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Il sogno americano: Antonio Cortese

di Francesco De Luca

Non fatevi abbacinare dal titolo: non ho conoscenze appropriate per analizzare il fenomeno socio-politico che ha affascinato analisti di fine dottrina.
Il ‘sogno americano’ è diventato un concetto comune anche per lettori deboli come sono io.
L’America come luogo dalle numerose possibilità dove è realizzabile il sogno di tutti: vivere in un paese laborioso, pacifico, aperto all’iniziativa, dove anche un ‘povero’ può aspirare a godere una vita piena di soddisfazioni.
Fu per questo che negli anni ’50 molti Ponzesi lasciarono l’isola ed emigrarono. Figli di pescatori, senza studi né proprietà, destinati al bracciantato, sottopagato e frustrante. Meglio affrontare l’ignoto dell’America, ricca, vincente, accogliente.

Antonio e Silverio Cortese, fratelli, partirono. Facevamo la 1a classe della Scuola Avviamento Nautico a Ponza. L’anno dopo lasciarono l’isola. New York, Little Italy, il rione ponzese di Brooklyn. Silverio scelse il mestiere di barbiere, Antonio prima commesso e poi dirigente in un SuperMarket.
Si sposano, hanno figli, ora anche nipoti. Antonio ha sempre tenuto vivo il legame con Ponza, a differenza di Silverio.

Negli anni Antonio viene: sorridente, ottimista, credente. Ha la mia stessa età (76 aa), e oggi mi dice che rimarrà fino a novembre. Ponza gli piace perché, a suo dire, sta diventando una cittadina. Non è nostalgico di Ponza, borgo di pescatori. Il padre, lo ricordo, aveva un gozzo e dipendeva dalla generosità del mare.
Antonio è stato colpito dall’organizzazione sociale della realtà statunitense. Ne apprezza tutti gli aspetti. Non gli manca il pressappochismo, l’immediatezza, la superficialità della vita isolana. Anzi.
Sono 60 anni che vive in America ed è americano a tutto tondo.

Con lui vorrei parlare di Trump, di Biden, di Obama ma mi trattengo. È chiara la sua tendenza e è chiaro anche a me che non posso cercare con ostinazione un americano-ponzese con pensieri dissenzienti.
Gli americani sono così: paghi della loro potenza, della loro ricchezza, della loro supremazia. Il loro ‘sogno americano’ lo vedono realizzato al di fuori e all’interno del loro animo.
Sono io che non riesco a farmene una ragione. Dovrei chiudere gli occhi… e sognare di più.

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