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Cala Fonte

di Francesco De Luca

A pagina 38 del libro Isole da scoprire di Salvatore Perrotta è presentata Cala Fonte.

Non mi soffermo sul nome dato alla cala. E’ detta Fonte perché conchiusa dagli scogli in modo da apparire una ‘fonte’, che in diletto individua una polla in cui si raccoglie acqua.
A fonte è detta quella zona del palmento, la più in basso, a forma di coppa, dove vi confluisce l’ultima goccia del mosto.

No, no, non è su questo che mi voglio soffermare, bensì sull’ipotesi svelatami da un amico. Capitano di navi, studioso di cose ponzesi, puntiglioso e bizzarro: Salvatore.
Ebbene Salvatore ha elaborato la tesi che Cala Fonte sia stato un porto fenicio.

Come? Fenicio? E su cosa è puntellata questa tesi? Beh, non c’è da fare i pignoli perché se no Salvatore lascia e se ne va. Anche in malo modo. Bisogna dargli il destro di esprimersi.
Ebbene Salvatore parte dall’idea che Ponza sia stata conosciuta dai Greci (e lo fu senz’altro. Primo perché crearono il primo tratto dell’acquedotto da Cala dell’Acqua a Cala Inferno, il primo tratto non è romano bensì greco. E poi, nelle acque ponzesi fu ritrovata un’anfora greca con pece greca all’interno. È un cimelio posseduto da Ernesto Prudente, che lo mostrava con tanto vanto).

Or dunque se i Greci frequentarono nei loro itinerari commerciali Ponza, allora è verosimile che seguissero i percorsi già noti dei Fenici.
I quali, e in questo Salvatore si illumina, a differenza dell’altra gente di mare, preferiva tirare a secco le navi nel porto ove sostavano. Cala Fonte a questo scopo era adatta. Dove finisce l’acqua ha uno spiazzo di roccia bianca dove si possono tirare a secco i natanti. Succede ancora oggi!

Le loro navi erano grandi come le nostre zaccalene. Con un disegno e una conformazione diversi. Erano piccole, veloci e adatte per piccoli commerci.
Testimonianze documentate? Nessuna. Presenze di resti e manufatti? Nessuno.

Salvatore non ha dubbi: i Fenici lì hanno trovato ricetto, nelle loro scorribandare per il Mediterraneo. E da Ponza il salto in Sardegna non era impossibile.
Di solito con Salvatore si parla di eventi storici a cena, la sera. Anzi no, nel dopo cena.

E allora è l’alcool che insuffla simili teorie..? Assolutamente no. Salvatore è persona seria e il suo argomentare è fondato.
Pure suggestivo… tanto che a me la sua tesi piace.

Analizzatela anche voi e… fate sentire il vostro parere.

3 Comments

3 Comments

  1. Sandro Vitiello

    5 Agosto 2022 at 10:00

    Non avevo mai sentito parlare di cala Fonte come porto fenicio ma se ci sono riscontri storici ne prendo atto. Ci sono da fare alcune considerazioni che sono poi i ricordi di mio padre e di quello che lui ci ha raccontato.
    Scendere a cala Fonte è stato sempre complicato perchè quei gradini abbastanza agevoli, anche se faticosi, centocinquanta anni fa non esistevano o ne esisteva un abbozzo.
    Cala Fonte era molto più piccola perchè la parte esterna oltre ad aver subito la caduta della parte più alta -dovuta soprattutto ai vari malazzeni che l’avevano indebolita- sta scivolando lentamente verso l’esterno. Fino ad un centinaio di anni fa il tunnel che porta verso ovest -catrulillo- era così alto che le barchette ci passavano con le persone in piedi.
    Inoltre la parte esterna era parecchio scoperta nella parte centrale ed è stata rinforzata negli anni sessanta con quegli enormi sassi che vi sono stati posizionati.
    La draga andava a recuperarli -con l’aiuto dei palombari- dalle parti delle Scarrupata.
    Sostanzialmente cala Fonte era si, nel secolo scorso, il più importante approdo per le barche di cala Caparra ma queste venivano quasi sempre tirate a secco. Soprattutto nella parte verso il Catrulillo, dove c’era una grande spiaggia. Andata perduta nel 1928 con una frana. Rimasero sotto ben dieci barche. La notte che avvenne mio padre diciassettenne era a Palmarola a “Vulliare” con Aniello Aprea. Si fermarono qualche ora nella spiaggia del porto di Palmarola e lui ragazzo prese sonno.
    Un sogno premonitore gli anticipò quanto stava succedendo.
    Lo raccontò subito ad Aniello, risaliti sulla barca, e questo dando una manata sul bordo della barca rispose: “Non mi dispiace tanto per la barchetta che ho lasciato in quella spiaggia perchè ormai era vecchia ma per quel paio di remi, nuovi nuovi, appena comperati”.
    Per la cronaca quei remi furono l’unica cosa che si salvò sotto alla frana.

  2. Franco De Luca

    5 Agosto 2022 at 18:39

    Sei una miniera di informazioni. Apparentemente futili perché domani con l’oblio su certi nomi popolari agli scogli, diventeranno utili.
    Ti ringrazio, caro Sandro, per la chiacchierata e ti invito a nuove riflessioni su altri scogli. A presto.

  3. isidorofeola

    5 Agosto 2022 at 20:04

    Cala Fonte si chiama cosi per le cose dette da Franco e Sandro, quindi perché ha quell’anello di acqua circondato dagli scogli.
    Quando eravamo bambini e stavamo giù a Forna grande a casa della nonna si andava a fare il bagno “….abbascio ‘u funton’….” : ormai il termine è diventato desueto da vari decenni perché sto parlando delle c.d. “piscine naturali” (adesso tutte le chiamano così) .
    Quindi abbascio ‘a font’ (per cala Fonte) oppure abbascio ‘u funtone (l’altro). Quest’ultimo perché l’anello che circonda l’acqua è più grande del primo. I nostri nonni seguivano dei criteri molto semplici per identificare una località, prima che la toponomastica isolana fosse stravolta per motivi turistici.

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