova la migliore porpora dell’Asia” – scriveva il ben noto storico e naturalista Plinio il Vecchio, ma presto la tecnica di produzione si estese ai paesi vicini (Cipro, Creta, Magna Grecia).

Successivamente i Romani, con la conquista dell’intera dell’area mediterranea, iniziarono a produrre in proprio il color porpora (lo spionaggio industriale esisteva anche allora), e ad utilizzare tale colore come un vero e proprio status simbolo di lusso, di ricchezza, di potere, tanto da farne uso esclusivo per i mantelli dei senatori, la tunica dell’imperatore e le vesti dei sacerdoti. I tessuti di porpora più pregiati ed esclusivi erano quelli il cui tessuto aveva subito due bagni consecutivi. Ancora oggi col termine “porporati” si intendono i Cardinali della Chiesa Cristiana, in quanto il rosso porpora è il colore che caratterizza il loro abbigliamento.

Belgische Bisschoppen (Da Wikipedia)

Il pigmento che dava origine al colore porpora veniva ricavato da alcuni molluschi della Famiglia Muricidae, ampiamente diffusi nei bassi fondali del Mar Mediterraneo. In particolare, si trattava di tre specie di dimensioni medio grandi (6-10 cm): il Bolinus brandaris (Fig. 1), l’Hexaplex trunculus (Fig. 2) e la Stramonita haemastoma (Fig. 3). Una quarta specie, l’Ocenebra erinacea (Fig. 4) più piccola delle altre (3 – 4 cm), veniva anche raccolta ma con minore frequenza.

Nel periodo di maggiore espansione dell’Impero Romano, e di maggiore richiesta della preziosa porpora, alcune navi di commercianti si spingevano fino alle coste dell’Africa Occidentale alla ricerca del Bolinus cornutus (Fig.5) mollusco morfologicamente molto simile al Bolinus brandaris ma di dimensione circa doppie.

Da ognuna di queste specie si ricavava un pigmento di colore diverso che andava dal turchino al violetto passando per varie tonalità di rosso. La sapiente mescolanza di tali pigmenti dava origine ad una varietà di colori pregiati, fra cui il più richiesto per la tintura dei tessuti era quello di colore rosso-violaceo.

Il metodo di produzione della porpora era molto complesso. La prima fase del processo consisteva nella raccolta di enormi quantità di molluschi.  Le specie citate sono carnivore o necrofaghe, per cui venivano catturate tramite trappole contenenti esche costituite da altri molluschi (generalmente Bivalvi, tipica preda dei Murici) e scarti di pesce.

Una volta raccolti i molluschi, questi venivano divisi per specie, per garantire la purezza del colore del liquido prodotto. Dal B. brandaris si otteneva una apprezzatissima tintura rossa, mentre dal H. trunculus si otteneva un pigmento tendente al blu. Il pigmento veniva ottenuto da una ghiandola di circa 5-6 mm collocata nel mantello dell’animale. Negli esemplari di grandi dimensioni la ghiandola veniva estratta a mano con uno speciale strumento metallico, mentre per quelli più piccoli le conchiglie venivano schiacciate insieme alle parti molli senza alcuna distinzione. Tutto il materiale ricavato veniva fatto bollire per dieci giorni in acqua di mare dentro vasi di piombo o di stagno, riducendo progressivamente la temperatura. Alla fine di tale processo si otteneva un liquido denso, vischioso, maleodorante, inizialmente incolore che, non appena lasciato all’aria ed esposto alla luce del sole, assumeva i meravigliosi colori della porpora.

Il processo di produzione della porpora aveva però un non trascurabile e poco gradito effetto collaterale: il fetore che si levava dagli stabilimenti di produzione era tale che se ne sentiva l’olezzo da grande distanza. Tali stabilimenti, nonché i cumuli di conchiglie con le parti molli in decomposizione, venivano perciò impiantati lontano dalle città e, ove possibile, sottovento rispetto alle zone residenziali.

E’ stato calcolato che per ottenere circa 1.5 grammi di porpora pura, quantità del tutto insufficiente per completare la colorazione di una tunica, occorrevano circa 12.000 conchiglie. Questo spiega facilmente perché le popolazioni dell’epoca considerassero la porpora un bene di lusso. Inoltre era un colore resistentissimo ai lavaggi, quindi preziosissimo e che solo in pochi potevano permettersi di esibire. La porpora non veniva utilizzata solo per creare capi d’abbigliamento pregiati, ma anche esclusivi tendaggi per le proprie abitazioni, pigmento per pittori e, in alcuni casi, fu anche impiegata come denaro contante.

Come per tutti i beni rari e preziosi, anche in questo caso non mancarono tentativi di imitazione e di frode. Si ricorda che l’imperatore d’Oriente Teodosio II (401-450 d.C.), emise leggi che proibivano a chiunque, che non appartenesse alla famiglia dell’imperatore, di detenere o commerciare la porpora in qualunque forma. Istituì inoltre funzionari addetti al controllo degli stabilimenti di produzione affinché vigilassero contro ogni possibile furto o frode.

Ma la produzione della porpora non fu un fenomeno circoscritto all’area mediterranea. Quando i conquistatori spagnoli sbarcarono in Sudamerica (pochi anni dopo la scoperta dell’America) videro con sorpresa che molte delle stoffe utilizzate erano dello stesso colore rosso-violaceo di quelle prodotte in Mediterraneo.

In pratica, le popolazioni indigene del Messico, avevano sviluppato la stessa tecnica, nata in Mediterraneo, di tingere le stoffe utilizzando la ghiandola di alcuni molluschi marini. Ovviamente i molluschi utilizzati non potevano essere gli stessi del nostro mare.. Gli indigeni messicani infatti pescavano la Purpura patula raccolta nel Golfo del Messico (Oceano Atlantico) e la Purpura pansa proveniente dal Golfo di California (Oceano Pacifico). Da notare che lo stesso nome generico Purpura, coniato da Bruguière nel 1789, ricorda nell’etimo la parola porpora. Entrambe queste specie appartengono alla Famiglia Muricidae e sono molto prossime, sia dal punto di vista sistematico che morfologico, alla nostra Stramonita haemastoma.

Molto diverso e, potremmo dire, ben più ecologico, era invece il processo per estrarre il prezioso liquido. Mentre i popoli mediterranei facevano strage di molluschi, le popolazioni indigene messicane si limitavano a “mungerli”. Soffiavano infatti sul mollusco stimolando una reazione forse di protezione dalla disidratazione, che provocava la secrezione della porpora. Questa veniva fatta gocciolare direttamente sul tessuto, dopo di che l’animale, solo un po’ spaventato, ma vivo, veniva rigettato in mare. Ulteriore accortezza consisteva nel non “mungere” i molluschi durante il periodo riproduttivo.

Se volessimo aggiungere una morale a tutto ciò, potremmo dire: “C’è sempre un modo migliore per fare le cose; serve solo un po’ di sensibilità e di buon senso”.

Immagini e altre informazioni sulle conchiglie di cui si parla nel testo

Bolinus brandaris (Linneo, 1758). Pescatori di Fiumicino (Roma)

Hexaplex trunculus (Linneo, 1758). Makarska (Croazia), su rocce – 5 m

Stramonita haemastoma (Linneo, 1767). San Felice Circeo, su rocce – 2 m

Ocenebra erinacea (Linneo, 1758). Pescatori di Malaga (Spagna)

Bolinus cornutus (Linneo, 1758). Cap Duby (Marocco Atlantico) – 60 m

 

2 Comments

2 Comments

  1. La Redazione

    7 Agosto 2022 at 05:44

    Dalla gentile precisazione di Italo Nofroni abbiamo imparato che nelle rappresentazioni fotografiche, “le conchiglie per tradizione, sarebbe meglio porle verticalmente (con la punta in alto e l’apertura in basso)”.
    Non lo sapevamo, ma da ora in poi procederemo in tal senso (intanto abbiamo cambiato le immagini nell’articolo)

  2. Italo Nofroni

    7 Agosto 2022 at 10:37

    Grazie per aver ruotato le foto e anche spiegato perché.
    Faccio una ulteriore precisazione: storicamente parlando, tutti gli studiosi di Malacologia, anche pre-linneani, hanno posto le conchiglie con l’apice (sarebbe meglio dire “la protoconca”) in alto e l’apertura in basso. Unica eccezione la Scuola francese che faceva il contrario, ovvero apertura in alto e protoconca in basso. E non era una scelta infondata, perché tutti gli animali venivano e vengono disegnati con la testa in alto (dinosauri, uccelli, insetti, mammiferi, l’uomo ecc.). Quindi, coerentemente, anche le conchiglie avrebbero dovuto essere poste con la testa in alto e la testa, nelle conchiglie, sporge dall’apertura.
    Ma il resto del mondo non seguì tale scelta, ci fu un contenzioso e i francesi dovettero adattarsi alla scelta della maggioranza. Siamo arrivati al paradosso che se un malacologo, anche espertissimo, vede una conchiglia posta capovolta, a prima vista fa fatica ad identificarla e comunque, per una valutazione analitica, è costretto a girarla.
    Salve, alle prossime,
    Italo

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top